La mente umana fra follia, morbosità, incubi e fantasmi emersi dal nulla

In prima assoluta in scena all’Arena del Sole di Bologna della rilettura del celebre capolavoro shakespeariano Riccardo III L’avversario di Vetrano e Randisi

Un altro “colpo andato a segno”, si potrebbe dire. Prosegue la fruttuosa collaborazione tra Emilia Romagna Teatro Fondazione e la storica coppia di attori Enzo Vetrano e Stefano Randisi, in scena con Riccardo III L’avversario, liberamente ispirato naturalmente al capolavoro shakespeariano ma anche ai crimini di Jean-Claude Romand.
Un parallelismo interessante a livello tematico ma anche rispondente a una precisa ricollocazione spazio temporale dello spettacolo. Romand, killer francese profondamente disturbato, uccise la moglie, il fratello, i figli del fratello, gli amici e anche i nemici. Rinchiuso in carcere dopo la condanna, l’uomo lottò per avere l’eutanasia per essere liberato da «un corpo che tormenta», citando le stesse parole del drammaturgo dello spettacolo, Francesco Niccolini. Riccardo III di Gloucester viene quindi “estrapolato” dalle lussuose sale dei palazzi reali quattrocenteschi per ritrovarsi in una stanza scarna e assonometrica: tre pareti bianche e verde acido, una sedia a rotelle, una vetrina contenente dei teschi e un letto. La vicenda sta tutta nella mente del folle Riccardo III, interpretato da Enzo Vetrano. Tutti gli altri personaggi sono “portati in vita” solo da Stefano Randisi (un sicario, Giorgio di Clarence, Lady Anna, re Edoardo, Buckingham e Richmond) e Giovanni Moschella (un sicario, Hastings, Margherita, il principino figlio di re Edoardo, Elisabetta, il sindaco di Londra e Stanley).
La scommessa (assolutamente vinta) più grande di questo interessante adattamento risiede proprio in questa doppia scelta con, a livello drammaturgico, la divisione dei numerosi ruoli del plot ripartiti per soli tre attori, e, a livello scenico, la ricollocazione in un ospedale psichiatrico, o peggio ancora un manicomio criminale, che rende forse la tragedia shakespeariana più accettabile nell’ottica moderna. Si empatizza con Vetrano/Riccardo: dall’elaborazione del piano diabolico di distruggere pian piano tutti coloro che si interpongono tra lui e la corona all’attuazione vera e propria, la vicenda ha luogo nella sua psiche. Senza alcun segno di tentennamento o pentimento, la tragedia viene inscenata esclusivamente a livello simbolico: l’unico segnale dell’uccisione delle vittime del folle è il macabro suono di una ghigliottina che scende di volta in volta sul malcapitato di turno.
Lo spettatore viene legato a doppio filo al trip mentale del protagonista dall’inizio alla fine dello spettacolo, e qui sta la bravura di Vetrano nel diversificare le mille sfaccettature della pazzia presenti una per una a seconda del momento, della vittima e dell’andamento del malefico piano. Mentre lo spettacolo scorre, si percepisce un metaforico restringimento delle diafane pareti in una sorta di spazio distorto e psichedelico in cui le uniche “presenze” aleggianti sono i personaggi che si avvicendano, e risulta sorprendentemente riuscito l’interscambio calzante e costante di Moschella e Randisi: è la “pazzia” galoppante che va a rafforzare l’ambiente circostante, sono i personaggi stessi a sostenere in toto l’incanto teatrale.
Ma si empatizza con Vetrano/Riccardo, soprattutto, perché a tratti si prova anche pena per lui, o forse tenerezza, ed è proprio qui che emerge la firma registica della coppia di attori siciliani: come nella foto scelta per la locandina, Riccardo si copre fino a “nascondere” anche la testa nel cappotto, avvolto con le braccia intorno al corpo come fosse un gioco, con la folle innocenza di un “nascondino” capovolto in senso diabolico.
Forse anche per questo sul finale dello spettacolo, con le celebri parole «Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!», si torna a pensare al parallelismo spazio temporale scelto con una chiave di lettura più contemporanea che mai. Non è una spada o un fioretto a trafiggere il malvagio Riccardo, ma una siringa che porta incisa la parola morte. Quasi voluta, addirittura implorata, come degna fine alla sofferenza psichica di un uomo obnubilato da fantasmi e incubi, reali e no.

Lo spettacolo è andato in scena
Arena del Sole di Bologna
Via dell’Indipendenza, 44
da martedì 23 a domenica 28 ottobre 2018
da martedì a venerdì ore 20.30, sabato ore 20.00, domenica ore 16.30

Riccardo III
L’avversario
di Francesco Niccolini
regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi
con Enzo Vetrano, Stefano Randisi e Giovanni Moschella
sssistenti alla regia Lorenzo Galletti, Roberto Aldorasi
scene e costumi Mela Dell’Erba
luci Max Mugnai
produzione Arca Azzurra, ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con Le Tre Corde/Compagnia Vetrano Randisi
Progetto Suspir – Shakespeare drammaturgo infinito