L’onnipotenza del regista – o della vita

piccolo-teatro-milano-80x80Dopo aver portato in scena, lo scorso anno, l’elegante spettacolo Non si sa come, Federico Tiezzi torna al Piccolo e si misura con un testo complesso e potente, giocato su piani e linguaggi differenti: dal 4 febbraio al 24 marzo è infatti in scena con Questa sera si recita a soggetto di Pirandello. A interpretare il regista – figura principale di questo esperimento di teatro nel teatro – è Luigi Lo Cascio.

Lo sfondo nero incorniciato di bianco, un regista-stregone vestito di quegli stessi colori uguale e opposti – si apre la parete dietro di lui su un palco ugualmente nero, sembra una scatola e dentro la scatola c’è una lavagna enorme con simboli e spiegazioni matematiche, come si cercasse la formula dell’opera perfetta: nell’interpretazione di Tiezzi il protagonista di Questa sera si recita a soggetto è quasi un alchimista, convinto di poter trovare con le sue abilità di uomo – ma quasi di mago, quasi di dio, forse di un Faust – l’elisir di vita eterna, dove vita è l’insieme di sostanza e movimento – eppure l’uno esclude l’altro, non possono coesistere né uno può prendere il sopravvento, ma solo alternarsi: il teatro è la forma massima di vita – e di arte – perché li contiene entrambi, è insieme sostanza e movimento – e solo il demiurgo regista può operare questo miracolo. In quest’esaltazione totale della regia, il testo passa totalmente in secondo piano: l’opera è quella che prende vita, nonostante il testo – il testo da ferire, da sfidare. E passano in secondo piano gli attori: «bisognerebbe provare prima con i personaggi, per capire come sarebbero se vivessero – dice Lo Cascio – e solo dopo entrerebbe in gioco l’attore, conformandosi come un’ombra all’idea platonica del personaggio stesso».

I primi a entrare in scena son “personaggi” con teste di coccodrillo, come totem di una religione antica, portatori di sacralità ed essenza, e infatti dal loro essere e dalla volontà del regista si crea la scena di una processione. La realtà, è scritto sullo sfondo, è ciò che accade, e questo dovrebbe essere il teatro.
Intanto la realtà si mescola alla finzione, Lo Cascio chiama Colella per nome, chiede ai macchinisti di portare «via tutto, scena vuota», si creano momenti d’impasse, matrioske di teatro nel teatro, nel teatro…
La scena si crea e si scioglie, in una lotta sempre più ai ferri corti tra attori e regista (o fra teatro naturalistico e brechtiano), finché i primi non si ribellano alle ingerenze dell’altro, che resta sconfitto mentre lo spettacolo finalmente si avvia, una storia comincia a essere raccontata, i personaggi prendono vita. È la storia di Momina – ripresa da una precedente novella di Pirandello, Leonora addio! – che rinuncia alla sua passione per la musica, al sogno di cantare il Trovatore di Verdi nei teatri, per sposare un uomo la cui gelosia la terrà rinchiusa nella stanza a invecchiare e dimenticare per tutta la vita.
Più forte della trama è però la scena. Le luci, i colori, cieli stellati da cui sembrano fuoriuscire una donna e il suo vestito splendente, non-luoghi sospesi nel nulla e nel nero, la magia di un cabaret degli anni Trenta, la musica, in un intrecciarsi intenso di generi, estetiche e linguaggi…
E così a spettacolo terminato il regista può uscire vincitore: credevano gli attori, credevamo noi spettatori, che l’opera si fosse fatta da sé, grazie solo all’agire degli interpreti? E invece no, lui, scomparso dietro le quinte, è stato in realtà vero artefice della magia del teatro: senza le luci, senza le scene, senza gli effetti, cosa sarebbe rimasto, infatti? E dietro di lui, mentre in alto troneggia la settima proposizione del Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein («su ciò di cui non si può dire, bisogna tacere»), crolla il fondo della scena, lasciando i nostri occhi posarsi sul muro nudo, provando quasi un brivido a vederlo spogliato o violato nella sua intimità, nel suo essere vero, e insieme nulla.
Ma ancora risuona la voce degli attori, che rivendicano la sicurezza di battute scritte, da conoscere a memoria, perché non si può rischiare ogni sera che un attore ci lasci la pelle davvero.

Lo spettacolo dà voce allo scontro tra vita e teatro, e la vita sembra qui esplodere sul teatro e nel teatro. L’equazione perfetta auspicata dall’alchimista non è possibile perché la vita, contingente e individuale dell’attore – non quella universale e simbolica del personaggio – irrompe sulla scena, modifica il testo anche solo con un cambio di tono, nel corso delle prove altera l’idea pura e precisa che si era formato il regista dell’opera.
Scritto nel 1929, il testo di Pirandello poggia i piedi su una crisi economica mondiale, di cui non tratta, ma su cui cammina – e questo terreno sbriciolato è quanto mai attuale oggi, che i nostri passi si susseguono sui vetri spezzati del 2008. Questa sera si recita a soggetto è l’ultimo della trilogia del teatro nel teatro, e questa volta è la vita ad averla vinta. Tiezzi mette in scena il conflitto tra arte e vita, o tra diverse concezioni dell’arte e della vita, senza mai semplificare, confrontandosi con ogni piano, dando voce a ogni linguaggio, creando scene, effetti, immagini, di autentica bellezza, ma sempre velati d’ironia.

Lo spettacolo va in scena
Piccolo Teatro Grassi
via Rovello 2, 20121 Milano
dal 4 febbraio al 24 marzo 2016, martedì giovedì e sabato h. 19.30, mercoledì e venerdì h. 20.30 e domenica h. 16.00
Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa presenta
Questa sera si recita a soggetto
di Luigi Pirandello
adattamento drammaturgico Sandro Lombardi e Federico Tiezzi
regia Federico Tiezzi
con Luigi Lo Cascio, Valentina Cardinali, Elisa Fedrizzi, Francesco Colella, Francesca Ciocchetti, Sandra Toffolatti, Massimo Verdastro, Petra Valentini, Nicola Ciaffoni, Gil Giuliani, David Meden, Marouane Zotti, Elena Ghiaurov, Ruggero Franceschini, Alessio Genchi
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Gianni Pollini
trucco e acconciature Aldo Signoretti
immagini video Fabio Bettonica