All’attimo direi: sei così bello, fermati!

Da Faust, frammenti parte prima a Scene da Faust, da Strehler a Tiezzi – sembra che tutti i registi sentano, a un certo punto della loro carriera professionale, l’esigenza di confrontarsi con il poema di Goethe. Ma i risultati non raggiungono mai le aspettative

Forse è la spasmodica ricerca che ogni artista persegue, quella dell’attimo perfetto, che spinge registi e attori a confrontarsi con il mito del Faust. Forse – come pure nel caso del Paradise Lost – la sfida di trasformare in un linguaggio altro, ossia nel linguaggio del teatro – che è parola ma anche e soprattutto spazio e corpo, carne e sudore – la sublime bellezza dei versi di due poeti (Milton e Goethe) sommi nella loro capacità di sublimare in epica, la lotta e la figura di Satana. Un Satana, però, antesignanamente molto pop, quasi quanto quello di Al Pacino: “Io sto qui col naso ficcato nella terra e ci sto fin dall’inizio dei tempi. Ho coltivato ogni sensazione che l’uomo è stato creato per provare. A me interessava quello che l’uomo desiderava e non l’ho mai giudicato. E sai perché? Perché io non l’ho mai rifiutato, nonostante le sue maledette imperfezioni. Io sono un fanatico dell’uomo, sono un umanista! Sono probabilmente l’ultimo degli umanisti! E chi, sano di mente, potrà mai negare che il XX° secolo è stato interamente mio?”. Ecco, quindi, che nel nostro, come nel precedente secolo, Lucifero non può che imperare sulle assi di un palcoscenico, dietro la macchina da presa o nei versi di una canzone (“Pleased to meet you / Hope you guess my name, oh yeah”*). Può assumere significati astratti, come nell’opera di Jackson Pollock, o sfumature filosofiche di chiara matrice laica – “l’Inferno sono gli altri” di sartriana memoria.

Ma veniamo al Fabbricone di Prato e alla nuova interpretazione del mito. La messinscena si caratterizza per una serie di segni che non riescono a costruire un discorso iconografico e poetico coeso. La scena, candida come una sala operatoria rimanda inevitabilmente all’asettica metropolitana di Matrix Revolution (anche i soprabiti di Faust e Mefistofele contribuiscono a creare l’atmosfera), ma anche alla sala anatomica del recente La signorina Else sempre di Tiezzi. A movimentarla ci pensano gli attori del Teatro Laboratorio che fungono da macchinisti con file di sedie da aeroporto; un esercito delle 12 scimmie (che sono solamente nove) un po’ kubrickiano e un po’ à la gorilla di Latella; e omini in stile Golconda per abbozzare i personaggi che, nella prima parte, dovrebbero descrivere l’ambientazione dell’opera. Oltre all’immancabile multimediale che, qui, si limita a una colonna di fuoco in stile Cecil B. DeMille – poco visibile perché il pannello è posizionato perpendicolarmente all’occhio dello spettatore; e a L’origine du monde di Courbet che campeggia centralmente per alcuni minuti – vulva riccioluta, che è sì rimando colto ma non propriamente contestualizzato.

Su questa sommatoria di segni iconografici e linguistici contrastanti – che non paiono fondersi – si muovono essenzialmente tre personaggi, Faust, Mefistofele (con il volto imbiancato da Joker) e Gretchen, in una serie di monologhi e dialoghi caratterizzati da una recitazione abbastanza enfatica e che finiscono per far procedere l’azione attraverso quella serie di quadri a cui siamo ormai abituati, ma che non assumono maggiore coesione – o coerenza stilistica – per l’inserzione di brevi intermezzi corali. E soprattutto non giustificano la presenza in scena degli attori del Teatro Laboratorio (il più delle volte utilizzati solamente per muovere gli oggetti di scena, come già scritto, e curiosamente rivestiti con tute e maschere che rammentano la fuoriuscita di diossina a Seveso, o qualsiasi altro disastro ambientale. Scelta costumistica che appare alquanto avulsa dal contesto e solamente in contrasto con l’abito nero che indossano i macchinisti nei momenti di buio totale, ossia quando spostano gli elementi del palcoscenico).

Nel complesso uno spettacolo che non aggiunge tasselli di lettura al mito faustiano e, purtroppo, non valorizza il capitale umano presente in scena.

Lo spettacolo continua:
Teatro Fabbricone
via Targetti, 10/12 – Prato
fino a domenica 19 maggio
orari: feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30

Scene da Faust
di Johann Wolfgang Goethe
versione italiana di Fabrizio Sinisi
regia e drammaturgia di Federico Tiezzi
con Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Nicasio Catanese, Valentina Elia, Fonte Fantasia, Marco Foschi, Francesca Gabucci, Ivan Graziano, Leda Kreider, Sandro Lombardi, Luca Tanganelli e Lorenzo Terenzi
scene e costumi di Gregorio Zurla
luci di Gianni Pollini
regista assistente Giovanni Scandella
coreografo Thierry Thieû Niang
canto Francesca Della Monica
produzione Teatro Metastasio di Prato, Compagnia Lombardi-Tiezzi
in collaborazione con Fondazione Sistema Toscana/Manifatture Digitali Cinema Prato
e Teatro Laboratorio della Toscana/Associazione Teatrale Pistoiese
(prima assoluta)

* Sympathy for the Devil di Mick Jagger e Keith Richards