Via Crucis d’artista

Il Napoli Teatro Festival Italia inaugura la propria sezione internazionale con Resurrexit Cassandra, un testo di Ruggero Cappuccio, tradotto in scena da Jan Fabre e interpretato da Stella Höttler.

Cassandra, donna dai natali illustri e sacerdotessa di Apollo, occupa un ruolo singolare nell’immaginario comune. Se la figlia di Ecuba e Priamo è per antonomasia profetessa di sventura, più significativamente Cassandra incarna l’archetipo di chi vive in maniera fortemente problematica la propria dimensione temporale, dunque in maniera catastrofista il rapporto tra vita e morte.

Segnata dalle scelte del passato (il rifiuto delle avance di Apollo determinò la reazione del dio e la sua conseguente anomala condizione divinatoria), il presente è per lei senso di colpevolezza, il futuro una pessimistica attesa. Nonostante sia pienamente consapevole della catastrofe che incombe, Cassandra non ha potere sulle vicende umane perché, pur provandoci tenacemente, non riesce a incidere su coloro i quali sono i veri responsabili degli accadimenti che, non a caso, sono per lo più uomini (il padre, i fratelli, Agamennone).

Ma la complessa personalità di Cassandra sussume solo più superficialmente uno squilibrio di genere, perché più radicalmente è interprete dell’inutilità dell’essere umano di fronte alle tendenze divergenti del destino, vale a dire della condizione di chi si rivela impotente di fronte a eventi nei confronti dei quali non si può più fare nulla per evitare che si realizzino pur conoscendo perfettamente cosa, come e perché bisognerebbe agire altrimenti.

Da archetipo della crisi e angelo dell’Apocalisse a emblema umanistico dello snodo epocale rappresentato dalla questione ecologica dei nostri tempi bui, il passo è breve ed è senza particolari forzature che Cassandra compie questa traslazione nel testo di Ruggero Cappuccio diretto da Jan Fabre.

La parte introduttiva, che Stella Höttler recita in un precario e discutibile playback con voce maschile, racconta come il corpo di Cassandra si riassembli attraverso i cinque elementi unendo metaforicamente il globo da Oriente a Occidente, da Nord a Sud. La Cassandra che risorge non è però quella del corpo glorioso di Cristo, colui che, con l’avvento di una nuova carne capace solo di gioire e non più di patire, compie la promessa di una vita dopo la morte. La sua resurrezione avviene esattamente al contrario, non impassibile o spirituale, ma tremenda e corrotta, votata allo scacco e al fallimento.

Si palesa così l’elemento paradossale di Resurrexit Cassandra, la cui cifra drammaturgica gioca e si muove tra la rivelazione dell’ineluttabile e l’anelito alla speranza, tra l’assenza di consolazione e l’annuncio della morte per estinzione. Questa dialettica diviene così riflesso di una vita che non vuole finire, epifenomeno di macerie il cui peso lacera la finitezza umana e tende a stremare la resistenza di una Cassandra comunque indomita di fronte alla tentazione all’annientamento mostrata dal genere umano.

Risorta dalla tomba dei secoli, la sua carne si trasforma «in nebbia, vento, fuoco e fumo, vapore, pioggia», le sue vesti si cingono di cinque colori, la sua voce narra i cinque racconti di chi risorge, si concede, lotta, maledice e urla vendetta. Sul palco, Fabre pone cinque tartarughe finte (poi replicate dal vero nelle proiezioni), dunque un animale antico e simbolo della capacità del ciclo naturale di andare oltre e sopravvivere al genere umano. Sullo sfondo, cinque schermi dove verrà proiettata la videoperformance del 2018, Schande Übers Ganze Eerdenreich!. In essa, cinque Cassandra agiscono leggermente asincrone l’una dalle altre e Stella Höttler è protagonista di uno pseudo rito-orgiastico autoindotto, vale a dire dell’ultima stazione di chi, ormai prossimo a soccombere, non intende macerare nei rimorsi e nei rimpianti. Non c’è scampo in nessuna delle cinque versioni di donna, perché nonostante l’essere umano possa glorificarsi del possesso strumentale e dello sfruttamento della natura (rappresentata dalla tartaruga finta tra le mani di Höttler dal vero), quest’ultima riuscirà sempre a sovrastarlo (le tartarughe vive che nel video si allontanano indisturbate, mentre Cassandra si contorce tra atroci tormenti).

Stella Höttler è una antieroina a tratti invasata, in altri più compassata, ma sempre di vibrante e terrificante bellezza. La verbalizzazione delle sue visioni, corroborate dal ricordo di un passato che sarebbe potuto andare diversamente se soltanto fosse stata ascoltata, sono rivolte frontalmente al pubblico, ma l’invettiva paga una certa distanza che solo in alcuni passaggi diventa lo straniamento riflessivo auspicato e invocato dall’allestimento.

Resurrexit Cassandra soffre non tanto il vago conformismo con cui viene presentata la tematica ambientale, anche perché quella di Cappuccio è la storia artistica di chi è sempre impegnato, anche in tempi non sospetti, nel sostenere legalità ed ecologismo. Il suo testo oscilla tra momenti di sontuoso lirismo ad altri eccessivamente didascalici, soprattutto nel penultimo quadro, quando si avverte la stucchevole impressione di avere di fronte non più Cassandra ma Greta Thunberg.

La Cassandra sospesa tra mito greco e contesto contemporaneo, con cucita addosso la questione archetipica del rapporto tra Eros e Thanatos in relazione ai disastri ambientali dei nostri tempi, prende forma da un testo poliedrico e sfaccettato nei suoi potenziali risvolti, ma Fabre ne disperde l’autentica profondità ricercando l’opera d’arte totale in un allestimento che intreccia banalmente momenti coreografici, installazioni video e narrazione.

La recitazione pseudo-performativa che Fabre chiede a Höttler appare troppo legata al racconto per materializzare il pensiero notturno ipotizzato da Cappuccio o per non restituire una sensazione di vaga pedanteria. D’altro canto, la martellante violenza delle immagini in video sancisce la passività di una protagonista che, incapace di far valere visivamente le esigenze etiche ed estetiche che stanno alla base della propria denuncia, annaspa nella descrizione di una catastrofe dilagante e incontrollata che l’operazione di Fabre non riesce a decostruire o a sublimare e trasfigurare teatralmente.

Persa l’originaria potenza simbolica senza stabilire un autentico processo di personalizzazione nel contemporaneo, le scelte di Fabre rimangono invischiate e zavorrate in soluzioni controverse e manieristiche, dall’uso del greco alla danza del ventre. Aver impostato il dialogo tra azione reale (Cassandra sul palco) e azione virtuale (Cassandra in video) in una semplice successione cronologica (quando c’è la prima non c’è la seconda e viceversa) manca il bersaglio di una loro significativa contaminazione, mentre la declinazione dell’azione performativa come estenuante ripetizione costituisce una grammatica ormai trita e ritrita di segni che, abbandonata l’intenzione di rappresentare mimeticamente la realtà, vorrebbero comunicare la propria presenza artistica.

L’azione teatrale rimane nei confinata nella finzione del risultato scenico, dunque al di qua dell’intenzione di Fabre di identificare concretamente nell’opera umana un’essenza che snatura ciò che consuma e che saccheggia e massacra le risorse senza trasformarle.

L’intensità della resurrezione rimane interamente nelle parole che Cassandra pronuncia e non nell’habitat scenico che abita e l’abissale solitudine della protagonista non rimanda all’idea che l’ànthropos sia una forza che violenta e che opera in maniera estranea al sistema naturale nel quale interviene, tantomeno a una radicalizzazione del confronto tra vita biologica (zoē) e vita organizzata (bios).

Resurrexit Cassandra è allora uno stereotipo teatrale che non ha a che fare con la verità che intende presentare (la catastrofe ecologica e le responsabilità umane), ma solo con il suo drammatico e moralistico racconto.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Napoli Teatro Festival Italia
Teatro Bellini
12, 13 settembre, ore 21.00
durata 1h+20min
spettacolo in Tedesco con sovratitoli in Italiano

Resurrexit Cassandra
ideazione e regia Jan Fabre
testo Ruggero Cappuccio
musiche originali Arthur Lavandier
performer Stella Höttler
voce maschile Gustav Koenigs
film Schande Übers Ganze Erdenreich! (2018), Jan Fabre/Angelos (Antwerp, Be)
musiche aggiunte Raymonda, Act Iii Variation Iv, Alexander Glazunov; Mariinsky Orchestra & Victor Fedotov; Enta Omri, El Gamal, Wel Gammal & Hossam Ramzy (Songs Do Médio Oriente); Zorzal, Chancha Via Circuitous & Wenceslada (Rodante); Short Belly Dance Drum Solo, Raquy & The Cavemen (Naked, 12 Middle Eastern Drum Solos)
drammaturgia Mark Geurden
light design Jan Fabre, Wout Janssens
costumi Jan Fabre, Kasia Mielczarek
assistente alla regia Lore Borremans
tecnici Wout Janssens, Geert Van Der Auwera
traduzione Italiano-Tedesco Verena Schmeiser
traduzione Italiano-Inglese Claire Jenkins
produzione Troubleyn/Jan Fabre (Antwerp, Be)
in coproduzione con Fondazione Campania Dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia (Napoli, It), Tandem Scène Nationale (Arras-Douai, Fr), Tovstonogov Bolshoi Drama Theatre (San Pietroburgo, Ru), Charleroi Danse, Centre Chorégraphique De Wallonie-Bruxelles (Be)