Shakespeare alla prova finale

litta-teatro-milano-80x80In scena al Teatro Litta il risultato della masterclass di Valentina Escobar su Romeo e Giulietta.

La seguente recensione è relativa all’esito del laboratorio Progetto Shakespeare e il teatro musicale tenuto dalla regista Valentina Escobar nel 2015, dunque da non confondere con lo spettacolo su Romeo e Giulietta che la stessa regista sta allestendo a partire dal 2017.

Per descrivere ciò che è andato in scena in quel gioiellino milanese che è il Teatro Litta giovedì 4 giugno, partiamo dal presupposto che sul palco non c’erano professionisti navigati, ma giovani, giovanissimi attori e cantanti e che lo spettacolo è la fine di un percorso anche formativo: in questo modo possiamo non soffermarci più di tanto su difetti evidenti che – speriamo, con tutta probabilità – si ridurranno fino a sparire con l’esperienza e la crescita di questi artisti in erba.
Però si tenga conto che a guidare questa numerosissima squadra è Valentina Escobar – anche lei giovanissima – che sulla carta ha un curriculum di tutto rispetto: regista, coreografa, ha studiato canto lirico e pianoforte, oltre ad aver collezionato negli anni un numero impressionante di collaborazioni importanti nei più bei teatri d’Italia.
Questo Romeo e Giulietta fa parte di un più ampio Progetto Shakespeare e il teatro musicale che da alcuni anni fa incontrare il mondo musicale con quello drammaturgico: infatti l’idea di Escobar è quella di unire un’opera di Shakespeare con le opere liriche da questa ispirate e lavorare sia con attori che con cantanti. Da secoli si cerca un giusto connubio tra i versi del Bardo e la musica, ma la novità qui è proprio provare a mettere insieme due figure problematicamente affini come l’attore e il cantante: giusta, giustissima l’intuizione di far intervenire le arie per spiegare i sentimenti e i pensieri dei personaggi – poche cose come la musica, infatti, sanno rievocare il mondo interiore dell’uomo – e di creare scenicamente un “doppio” anche visivo (quindi Giulietta attrice ha lo stesso costume di Giulietta cantante e scenicamente sono anche interscambiabili in alcuni momenti). Peccato che il tutto sia stato gestito in modo un po’ confuso: mancava pulizia nelle scene di massa, spesso i movimenti non erano coordinati e – data l’abbondanza di momenti in cui predominava la coreografia e l’evidente limite di non lavorare con ballerini professionisti – forse si potevano ridurre, o per lo meno semplificare, le scene di danza. Oppure curarle decisamente di più.
Non si è capito perché la Balia di Giulietta parlasse in dialetto veneto e perché Frate Lorenzo in napoletano, mentre a Mercuzio è scappata qualche locuzione toscana: un modo per far sentire Shakespeare più vicino? Per creare degli elementi comici che sdrammatizzassero? Anche se si è strappato qualche sorriso al pubblico, teatralmente non ha funzionato, perché non c’era attinenza né con il resto dello spettacolo, né con Shakespeare – anche se dobbiamo sempre tener a mente che anche la drammaturgia è di Valentina Escobar.
La scenografia – molto semplice – era dominata da delle proiezioni sul fondale che segnavano le varie scene: spesso erano immagini spaziali in cui c’erano stelle, galassie e pianeti, alternate a proiezioni di interni per la scena della festa in maschera (potremmo aver riconosciuto l’interno dell’Opera Garnier di Parigi?), poi una ballerina in tutù bianco, una fanciulla dormiente… probabilmente volevano essere evocative, completare il quadro scenico e arricchirlo di significato, ma proprio non si capisce perché a un certo punto compaia un fermo immagine di Joseph Fiennes e Gwyneth Paltrow dal film Shakespeare in love. L’idea delle proiezioni era buona e poteva essere davvero funzionale, soprattutto in assenza di una scenografia elaborata, ma il risultato è totalmente sconnesso anche visivamente, dato che non c’era nessuna corrispondenza tra i colori un po’ smorti degli sfondi e i colori sgargiantissimi dei costumi. Anche le luci – purtroppo – non hanno aiutato a migliorare la scena.
Il pianoforte di Luigi Marzola – che lo spettatore poteva vedere sul lato sinistro del palco messo un po’ di traverso – forse avrebbe acquistato qualità e importanza se avesse tenuto il coperchio completamente aperto e ridotto gli interventi. La musica era un tappeto sonoro quasi sempre presente, ma non son state valutate bene le possibilità acustiche del teatro e nemmeno la voce degli attori, che a volte spariva o non era ben udibile. Bella la scelta di tenere lo strumento visibile in scena, forse però si poteva lavorare di più sulle interazioni con il resto del palcoscenico.
I cantanti hanno dimostrato versatilità, ironia e la voglia di mettersi in gioco con voci ancora da maturare, ma promettenti; gli attori sono proprio nel pieno del proprio percorso e per loro – invece – la voce è proprio l’aspetto da studiare di più.
Il pubblico nonostante tutto ha apprezzato, ma sarebbe stato bello se ci fosse stata meno l’aria da “saggio finale” e più l’atmosfera da “spettacolo teatrale”, e per questo speriamo che per la prossima edizione Valentina Escobar tiri fuori tutto quello che ha imparato dai grandi maestri con cui ha lavorato, magari rischiando un po’ di più o semplicemente mettendo meno carne sul fuoco, ma proponendo un lavoro più curato nei dettagli, più organico e con una tensione drammatica efficace – questa volta davvero assente – che possa valorizzare davvero le belle idee che ha.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Litta
C. so Magenta, 24 – Milano
giovedì 4 giugno 2015, ore 21.00

Romeo e Giulietta
progetto, regia, drammaturgia, coreografie, tecnica interpretativa Valentina Escobar
costumi di Valentina Escobar, Stefania Coretti e Sara Bernacchi
direzione Musicale Luigi Marzola
tecnica vocale Dan Shen
con giovani attori e cantanti di tutto il mondo e musiche di Bellini, Gounod e Tchaikovskij