Una strada lastricata di orrori

Torna al Globe Theatre il Riccardo III di Marco Carniti, dove uno straordinario Maurizio Donadoni spadroneggia nel suo percorso tra le profondità della follia e della violenza.

Tra i capolavori del Bardo, Riccardo III assume una posizione specifica e particolare: un fascino mai tramontato, offerto dalla profilazione di un villain che ha fatto scuola nel corso dei secoli e che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento (più o meno consapevole) da parte di sceneggiatori e autori della cultura di massa. Non solo: in Riccardo III si inseguono e si scambiano le parti in maniera vorticosa la dimensione politica (che risplende nella contemporaneità come se l’opera fosse stata scritta nei nostri giorni) e la dimensione metafisico-psicologica, che interpreta la violenza senza limiti e la brama di potere come strumenti di consolidamento per un Io che, con l’avvento della modernità, si ritrova solo e abbandonato in un universo senza Dio.

Il Riccardo III di Marco Carniti in scena al Globe Theatre fino al 15 settembre può essere a ben vedere considerato un classico tra le messe in scena del capolavoro shakespeariano: si tratta di una versione ormai più che longeva, ma che continua a potenziare e ad accrescere la sua efficacia nel corso del tempo, proprio perché Carniti accentua i caratteri di attrazione magnetica che l’opera di Shakespeare possiede sul presente.

Uno straordinario Maurizio Donadoni nei panni del perverso e terribile Riccardo fa da mattatore per l’intero spettacolo, grazie a una recitazione affascinante e dinamica: in perfetta osmosi con l’elaborata scenografia (che pur mantenendo nei costumi il riferimento alla classicità, proietta la vicenda in un universo fantastico postmoderno, tra gotico e immaginario industrial), il Riccardo di Donadoni è come se tentasse di restituire il debito che tutta la popular culture ha nei confronti di Shakespeare. Se il cinema, le serie, i fumetti hanno costruito diabolici personaggi, cinici e spietati, attingendo dal genio di Shakespeare, Carniti compie il giro di ritorno e ci propone un Riccardo che si atteggia e parla come uno dei cattivi della Marvel. Stessa cosa per un personaggio geniale e mostruoso come la Regina Margherita, interpretata da una straordinaria Melania Giglio, che ci rimanda all’universo ipersemiotizzato di Tim Burton e Floria Sigismondi; d’altronde anche la regia e il disegno luci insistono sull’estetica neogothic, spesso con un’intenzionalità barocca capace di ritrarre degli autentici tableau vivant nel flusso di sofferenza, vendetta e morte che è l’opera di Shakespeare.

Il delirio resta l’orizzonte ultimo dell’intero spettacolo, che sprofonda in un’atmosfera angosciante da incubo; e per quanto Riccardo III trovi nella filosofia il suo significato ultimo (il rapporto tra mania e ragione, tra solitudine e consorzio umano) è evidente come l’incubo peggiore sia quello connesso alle contingenze storiche del nostro triste presente. Donadoni “flirta” con la nostra confusa attualità politica, perché come per la tragedia greca in Riccardo III metafisica, psicologia, sfera individuale si sovrappongono con le sorti di un’intera comunità e con gli orrori della storia: se come sostiene Lord Hastings “la politica ha le sue regole”, la morte che predomina l’universo allucinato e catastrofico di Riccardo III ci racconta la fine della politica quando a predominare sono la volontà di sopraffazione, la sete di potere e il fascino maniacale del potere.

Lo spettacolo continua:
Globe Theatre
Largo Aqua Felix (Piazza di Siena) – Villa Borghese, Roma
fino al 15 settembre, ore 21.00

Riccardo III
di William Shakespeare
regia Marco Carniti
con Federica Bern, Tommaso Cardarelli, Patrizio Cigliano, Maurizio Donadoni, Gianluigi Fogacci, Melania Giglio, Paila Pavese
scene Fabiana Di Marco
costumi Maria Filippi
musiche Davide Barittoni