L’afasia della danza

A Prato, Contemporanea Festival 2016 si chiude con due performance, Room 40 e La Leçon. Quando la danza mostra tutti i suoi limiti.

Il primo spettacolo della serata è Room 40, coreografia di Maciej Kuźmiński. Una performance che rimanda a schemi narrativi già proposti (basti pensare all’eccellente Pa|Ethos su coreografia di Sang Jijia) con una prima parte dedicata all’esercizio ripetitivo e stancante al quale il ballerino deve sottoporsi quotidianamente (qui, in un’impostazione di sbarra a terra rivisitata in stile contemporaneo) e, poi, con l’a solo che dovrebbe restituire oltre alle capacità virtuosistiche, il pathos che si raggiunge con una certa maturità.
Su questo tema principale, e centrale nell’economia del lavoro, Kuźmiński innesta alcune varianti. La performance si apre e si chiude con cinque minuti di sala illuminata e una musica che si espande nell’aria, mentre il pubblico si domanda quando lo spettacolo avrà inizio (e quando finirà). Seguono altrettanti minuti di musica in cui i quattro danzatori restano fermi nella posizione di partenza del quinto tibetano (una posizione yoga che si attua sostenendo il corpo con le braccia tese e le punte dei piedi in tensione). Terminata la musica, i performer iniziano a gemere come se soffrissero (si comprende la stanchezza – dei danzatori ma anche del pubblico – eppure quei gemiti a comando, al termine del supporto sonoro, non convincono e risuonano come vuota retorica). Quindi, ecco il primo quadro (che definiremo, per brevità, ethos, con la sbarra a terra). Buio. Secondo quadro. Un tubo che rimanda a quello del fonendoscopio convoglia acqua sul palcoscenico fino a inzaccherarlo totalmente. Un calibrato uso delle luci gioca con il corpo della danzatrice nudo (uno tra i cliché della danza – ma anche della prosa – contemporanea), che si specchia sul palcoscenico nero, reso riflettente dall’acqua. L’esibizione riprende i movimenti della prima parte e il pathos è raggiunto soprattutto grazie alla scenotecnica, all’uso suggestivo delle luci, agli scivolamenti (altro cliché) sul liquido, alla nudità e alla penombra, e a quei capelli bagnati con i quali la danzatrice frusta l’aria – come nella pubblicità di uno shampoo. Al termine, ecco nuovamente i cinque minuti di posizione yoga su tema musicale, ai quali fanno seguito i cinque minuti di silenzio e gemiti. A questo punto, il pubblico non resiste oltre e, contrariamente a quanto fa di solito quando qualcosa non lo convince (ovvero, spazientirsi e andarsene alla chetichella), inizia ad applaudire per invitare la danzatrice ad alzarsi e a terminare lo spettacolo – che gli spettatori considerano finito: “messaggio recepito: la danza è fatica. Ma anche la vita lo è, andiamocene a casa”, sembra suggerire la platea.
Ma cosa non ha funzionato? Perché il pubblico non si è sentito coinvolto, ma ha reagito all’umana sofferenza in questo modo decisamente tranchant? In primis, probabilmente, non ha convinto il fatto che i gemiti sembrassero teleguidati: iniziano là dove la musica finisce, sottolineando come vuota retorica un discorso che appare ben noto. Secondariamente, il coreografo deve fare appello alla voce per esprimere un concetto (la stanchezza) che dovrebbe essere in grado di comunicare attraverso il corpo, il gesto, il movimento, le geometrie e i passi della danza. Persino la prosa ha dismesso le pose statiche per esprimere le emozioni; l’utilizzo del gemito per comunicare sofferenza appare altrettanto démodé. La danza mostra le corde.

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A seguire, La Leçon, ideato e messo a punto da Horman Poster. Un’ora di lezione, come da titolo, in cui i due danzatori si raccontano per interposta persona, scambiandosi i ruoli (il protagonista della vicenda sussurra all’altro la propria storia, come se il primo fosse un regista o un autore teatrale e, il secondo, l’interprete di un personaggio creato ad arte o, comunque, di una esistenza altra da sé). I racconti, in sé interessanti, ritraggono due vite in certo modo speculari. Un danzatore basco che va a Londra a studiare danza, tentando di rifarsi a un metodo, trasformando ogni suo gesto in un dettato prelinguistico ma portatore di senso, che affina sino a rendersi conto di agognare un’espressione più personale, scevra da dogmatismi, per comunicare con lo spettatore. E di un griot (letteralmente, maestro della parola), un senegalese a metà strada tra lo sciamano e il cantastorie, che a tredici anni rifiuta la tradizione preferendo comunicare idee (con una forte valenza sociale e politica) attraverso l’hip hop, e a venti torna sui propri passi scegliendo il racconto tradizionale come mezzo espressivo par excellence.
L’intera performance – principalmente in castigliano, con alcuni intermezzi in inglese e francese – è godibile soprattutto nella seconda parte, dove il movimento prende il sopravvento sulla parola, e l’exemplum si fa esercizio pratico. Complessivamente, però, l’intero spettacolo appare troppo verboso. Il racconto della prima parte è oltremodo rallentato dall’espediente del ripetere la narrazione altrui, e gran parte delle spiegazioni su cosa sia la danza per Igor de Quadra può essere interessante per un esegeta (o un appassionato di arte coreutica) ma abbastanza astrusa per la maggior parte degli spettatori. In altre parole, linee e diagonali, geometrie e forme, peso e leggerezza, spazialità e movimento, stasi e tempi appaiono come concetti vuoti, se non si esplicano nel qui e ora, in immagini concrete. E quello che è mancato è proprio questo: la danza per esprimere se stessa e, aldilà di se stessa, il sé e l’altro da sé.

Bella la parte finale, dove i corpi diventano, purtroppo solo per pochi minuti, i protagonisti.

Gli spettacoli sono andati in scena nell’ambito di Contemporanea Festival:
domenica 2 ottobre, ore 21.00
Fabbricone
via Targetti, 10/12 – Prato

Maciej Kuźmiński presenta:
Room 40
coreografia Maciej Kuźmiński
drammaturgia Adam Hypki
cast polacco Daniela Komędera (soloist), Anna Kamińska, Katarzyna Pawłowska e Dominika Wiak
cast originale Jessica Haener (soloist), Verena Schneider, Tiffany Desplanques e Agnese Lanza

ore 22.00
Biblioteca Lazzerini
via Puccetti, 3 – Prato

Horman Poster presenta:
La Leçon
ideato e messo a punto da Horman Poster
performer Igor de Quadra e Mbaye Sene
regia Matxalen de Pedro / Horman Poster
disegno luci Oscar Grijalba
gestione della produzione Horman Poster
produzione Horman Poster
coprodotto da Eusko Jaurlaritza/Basque Government, muelle3 danza + creación, Centro Cultural Urduliz, BAD festival, Etxepare Insitute
e con il generoso support di Leal Lav/Tenerife, Azkuna Zentroa/Bilbao and Teatro Ensalle/Vigo