Archi e piano, voci dell’anima

La Stagione Musicale 2015-2016 dei Concerti all’Aula Magna della Sapienza ha regalato al pubblico una splendida serata all’insegna del romanticismo tedesco, grazie soprattutto alla bravura degli interpreti.

Quando ci si riferisce alla musica romantica, tra i nomi che vengono subito in mente c’è quello di Robert Schumann; la sua produzione, specie quella pianistica e quella sinfonica, è una manifestazione esemplare dell’espressione malinconica e struggente del soggetto romantico, del suo rapporto inconciliato col mondo e con la società e della sua attrazione poetica e struggente per la natura. Schumann si è conquistato questo “titolo” di artista romantico per eccellenza grazie a una rivoluzione nelle soluzioni ritmiche e armoniche, soprattutto per quanto riguarda l’uso del piano, rivoluzione che prosegue e amplifica le ricerche artistiche di Beethoven.

Una cosa che non si dice spesso, però, è che tra le opere per piano e le sinfonie, le prime realizzate nel corso del decennio pianistico degli anni ’30 dell’Ottocento, le seconde nel corso degli anni ’40, il genio tedesco realizzò delle opere da camera, tipologia di composizione per la quale aveva dimostrato un certo interesse fin dagli inizi; anche nella sua musica da camera, Schumann riversa lo spirito romantico, ed è soprattutto nel Quartetto, nei Quintetti e nel Trio che la tecnica del contrappunto raggiunge la sua espressione più tenace e potente, facendosi lo strumento più adeguato per dare forma a quello spirito travagliato.

L’anno cruciale per comprendere l’importanza della musica da camera nella produzione di Schumann è il 1842 e proprio Schumann 1842 è stato intitolato il concerto che l’Istituzione Universitaria dei Concerti ha organizzato presso l’Aula Magna dell’Università Sapienza di Roma Martedì 22 marzo 2015; in programma, il Quartetto per archi in la maggiore, op. 41, e il Quintetto per piano e archi in mi bemolle maggiore op. 44. Entrambe le opere riflettono le dimensioni tipiche della musica romantica: la sofferenza nostalgica ma anche l’energia titanica, che si esprime nelle partiture ritmiche e nei finali aggressivi di queste opere. Specie nel Quintetto, gli archi dialogano continuamente tra loro, per poi confrontarsi con la partitura del piano, senza lasciare un attimo di respiro, passandosi continuamente la battuta. Questo contrappunto fulminante e continuo cosa è se non l’espressione simbolica del tormento del soggetto moderno, incapace di acquietarsi?

Durante l’esecuzione magistrale sembra che di questo ne siano ben coscienti gli ottimi musicisti protagonisti della serata: da un lato il Quartetto Modigliani, attivo dal 2013, composto da giovani professionisti ormai conosciuti a livello mondiale. La loro passione è lampante, così come l’intesa che emerge dai gesti, dalle occhiate, dai piccoli elementi che testimoniano di un affiatamento che sa di amicizia. Così è anche per il rapporto che il quartetto ha con l’ottima Beatrice Rana, pianista giovanissima classe 1993, che in poco più di vent’anni ha già girato mezzo mondo ed è stata ospitata da alcune delle più importanti orchestre ed ensemble.

La passione di questo gruppo di giovani non sacrifica mai la precisione dell’esecuzione, neanche quando sembra che lo spirito di Schumann possa avere il sopravvento: la loro concentrazione è pari solo al mirabile risultato finale, di una compostezza e di un’organicità che sono il tratto distintivo di queste produzioni schumanniane, come se il maestro tedesco avesse voluto imprimere il sigillo della coerenza per dare unità e senso allo sfogo romantico della propria anima.

Lo spettacolo è andato in scena:
Aula Magna Università Sapienza di Roma
P.le Aldo Moro, 5 – Roma
martedì 22 marzo, ore 20.30

Istituzione Universitaria Concerti presenta
Schumann 1842
Quartetto per archi in la maggiore op. 41 n. 3 di Roberto Schumann
Quintetto per pianoforte e archi in mi bemolle maggiore op. 44 di Roberto Schumann
pianoforte Beatrice Rana
e col Quartetto Modigliani (Philippe Bernhard, Loic Rio, Laurent Marfaing, Francois Kieffer)