Seconda parte dell’intervista all’ex Presidente di Fondazione Sipario Toscana

Su Inthenet.eu abbiamo analizzato le premesse di quella che sembra ormai la deriva dell’impegno politico di sinistra nei confronti della cultura con la regione Toscana che sta vedendo i suoi teatri e centri di ricerca e produzione teatrale chiudere o ridurre drasticamente l’attività, uno dopo l’altro – nell’area pisana, in primis, ma non godono di buona salute nemmeno in Lucchesia e si teme per la pluralità dell’offerta persino a Firenze.

In questo quadro davvero sconsolante, le dimissioni del Consiglio d’Amministrazione di Fondazione Sipario Toscana Onlus e il rischio di dire addio alla quasi trentennale attività de La Città del Teatro lasciano basiti.

Ed è quindi con il Presidente dimissionario, Riccardo Cateni, che continuiamo la nostra discussione per comprendere le ragioni ma anche le possibilità di superamento delle problematiche attuali. Visto anche che questo CdA, nonostante le problematiche strutturali de La Città del Teatro, era riuscito a farsi assegnare ben 650.000 euro del PNRR per migliorare l’efficienza energetica degli edifici e stava valutando la richiesta per il superbonus del 110%. Questo ha ancor maggior valore se si pensa che il nostro Paese, come denuncia EuNews, è di solito fanalino di coda nel riuscire a ottenere stanziamenti dalla UE e, infatti nel 2019 “l’Italia occupava il penultimo posto della graduatoria in quanto ad assorbimento dei fondi diretti e indiretti che arrivano dalla Commissione Europea. Ma se possibile nel 2020 è riuscita a fare ancora peggio occupando l’ultimo gradino del podio (fonte Corte dei conti europea sull’esecuzione del bilancio Ue)”.

Perché il Comune, socio unico della Fondazione, nonostante il vostro fattivo impegno e i buoni risultati ottenuti, tergiversa ad assumersi impegni certi
Riccardo Cateni: «Noi abbiamo sempre inteso il nostro mandato come rilancio della struttura. Non abbiamo mai preso in considerazione né la sua liquidazione né il portarla avanti per inerzia procrastinando le problematiche – come già fatto in precedenza. Dopo lo studio delle questioni patrimoniali e strutturali, abbiamo presentato delle proposte di soluzione alle quali non è mai stata data alcuna risposta formale. Posso ipotizzare che dall’altra parte ci sia una percentuale di disinteresse e una poca sensibilità nei confronti delle problematiche, alcune delle quali sono state a lungo sottovalutate. Adesso siamo di fronte a un ultimatum da parte della Regione. Se non ci fosse la volontà politica da parte del Comune di continuare l’esperienza, come abbiamo più volte ribadito che la scelta di chiudere sia chiara – perché, altrimenti, sarebbe una mancanza di rispetto sia per il settore culturale sia per le maestranze».

La Città del Teatro quante persone occupa, che rischiano il lavoro in un periodo congiunturalmente difficile?
R. C.
: «Il personale stabile è al di sotto delle dieci unità. Chiaramente ci sono stati anche numeri più alti e ci sarebbe bisogno di dare maggiore stabilità al personale perché, essendo centro di produzione, avremmo la necessità di garantire una continuità nei ruoli. Purtroppo, anche dal punto di vista lavorativo, avevamo preparato una bozza di mansionario – l’ultimo era della fine del 2005 – e, di fronte alla richiesta di ridurre ulteriormente il numero dei dipendenti, la nostra risposta era stata di inserire figure nuove, investendo sulla formazione, per avvicendamenti e turnazioni che permettano, magari, una miglior gestione e una riduzione delle chiamate giornaliere che, a fine anno, si tradurrebbe in una ottimizzazione dei costi. Ma sia l’ottimizzazione dei vari uffici e settori sia gli eventuali inserimenti non erano da considerarsi delle spese bensì degli investimenti su progetti triennali o quinquennali, relativamente a una struttura che riesce a percepire annualmente quasi 700.000 euro di contributi da Ministero e Regione e che, da sola, recupera tre volte di quello che investe il Comune – ovvero 260.000 euro l’anno. Fiducia e prospettive dovrebbero essere i presupposti sui quali andare avanti, ma se vengono meno è difficile pensare persino a un’altra stagione».

A questo punto il CdA ha coerentemente dato le proprie dimissioni e il Comune ha risposto con un bando per nominarne uno nuovo (con deadline per le domande lo scorso 12 agosto). Tra scelta dei candidati, insediamento e presa visione della situazione, come potrà intervenire effettivamente questo nuovo CdA se la data di scadenza imposta dalla Regione Toscana per il Piano di rientro è il 30 settembre?
R. C.
: «La nostra azione non era dettata dallo sconforto né dal fatto che, non essendo ascoltati, ci fossimo ‘stufati’. Al contrario, avendo assunto l’impegno con l’idea di rilanciare la struttura, ci siamo visti costretti alle dimissioni per ‘dare una scossa’. Se le vie istituzionali non funzionano, e se le nostre proposte sostenute da valutazioni di professionisti non hanno esito, restava solamente questa azione per portare il teatro al centro del dibattito politico di Cascina. Secondo noi, eravamo arrivati a un punto in cui anche non scegliere era una scelta: questo procrastinare avrebbe portato alla chiusura de La Città del Teatro. Le dimissioni vogliono essere un risveglio brusco a quello che pare un sonno profondo. Teniamo anche conto che i contributi che sono assegnati alla Fondazione, lo sono per le attività teatrali e non per le spese relative alla struttura. Il Comune deve assumersi, nei confronti della cittadinanza, la responsabilità della scelta e io penso che se si decide di investire in un nuovo CdA, vuol dire che si è deciso anche di investire economicamente sulla struttura. Un ultimo appunto – anche se non voglio fare polemiche. In alcuni articoli ho letto che avremmo dato le dimissioni per via dei bilanci in rosso, il che è una inesattezza colossale. Inoltre, le polemiche sterili e lo scaricabarile portano solo a vicoli ciechi. Ma ricordiamoci che il Sindaco Betti non può dire di non conoscere le problematiche de La Città del Teatro essendo stato per cinque anni Presidente della Fondazione Sipario Toscana Onlus». 

Per chi non fosse toscano e non conoscesse La Città del Teatro, può fornire delle buone ragioni perché debba continuare a operare sul territorio?
R. C.
: «Perché è forse l’ultimo punto di riferimento per un’area importante e vasta della Toscana, come la provincia di Pisa, sia per quanto riguarda il teatro ragazzi e sia per quello di innovazione. Inoltre, dal punto di vista artistico, negli ultimi anni, ha avuto importanti riconoscimenti, caratterizzandosi anche a livello nazionale. Cascina che, a livello di servizi e caratterizzazione, non offre molto, perderebbe una centralità dal punto di vista artistico e culturale fondamentali. Inoltre, visto che la struttura si presta ad attività alternative e comprimarie al teatro, sempre collegate col settore culturale ma diverse dalla produzione o dalla messinscena di spettacoli, con la sua chiusura si perde la possibilità – per il futuro – di adibire questi spazi a mostre, congressi, residenze, eccetera». 

Un’ultima domanda, più generale. Teatri importanti come Pontedera e La Città del Teatro rischiano di scomparire. Lo storico Workcenter di Jerzy Grotowski ha chiuso. Realtà come Lucca o Pisa non hanno spazi per la danza e il teatro contemporanei. La sinistra un tempo si faceva vanto di dare importanza alla cultura. Cosa è successo? 
R. C.: «Questi sono segnali di una difficoltà a esprimere la cultura a certi livelli. Probabilmente la cultura ha trovato canali o economie diverse per esprimersi. Esistono realtà territoriali che lavorano bene con risorse ridotte. La problematica di strutture importanti – e io parlo per esperienza diretta de La Città del Teatro ma credo si possa allargare il discorso – hanno bisogno di risorse importanti e continuative. Teniamo conto che, venuta meno la Provincia, la situazione è peggiorata sotto vari punti di vista. Occorre investire con continuità su un territorio affinché l’offerta culturale sia di un certo livello. Molto spesso si reinterpreta l’offerta culturale su un territorio in base alle esigenze economiche. Queste ultime diventano prioritarie e tale scelta incide fortemente sulle strutture maggiori. Per me, al contrario, è proprio su queste strutture che occorrerebbe investire perché possono fare da collettore e catalizzatore nei confronti delle realtà minori. La questione coinvolge visioni e indirizzi politici, che vanno dati da quegli Enti che – sia dal punto di vista economico sia gestionale – possono investire. Ma gli stessi dovrebbero essere capaci di dimostrare ai cittadini che le spese fatte per il teatro non siano una perdita bensì un investimento in grado di generare un indotto che, a sua volta, crea visibilità per un territorio e ricchezza in vari ambiti. Sullo sport questo genere di comunicazione si fa, mentre sulla cultura si fatica ancora a impostare un tale discorso». 

Se il sindaco Betti vorrà rispondere alle affermazioni dell’ex Presidente Cateni, le redazioni di InTheNet e Persinsala sono ovviamente pronte a intervistarlo.