Il trionfo del bel canto

Una vera ovazione al Teatro alla Scala per questa edizione di Rigoletto, che regala diversi momenti di altissimo livello – trascurando però, a volte, il côté teatrale dello spettacolo.

Finalmente al Teatro alla Scala si assiste a una serata in cui le belle voci e la qualità musicale dell’orchestra e del direttore sono il fulcro dello spettacolo. Indubbiamente l’apparato scenico di Ezio Frigerio – in connubio perfetto con i costumi di Franca Squarciapino – è molto bello e adatto a quest’opera. I colori della sala del palazzo ducale – sia nel primo che nel secondo atto – sono caldi e avvolgono perfettamente le masse del coro e dei ballerini; mentre le scene di oscurità mantengono quell’aura di mistero che arriva al suo punto massimo nel terzo atto, quando imperversa la tempesta e si compie la tragedia. Nonostante ciò, ribadiamo: questa versione di Rigoletto è l’apoteosi del bel canto.
Purtroppo, la regia di Gilbert Deflo – la stessa ripresa, come scene e costumi, dalla Stagione 1994/1995 – non sfrutta appieno le potenzialità attoriche dei cantanti. Troppe sono le “pose plastiche” e convenzionali assunte da questi ultimi laddove, forse, varrebbe la pena sottolineare la drammaturgia dell’opera – un esempio su tutti: il duetto, del primo atto, tra Gilda e Rigoletto in cui la figlia praticamente non guarda quasi mai in faccia il padre, preferendo direzionare lo sguardo – e la voce – verso la platea. Se è indubbio che per i cantanti sia più comodo vocalmente – soprattutto nei momenti di autentico virtuosismo in cui, stando più o meno statici o comunque scegliendo delle pose più “tecniche”, riescono ad avere un miglior controllo sulla voce e sulle loro evoluzioni – l’opera, in sé, perde molto. Lo spazio scenico risulta poco sfruttato o, comunque, sfruttato male, con ripetitivi “avanti e indietro” che poco significano per l’azione drammatica. Questo aspetto riguarda, in particolar modo, Elena Mosuc (Gilda) che trova una sua ragione scenica solo nel finale quando, travestita, decide di sacrificare la propria vita per salvare l’amato Duca. Bisogna però ammettere che di ciò lo spettatore si accorge pienamente solo quando la stessa finisce di cantare perché, per il resto del tempo, si rimane ipnotizzati dalla sua bellissima voce: potente eppure mai sguaiata, ricca di colori e sfumature, trattata in modo estremamente elegante. Del resto, Gilda è sicuramente una parte – musicalmente parlando – che Mosuc indossa a pennello: dotata di una tecnica ineccepibile, mantiene un controllo straordinario in tutte le parti virtuosistiche così come negli acuti. La superba cantante dona sfumature quasi impercettibili, che fanno però la differenza. Peccato, quindi, che manchi una cura maggiore della presenza scenica e una più approfondita analisi psicologica del personaggio perché, in quel caso, Mosuc raggiungerebbe una perfezione alla quale, forse, non si è mai arrivati nella storia di quest’opera e di questo ruolo.
Un discorso simile vale per il Rigoletto di George Gagnidze che, però, ha momenti più felici in scena – forse anche per una maggiore dinamicità del personaggio. Gagnidze – dotato di una bella voce e dando una buona prova – non è però altrettanto costante nel mantenere il livello altissimo. A momenti di grande musicalità – in cui si immerge completamente nel ruolo e la sua vocalità si esprime al meglio – alterna passaggi un po’ meno pregevoli. In ogni caso, applauditissimo. Forse l’unica “sfortuna” di Gagnidze è di essere sullo stesso palco con due voci fuori dall’ordinario, come quella della già citata Mosuc e quella di Vittorio Grigolo – che ritroviamo anche in questa produzione della Scala. Il suo Duca di Mantova è perfetto sotto tutti i punti di vista: in scena ha la giusta dose di caparbietà – supportata da una vocalità esuberante che, senza dubbio, lo favorisce in un tale ruolo. Difficile da spiegare, ma Grigolo è musicalmente dinamico anche quando resta immobile sul palco – forse perché non dedica tempo all’autocompiacimento. Nel primo atto riesce quindi a dare un’ottima idea di un Duca guascone e irriverente; e in Questa o quella mantiene il clima di festa e non mostra la minima preoccupazione per le acrobazie scritte da Verdi. Ulteriore momento pregevole in Ella mi fu rapita! – che apre il secondo atto e che strappa applausi entusiastici – così come trionfa nella celeberrima La donna è mobile e nel temutissimo acuto finale. La potenza della sua voce non è, però, mai fine a se stessa, dimostrandosi anche in questo uno dei giovani interpreti migliori della sua generazione.
Non dimentichiamo infine Gustavo Dudamel, che offre una lettura fresca di un’opera che dirige a memoria, riuscendo a non essere mai ingombrante per i cantanti e guidando un’orchestra che è sempre di supporto attivo.
Musicalmente, uno spettacolo davvero ben curato – senza dubbio all’altezza del Teatro che lo ospita.

Lo spettacolo continua:
Teatro alla Scala
via Filodrammatici, 2 – Milano

Rigoletto
libretto di Francesco Maria Piave
musica di Giuseppe Verdi
con Vittorio Grigolo, George Gagnidze, Elena Mosuc, Alexander Tsymbalyuk, Ketevan Kemoklidze, Anna Vioctorova, Ernesto Panariello, Mario Cassi, Nicola Pamio, Andrea Mastroni, Evis Mula, Valeri Turmanov, Rosanna Savoia
con la partecipazione del Corpo di ballo, Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

direttore Gustavo Dudamel
maestro del coro Bruno Casoni
regia Gilbert Deflo
scene Ezio Frigerio
costumi Franca Squarciapino