Poche intense gocce d’umor nero

186817 1412069083A meno di un anno dall’ultimo concerto torinese, Jérôme Reuter, alias ROME, torna sul palco del centralissimo BlahBlah per uno splendido e scurissimo concerto. Un’ora e mezza di atmosfere tra paganesimo e spiritualità, dove la luce permane assente e risuona l’eco di lontane ed anonime grida

La prolificità di Jérôme Reuter costringe il cantante lussemburghese a moltiplicare i suoi tour e a ritornare sui luoghi dei suoi crimini musicali. A meno di un anno di distanza dalla sua ultima apparizione a Torino, l’oscuro poeta che si cela dietro al progetto ROME si è ripresentato sul palco del Blah Blah per un set densissimo, intriso degli umori più scuri della propria anima. L’occasione, nata dalla presentazione del recente Hall of Thatch (Trisol, 2018), undicesimo disco in poco più di dieci anni di attività, ai quali si aggiungo una selva di EP, mini-album, singoli e perfino un’antologia, ha inaugurato un corposo tour italiano che si chiuderà il 25 febbraio a Bologna.

L’ouverture della serata si è posta effettivamente sotto il segno dell’universo dell’ultima fatica, dove le sonorità “classiche” del progetto risentono di una permeazione di un altro mondo così superficialmente lontano da quello che è lo stile nel Nostro. Un fondo sonoro plastico che resiste ad ogni irrigidimento per volgersi verso una pervasiva presa di posizione. Stiamo qui parlando del recente viaggio in Vietnam di Reuter che ha plasmato alcune sonorità distinguibili tanto sul disco quanto live. La delicata armonia della chitarra di Clemency diviene la struttura centrale intorno alla quale la poderosa voce di Reuter gratta la materia viva del canto, il tutto immerso in un’estatica e lontana litania buddhista. La chiusura di Hall of Thatch si volge nella sera torinese in ouverture dell’affascinante scurissimo universo di ROME. Durante la serata saranno proposti altri due brani dall’ultimo lavoro, come Blighter, dove la freddissima chitarra à la Death in June struttura il movimento epico, ma lontano dai toni marziali del passato, del canto di Reuter, e Slaver, elegantissima ballata che si posiziona da qualche parte tra Nick Cave e David Tibet.

La densissima discografia di ROME permette la costruzione di set sempre diversi e, anche se l’aspetto cronologico (il progetto pubblica il primo lavoro, Berlin, nel 2006) non sembrerebbe incidere in maniera decisiva sulla diversità degli stili, la grande ricchezza di pubblicazioni ha permesso di lavorare in maniera certosina un suono che è riuscito nell’intento di intraprendere un’importante evoluzione in un tempo estremamente ristretto. E ciò, senza mai negarsi, rimanendo fedeli ad un ideale che, ancora oggi, è in grado di tenere insieme i grandi chansonniers francesi e l’apocalittico mondo del neofolk, la malinconia di Nick Cave e quella di Johnny Cash, l’inquietante sussurrato del Faust dei Current 93 e la profondità di Blixa Bargeld, preghiere e canti buddhisti e la ruvidità industriale. Non si avvertono dunque fastidiosi cambiamenti di marcia quando si passa dalla lieve e suggerita Like Lovers (da Berlin, Cold Meat Industry, 2016) agli immediati successivi omaggi marziali di Celine in Jerusalem e di The secret Germany (For Paul Celan) (entrambi contenuti in The Hyperion Machine, Trisol, 2016).

Accompagnato dal chitarrista/bassista e dal batterista, Jérôme Reuter concepisce un distillato echi di paure, souvenir, angosce, omaggi anarchici a figure posizionate sul crinale tra genio e profezia, e costantemente rifiutati dal proprio secolo. In questo percorso ci si trova ad attraversare anche quel monumento del genere che va sotto il titolo di Die Æsthetik der Herrschaftsfreiheit (triplo CD, Trisol, 2011) grazie a quattro perle nere: la terribilmente stupenda e nostalgica Families of Eden, l’esiziale Spanish Drummer, la metafisica Sons of Aeeth, e la (quasi) lucente Seeds of Liberation alla quale è affidato il compito di chiudere la prima parte del concerto. Costretti a tornare sul palco dall’impossibilità di lasciare la sala (la porta – fortunatamente – si è opposta alla loro sparizione) e dalla palese volontà del pubblico, Jérôme e i suoi compagni tornano a prendere posto sul palco per tre bis a dir poco perfetti. Con il tono blandamente marziale di One Fire (dal doppio A Passage to Rhodesia, Trisol, 2014) l’intento sembra essere chiaro: il passato è passato e riecheggia ancora oggi ma il suono di ROME si volge verso un universo sempre più raffinato e la successiva Skirmishes for Diotima (da The Hyperion Machine, Trisol, 2016) palesa ancora maggiormente la volontà di Reuter di lavorare la propria interiorità con la stessa cura con la quale egli interviene nel proprio universo sonoro. Il saluto finale è affidato a Neue Erinnerung (da Masse Mensch Material, Cold Meat Industry, 2008), fiera ballata così neofolk, così antica, così affascinante. Qu’il n’en reste rien/que la cendre/et l’angoisse.

Il concerto si è svolto:
Blah Blah
Via Po, 21 – Torino
mercoledì 21 gennaio 2018 ore 22

BLAH BLAH e Hardstaff Booking Agency hanno presentato:
ROME

Set
Clemency
Like Lovers
The secret Germany (For Paul Celan)
Celine in Jerusalem
Blighter
Hope Dies Painless
Families of Eden
Spanish Drummer
Slaver
Sons of Aeeth
Interlude: The Mirror
One Lion’s Roar
The Torture Detachement
Seeds of Liberation

Encore
One Fire
Skirmishes for Diotima
Neue Erinnerung

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