Sguardi ingombranti dall’Africa

Sul palcoscenico del Teatro Argentina, uno spettacolo sulle storie dei migranti che, tra un respiro e l’altro, fa riflettere il pubblico sul suo destino.

ArteStudio è un’associazione culturale che lavora nel sociale, a stretto contatto diretto con realtà, persone e luoghi ai margini della società, promuovendo da oltre trent’anni laboratori teatrali, stage, spettacoli. ArteStudio si muove in quartieri come Tor Bella Monaca e Corviale, all’interno di carceri, con disabili mentali e ancora in Italia e all’estero attraverso progetti e percorsi di recupero con rifugiati politici e richiedenti asilo. ArteStudio è un’associazione con un curriculum talmente ricco da essere difficile qui da riassumere.

Respiro raccoglie circa venti ragazzi africani insieme ad attori italiani e svizzeri. Un mix dirompente di diversità. I richiedenti asilo, in scena al Teatro Argentina dal 28 al 30 giugno, sono alloggiati al C.A.R.A., centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, a trenta chilometri da Roma. È qui che hanno avuto modo, per quasi otto mesi, di mettersi in gioco frequentando il laboratorio teatrale tenuto da Riccardo Vannuccini. In un’intervista reperibile sul sito di Ansa.it, il regista definisce il progetto «uno spettacolo di teatro-danza e non uno spettacolo sociale o di teatro civile». È importante sottolineare questa differenza perché, osservando gli attori sul palco, si nota una particolare rilevanza data al movimento e al coordinamento del gruppo di venti ragazzi africani con storie e provenienze diverse.

Sfilano in giacca e cravatta, sembrano uomini in carriera, sono belli da guardare. Con i loro sguardi immobili, ci osservano fin dal fondo del palco. La loro è una presenza ingombrante, anche quando sono ai margini del palco.
Non c’è retorica, non ci sono racconti strazianti, non ci sono richieste di elemosina. Acqua scrosciante, acqua in caraffe e vestiti e tavoli ammucchiati. E soprattutto, i loro occhi che ci osservano. A tempi scanditi si avvicinano verso il proscenio e, ancora, ci osservano. La loro presenza in scena è ingombrante proprio come ingombrante è la loro presenza nei media, sui giornali, nei luoghi comuni delle chiacchere da bar.

Con uno sguardo potente i nostri attori ingombranti distruggono l’equilibrio tra platea e palcoscenico e gli schemi della società: è l’Africa che osserva l’Italia, proprio come noi occidentali osserviamo, giudichiamo, ci schifiamo, noi, opportunisti e increduli quando li vediamo sbarcare a terra dalla nostra smart tv.

L’incomunicabilità tra Occidente e Africa, tra bianchi e neri, la distinzione fra due mondi. Una storia lunga millenni, ma cosa si intende per Africa e per africani? Quanto sono diverse le facce degli attori in scena? Come sono diverse le loro storie e la loro cultura? Nell’età moderna della globalizzazione, del marketing, della fruizione immediata di informazioni tramite il web alla portata di mano e di pollice, siamo ancora così superficiali da considerare gli abitanti di un continente di cinquantaquattro paesi e una superficie di oltre 30 mila km2 tutti uguali, tutti neri, tutti immigrati, tutti clandestini, tutti criminali, tutti poveri, tutti sbarcati. La superficialità ci pervade.

Lo spettacolo –  che ha vinto il bando MigrArti del MIBACT per la sezione spettacolo e fa parte di una Trilogia del Deserto, iniziata lo scorso anno con Sabbia – è solo la punta dell’iceberg, il risultato finale di un percorso più ampio e coraggioso. Tuttavia ci si chiede perché nel complesso dello spettacolo venga data una rilevanza maggiore agli attori professionisti, che interrompono le scene corali recitando e leggendo storie e poesie, con un’ansia da prestazione e una ricerca di attenzione tale da spezzare il ritmo e l’innata naturalezza dei richiedenti asilo. Loro hanno davvero qualcosa da raccontarci e ci concedono ancora di respirare e di riflettere, prima del ritorno alla quotidianità.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Argentina

Largo di Torre Argentina, 52, 00186 Roma
dal 28 al 30 giugno
da martedì a giovedì alle ore 21,00

Respiro
di Riccardo Vannuccini con testi da Shakespeare, Bachmann, Eliot, Eschilo, Omero
regia di Riccardo Vannuccini
con i richiedenti asilo del C.A.R.A. Godfrey Nwabulor, Lamin Njai, Yaya Giallo, Joseph Eyube, Shadrach Osahon Okosun, Mubarak Rabin Bawa, Yusnu Bawa, Bakary Camara, Baba Drami, Ibrahim Sow, Camara Yeli, Mamadou Saleou, Kassim Isah, Emmanuel Lucky, Saibou Rakibou, Ibrahim Mohammed, Oudè Diabate, Odine Gideon, Barham Nbowe
e con Alba Bartoli, Maria Sandrelli, Eva Allenbach, Lars Rohm, Eva Grieco, Rebecca Mouawad, Riccardo Vannuccini
scene, costumi, luci Yoko Hakiko
colonna sonora Rocco Cucovaz
direzione organizzativa Alba Bartoli
direzione tecnica Daniele Cappelli
assistente alla regia Miriam Semplice Marano
regista assistente Maria Sandrelli
lingue parlate francese, tedesco, italiano, dialetti vari africani