Al Teatro de los Sentidos, la storica compagnia di teatro sensoriale fondata e diretta da Vargas presenta al pubblico Renéixer, un allestimento para-teatrale sulla proposta di rinascita.

È sempre complesso usare le parole per restituire la portata di un evento pensato unico, irripetibile e da far esperire privatamente da ogni singolo astante. Il racconto, è noto, corre in sé il rischio di cristallizzare le dinamiche vitalistiche che, in ogni esperienza, sedimentano in profondità dando luogo a processi e di crisi e di crescita.

Nel caso di Renéixer, la complessità e il rischio della parola sono anche maggiori, perché l’intenzione dell’Autore volge a toccare/superare quell’essere-per-la-morte (Renéixer è Rinascita) che rappresenta l’unico momento in cui gli esseri umani sono accomunati, ma che allo stesso tempo, nel suo manifestarsi, è impossibile da compartecipare.

Per evitare di privare l’allestimento della sua dimensione più propria (la ricerca dell’intimità in coloro i quali lo vivranno) nella nostra riflessione su Renéixer eviteremo di addentrarci negli sviluppi che lo contraddistinguono, tra l’altro piuttosto lineari.

Renéixer è un viaggio tra i ricordi individuali e collettivi, dunque ambiziosamente archetipici, per trenta spettatori alla volta nella suggestiva casa catalana del Teatro de los Sentidos, una costruzione non distante dal cuore metropolitano di Barcellona, ma isolata quanto basta per non subire gli effetti collaterali della sua perenne movida.

In tale luogo di confine, in cui il limes tra esperienza e performance vuole farsi labile, Vargas propone al pubblico la possibilità di ritrovare sé stesso attraverso l’esplorazione dei quadri fisici ed emotivi del proprio teatro: le impressioni delle mani sulla terra e dei piedi nudi sul pavimento, gli odori dell’uva che si fa vino, i suoni di una musica lontana e di voci che si rincorrono indistinte.

Dalla benda sugli occhi che offusca la vista e porta all’acuirsi degli altri sensi al silenzio spezzato dai respiri di compagni sconosciuti, dalla mancanza di protezione dovuta all’esposizione e al cieco affidarsi al performer che ci ha scelto per farci da guida al sentirsi perfettamente al sicuro nelle sue mani: in questo perdersi e nel ricostruire l’appena vissuto, la rinascita a nuova vita è il compito assegnato a ogni partecipante. Recitano le note dell’autore, «el espectador-viajero será conducido a través del pasado de la uva, de las hojas de la vid hasta las raíces, en un descenso a las profundidades de la tierra» fino al diritto di reinventarsi.

Presupposto indispensabile e prioritario, come si intuisce, è la disponibilità del pubblico – il cui affidarsi sarebbe ampiamente ripagato dall’esito di uno schema che conduce quasi inevitabilmente alla catarsi finale – a lasciarsi perturbare ed emozionare.

Tutto come da canone, dunque, in Renéixer, i cui debiti dai precedenti La Memoria del Vino e Fermentación sono evidenti e dichiarati, trattandosi di un ulteriore step di una ricerca «en torno a la posibilidad de un volver a nacer, una segunda oportunidad» per cui sarebbe puerile enfatizzare in negativo le similitudini.

Ma qualcosa in questo percorso da fare scalzi, in penombra e con totale apertura all’ascolto, fino alla danza liberatoria e al convivio finale, sembra essere disfunzionale rispetto al curioso ribaltamento dell’originario impulso di Thanatos promesso dalla rinascita/renéixer.

Non mancano, certamente, i momenti carichi di pathos, come la climax della macina dei chicchi d’uva da spremere e raccogliere in una fiala (che, sotterrato, viene poi recuperato teatralmente trasformato in vino) e l’ascolto del battito della terra accompagnato dal respiro di chi ci sta accanto, ma troppi elementi concorrono a una sensazione di finzione che inficia la complessiva autenticità dell’esperienza.

Non si tratta solo di una frammentazione narrativa spesso contaminata da momenti insignificanti, come nel caso delle piccole scatole consegnate poco dopo l’inizio a ogni viaggiatore – dentro le quali Vargas suppone che ognuno possa trovare qualcosa del proprio passato (ma forse i passati sono più di quelli che l’autore sudamericano può immaginare e sono anche difficili da restituire attraverso un’oggettistica vintage standardizzata).

Di Renéixer convince l’intenzione ma non l’esecuzione, l’incapacità di porre in maniera radicale di fronte al bivio se lasciarsi appassionare o lacerare a seconda del personale stato d’animo. Il viaggio emozionale attraverso il ricordo viene offerto in un’unica chiave allegorica, quella, appunto, di chi volge alla catarsi attraverso stazioni predefinite, le quali, a loro volta, avrebbero avuto bisogno di interpreti più esperti nel saper gestire (anzi, ricercare) l’imprevisto che performance di questa tipologia possono (devono) prevedere.

Lo spaccato di Renéixer non è visionario, paga l’assenza di suggestioni tipicamente concrete, si rifugia in una messa in scena romanzata e sterile. Tra l’altro incredibilmente incoerente quando, conducendo verbalmente ogni snodo chiave della narrazione, contravviene il proprio incipit fondamentale («¿Cuál es el enemigo del silencio? Las palabras»).

Tra odori di incensi, costumi e scenografie da Mille e una notte, Renéixer è una testimonianza stereotipata e rigida, quindi inadeguata nell’incarnare la natura del teatro quale arte dal vivo irriducibile a ogni altra forma artistica.

Teatro de los sentidos
Cami del Polvori, 4, 08038 Montjuic, Barcelona
octubre 3 – diciembre 15 2019
de Jueves a Domingo

Renéixer
dramaturgia Enrique Vargas & Teatro de los Sentidos
dirección artística Enrique Vargas
coordinación artística Gabriella Salvaterra, Nelson Jara, Pancho García, Patrizia Menichelli
producción y Dirección técnica Gabriel Hernández
diseño imaginarios Gabriella Salvaterra
vestuario Patrizia menichelli
paisaje olfativo Giovanna Pezzullo
paisaje sonoro Stefan laidet
música Pancho García, Stefan Laidet, Joan Gerard Torredeflot, Gabriel Hernández.
comunicación TDLS
habitantes
Pancho García, Gabriel Hernandez, Stefan Laidet, Nelson Jara, Giovanna Pezzullo, Patrizia Menichelli, Gabriella Salvaterra, Jorge Pratts, Barbara Saenz, Daniela Cossu, Andrea Mora, Daisy Gelvez Martínez, Cristian David Gomez, Paula Pascual, Amparo Carnero, Sara Fernandez, Carolina Nuñez Kock, Joan Gerard Torreflot, Chiara Baffi, Alicia Garcia, Marcela Adema, Lupe Cano, Roser Carbonell i Parrot

aforo 30 personas por función