Femminielli e topi

Previsto inizialmente per marzo e cancellato causa Covid, arriva adesso al Vascello di Roma il classico Scannasurice di Enzo Moscato reinterpretato da un’ottima Imma Villa.

Il femminiello è una figura tipica del folklore popolare napoletano, un uomo che si veste e si trucca da donna, spesso dedito alla prostituzione. È sulla figura di un femminiello di nome Scannasurice – Scanna-topi in dialetto napoletano – che nel 1982 Enzo Moscato scrisse uno dei suoi primi testi: rinchiuso in un’abitazione squallida dei bassifondi di Napoli, addirittura sotto il livello del suolo, il femminiello Scannasurice, alcolizzato, logorroico e di un’amabilissima volgarità tutta campana, nell’attesa di tornare a battere in strada si confessa al pubblico in un’esplosione di improperi, aneddoti e riflessioni amare sul senso della vita e sul destino dei napoletani.

I due bersagli privilegiati delle sue maledizioni, spesso violente e accesissime, sono da un lato gli studenti, che nelle prime battute del testo accusa di avergli disordinato la camera prima che tornasse, e i topi, con cui convive e lotta in quella stamberga. I topi per lui/lei sono una vera e propria ossessione e lo spettatore non tarda a capire che dietro questa ostentata inimicizia si cela una tragica identificazione: al pari dei topi anche i napoletani sono «troppi, troppi assaje» e troppo ammucchiati nei bassi della città, e al pari dei topi inclini ad accettare la loro inferiorità e sottomissione, a immergersi nel fango senza più schifarlo.

Diventato ormai un classico del teatro napoletano post-Eduardo, Scannasurice è stato riportato in scena, con grande successo, dalla acclamata attrice napoletana Imma Villa, qui diretta da Carlo Cerciello, e da cinque anni questa rivisitazione dello spettacolo di Moscato gira per l’Italia con grande successo. Nell’affidare a una donna il ruolo di un uomo che si veste da donna il duo Villa-Cerciello sfrutta al massimo l’elemento conturbante dell’archetipo e dell’ambiguità sessuale. Imma Villa ha compiuto un imponente lavoro di trasformazione per calarsi nei panni di Scannasurice, fino a renderlo un essere del tutto neutro e sfuggente dal punto di vista dell’identità sessuale, dotato di una fisicità inquietante e decadente a cui fa da contraltare una espressività accentuata dall’abbondante trucco da donna.

Da questo corpo in perenne disfacimento e rinascita si ramifica una lunga serie di racconti e di episodi di vita all’apparenza del tutto slegati dalla quotidianità del femminiello Scannasurice – per esempio, grande spazio viene concesso al racconto di una giovane coppia che ottiene un appartamento enorme per un affitto bassissimo ma che scopre poi un inganno – ma da cui lui non manca di trarre ogni volta una lezione di vita, una massima morale, un senso per la sua esistenza sfuggente. Perenne è la sensazione di un crollo imminente, più volte evocato dalle parole del femminiello e dal disegno audio; ma in qualche modo Scannasurice riesce sempre a mantenersi in piedi e Napoli con lui, per quanto il desiderio di trovare pace nella morte si faccia di battuta in battuta sempre più forte.

Il testo di Moscato aveva una grande cura filologica nei confronti del linguaggio che la regia di Cerciello rispetta mantenendo l’intero monologo in dialetto napoletano; il significato delle singole frasi allora può sfuggire, non tanto per l’uso del dialetto in sé, quanto per la velocità della parlantina del personaggio. In realtà, il monologo di Scannasurice vuole rappresentare, più che descrivere: si sforza di essere un affresco che osserva Napoli dal basso, quasi come da un Antinferno, e il femminiello non manca di accennare a una certa nostalgia dell’Eden, quando gli uomini vivevano fra gli alberi e non avevano ancora il comprendonio. L’androgino del resto non è senza cultura, come ci tiene a rimarcare: e a dimostrazione di ciò attacca un’antica preghiera in latino che fa riferimento alla sibilla.

Forse la forza segreta di Scannasurice, sia del testo di partenza di Moscato sia e ancor di più di questa nuova versione del duo Cerciello-Villa, sta proprio nella dissociazione che ne sta alla base, l’affidare un monologo tragico a un personaggio farsesco. Del resto, le prime testimonianze di teatro nel napoletano risalgono al IV secolo a.C. e si rifacevano al genere burlesco della cosiddetta atellana; da allora il teatro napoletano ha continuato a vivere e a crescere, spesso in maniera autonoma rispetto agli sviluppi del teatro nazionale, muovendosi sempre in un ambiguo equilibrio fra la tragedia e la burla. Scannasurice si colloca fecondamente all’interno di questa millenaria tradizione, e costruisce una drammaturgia classica su un personaggio del tutto fuori dagli schemi.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Vascello
Via Giacinto Carini 78, Roma
dal 20 al 25 ottobre 2020
da martedì a venerdì ore 21, sabato ore 19, domenica ore 17

Elledieffe e Teatro Elicantropo presentano
Scannasurice
di Enzo Moscato
regia Carlo Cerciello
con Imma Villa
scene Roberto Crea
costumi Daniela Ciancio
suono Hubert Westkemper
musiche originali Paolo Coletta
disegno luci Cesare Accetta