Alle spalle del gobbo

Istantanee rubate dalle quinte il giorno della prima per la stagione 2011-2012 al Teatro Sociale di Como: la sala si riempie di fiori, il palco di bellezza, il buio di emozione.

È particolare come a teatro il silenzio sia contagioso.

Parte dall’orchestra, che accordata tace, coinvolge il pubblico, e velocissimo raggiunge il legno del palco interrompendo consigli, controlli, gorgheggi o semplici chiacchiere, fino a spegnere i cigolii delle scarpe – il ticchettare dei tacchi di quelle di scena e il più morbido e artificiale rumore gommoso delle suole antinfortunistiche di tutti gli altri. I mimi controllano gli orli dei mantelli e i mandolini, il coro si copre i volti con le maschere, i tecnici fissano il buio tra le quinte nere, indovinando a memoria gli spazi ancora intatti e protetti dietro al velluto rosso; Rigoletto respira.

Un gesto del direttore di scena e si apre il sipario.

Silenzio. Musica. Rigoletto respira ancora, si carica in spalla il sacco nero e attraversa il palco, pronto ad indossare anche stasera i suoi abiti da buffone, stanotte come tutte le notti, tutta la vita.

Silenzio, e via, che la bellezza abbia inizio: sulla baldanza delle note verdiane coro e mimi invadono il palco, completando il piacere dell’ascolto con quello della vista, sgargianti di risate e colori, splendidi nei loro costumi cangianti, una vera festa per gli occhi. Gli altri, quelli vestiti di nero, quelli nascosti, i tecnici insomma, ricominciano a muoversi: resta la concentrazione ma riemerge anche il mormorio leggero delle chiacchiere, e ognuno torna al suo posto, al suo compito, oppure aspetta che arrivi il proprio turno, facendo passare il tempo come può. C’è chi tenta di leggere un libro alla luce della torcia elettrica, chi sistema la borsa degli attrezzi, chi semplicemente guarda lo spettacolo, con uno sguardo tutto laterale; un cantante per calmare la tensione fa girare due castagne nelle mani, un’altra scalda la voce, un trombettista solitario suona subito dietro la porta. Qualcuno usa il computer, qualcun’altro si lancia in una muta e irresistibile parodia dell’opera, molti si muovono da un lato all’altro, scambiandosi di posto in un continuo e danzante gioco delle sedie, incontrandosi, perdendosi in un piccolo discorso, cercando una persona e trovandone un’altra, nel buio.

Tutto è iniziato senza intoppi; la festa del Duca ormai volge al termine e i cortigiani-coristi tornano dietro le quinte, dignitosi e ordinati finché a vista pubblico, barcollanti e indecisi solo qualche centimetro dopo, disorientati nell’oscurità, finendo dritti nelle mani delle attrezziste, che li smascherano (letteralmente) e li restituiscono alla libertà dei loro camerini. Intanto, un macchinista mette in moto il girevole, e mentre la scena scorre e cambia, gli ingranaggi della macchina teatrale fanno il loro dovere: Sparafucile compare a tentare Rigoletto con il gusto ambiguo della vendetta, e dietro di lui silenziosamente già si accendono le candele di Gilda e Giovanna, pronte a fare il loro ingresso, accompagnate da un altro movimento scenico.

Tutto va come deve andare. Il Duca riesce a entrare e a sedurre Gilda, che si ritira nelle sue stanze stanca e innamorata – o almeno così sembrerebbe: in realtà a un passo dall’ultimo gradino nero l’aspettano le sarte, che in pochi istanti decisivi la svestono e rivestono, bianca e vulnerabile, pronta per essere rapita. Il girevole fa il suo dovere un’altra volta, come sempre, e la caotica scena del rapimento mette fine senza intoppi al primo atto.
Scrosciano gli applausi, e mentre si chiude il sipario i macchinisti chiudono i loro libri, e si preparano ad entrare in azione, pronti per il momento più frenetico e faticoso: trasformare la casa di Rigoletto nella locanda di Sparafucile. Pezzo per pezzo le pareti di legno vengono smontate e spostate per lasciare il posto ai mattoni neri del nido dell’assassino. È straniante vedere queste formiche nere armate di svitatori elettrici impossessarsi del luogo dove un attimo prima si sono consumate tante emozioni cantate, e demolirlo, veloci, senza esitazioni, come un grosso armadio, che senza la musica è solo un contenitore vuoto e spento, per poi restituirlo nero e nuovo agli elettricisti, che lo vestono di luci, pronto per essere di nuovo riempito: secondo atto.
Il più è passato. Per attrezziste e sarte resta ancora un solo momento concitato, la trasformazione in pochissimi minuti di due comparse in guardie e un corista in usciere, con tanto di armature che sferragliano molto più del dovuto e guanti bianchi che non vogliono calzare come dovrebbero. Gilda si sacrifica per amore cadendo proprio come deve, Maddalena riesce a infilarla nel sacco in tempo, Sparafucile porta fuori scena il tavolo senza inciampare, il Duca se ne va cantando il suo inno all’amore libero senza dimenticare la giacca sul palco. Il girevole gira per l’ultima volta e tutti si fermano, ad ascoltare le ultime strazianti note del dolore di Rigoletto. Mentre gli applausi finali consacrano lo spettacolo, il direttore di scena compie la sua ultima non sottovalutabile fatica: recuperare i cantanti e farli uscire nel giusto ordine, regolando il traffico artistico tra palco e quinte.

Si chiude il sipario, definitivamente: sorrisi e pienezza da entrambe le parti.

Da dietro le quinte: Francesca Brancaccio

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Sociale
via Bellini, 3 – Como

Repliche:
Brescia, Teatro grande: 7 e 9 ottobre
Pavia, Teatro Fraschini: 13 e 15 ottobre
Cremona, Teatro Ponchielli: 21, 23 e 25 ottobre
Milano, Teatro degli Arcimboldi: 3 e 5 novembre
Jesi, Teatro Pergolesi: 25, 26 e 27 novembre
Fermo, Teatro dell’Aquila: 3 e 4 dicembre

Rigoletto
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria Piave
Con Piero Pretti / Jenish Ysmanov (Duca di Mantova), Ivan Inverardi / Luis Casino (Rigoletto), Irina Dubrovskaya/ Natalia Roman (Gilda), Eugeniy Stanimirov (Sparafucile), Alessandra Palomba (Maddalena), Veronica Senserini (Giovanna), Pasquale Amato (il Conte di Ceprano), Miriam Artiaco (la Contessa di Ceprano), Bianca Tognocchi (paggio)
Direttore Marco Guidarini
Regia, scene, costumi e disegno luci Massimo Gasparon
Maestro del coro Antonio Greco
Altro maestro del coro Salvatore Sciammetta
Coro AsLiCo del Circuito Lirico Lombardo
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coproduzione Teatri del Circuito Lirico Lombardo, teatro Pergolesi di jesi, Teatro dell’Aquila di Fermo
Nuovo allestimento in coproduzione con Arena Sferisterio di Macerata