Noi e Vecchiatto

Cosa pensa un attore nel concludere in un teatrino di campagna una carriera ben altrimenti ricca di esperienze? Cosa pensa un attore che ha girato i più grandi teatri del continente americano al suo rientro in Italia? Le risposte nel testo di Gianni Celati, Recita dell’attore Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto, rappresentato al Teatro Era da Claudio Morganti ed Elena Bucci.

Entrando nella saletta di Pontedera troviamo gli attori a darci il benvenuto e persino dei tavolini apparecchiati con vino, acqua, noccioline e mandarini. Con l’inizio della recita siamo ammessi nel mondo di Vecchiatto e di sua moglie Carlotta, già pronti sul palco per il loro spettacolo. Il grande Attilio Vecchiatto è stato un attore che, dall’età di diciannove anni, ha girato tutti i grandi teatri del mondo assieme a Carlotta, recitando le più grandi opere classiche, drammi shakespeariani, e scrivendo di sua mano vari sonetti. Interprete dal grande estro – ma per i teatri stranieri, a quanto sembra. Difatti, davanti a loro non c’è nessuno: la platea è vuota.

Dopo qualche istante sembra finalmente apparire una spettatrice, “la signora con la sporta”. Ma Attilio non ha alcuna intenzione di recitare i suoi sonetti, si sentiva già abbastanza umiliato per essere stato mandato in un teatrino “in mezzo alle campagne” e, ora, con la platea vuota è davvero troppo. Ma, in fondo, Vecchiatto non sente più il desiderio di recitare. È profondamente deluso e amareggiato, decisamente inacidito dalla situazione di un’Italia che non sente più sua; invasa dall’ignoranza e dall’ipocrisia, ben rispecchiate dagli articoli di giornali che sembrano anticipare problematiche a noi oggi tristemente note. Si sente così amareggiato da aver bisogno di condividere i suoi pensieri con la povera signora e qualche passante, ma senza grande successo.

La moglie Carlotta, al contrario, sembra una bambina senza troppe pretese. Ingenua, almeno in apparenza, prende il presente per ciò che è, e alimenta la propria anima con le glorie passate del marito.

Lo spettacolo è una piccola perla teatrale. Innanzi tutto, per il testo, delizioso e scorrevole, e per la sincronia ritmica dei due attori, mai esagerati o sottotono. Tutto è ben calibrato e motivato. Bellissimo anche il contrasto visivo tra Vecchiatto/Morganti in abiti quotidiani e Carlotta/Bucci in un vestito decisamente elegante. In secondo luogo, per la sua immediatezza comunicativa che lo rende adattisso alla rappresentazione in spazi contenuti, intimi, adatto a un pubblico ristretto e seduto quasi a tu per tu con gli attori, che parlano in veste di personaggi, ma dando quasi l’impressione che discorrano delle proprie paure sulla sorte del mestiere attorale.

Recita dell’attore Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto conduce inevitabilmente anche a una serie di riflessioni metateatrali. Del resto, Claudio Morganti non è affatto nuovo a riflessioni sul proprio mestiere (ricordiamo che ha già scritto un libro intitolato Serissimo metodo Morg’hantief, per attori, teatranti e spettatori (Edizione dell’Asino, 2011), dove l’attore-regista mette per iscritto le proprie teorie e pratiche di recitazione. Ma il testo di Celati sembra quasi lanciare una provocazione – certo non nuova ma assai contemporanea – ovvero, se esiste corrispondenza tra la grandezza dell’attore sul palcoscenico e lo spettatore in sala. L’artista migliore sembra dover rimanere sconosciuto in questo Paese. Mentre il mediocre sarà incredibilmente esaltato. Questione datata ma che, in questo spettacolo, torna prepotentemente, come il poco rispetto nella nostra cultura per gli interpreti un po’ attempati ma che hanno garantito la continuità della vita teatrale.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Era, Centro sperimentale per la ricerca teatrale
via Indipendenza – Pontedera (Pisa)
venerdì 29 gennaio, ore 21.00

Recita dell’attore Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto
su testo di Gianni Celati
regia Claudio Morganti
con Elena Bucci e Claudio Morganti
prodotto da Esecutivi per lo spettacolo