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Mercoledì 20 dicembre 2017 alle ore 21.00 presso il prestigioso Teatro Franco Parenti di Milano debutterà, con la mediapartnership di Persinsala, lo spettacolo teatrale Lottatori – Sguardi Sollevano Vento, progetto d’arte sociale ideato e diretto da Sebastiano Filocamo per la Stravaganza ONLUS, Associazione di Volontariato che si occupa di sviluppare e diffondere i valori della solidarietà e dell’integrazione sociale, promuovendo attività legate all’ambito teatrale e aperte al disagio socio-culturale, psichico e psico-fisico.

Il progetto triennale portato avanti da La Stravaganza Onlus che ha dato vita allo spettacolo Lottatori – Sguardi Sollevano Vento ruota attorno ad una precisa visione dell’arte come strumento di denuncia sociale e di recupero educativo. In che misura la “finzione reale” che è il teatro deve compiacere esteticamente il pubblico e in che misura invece lo deve cogliere di sorpresa, mettere in crisi, “disturbare”?
Sebastiano Filocamo: «Quando i miei performer devono raccontare con gesti o con il corpo un sentimento, una denuncia o una storia diventano teatrali proprio perché sono guardati da altri, ma loro riescono a rompere la quarta parete e a far arrivare al pubblico la loro vera emozione, mettendolo in crisi. Spesso capita che gli spettatori non reiscano più a distinguere chi è il sano e chi il diverso. Ad esempio, quel ragazzo sta sulla carrozzina perché è la sua condizione o perché recita? All’inizio, tutto ciò disturba, poi si viene travolti dalle storie e ti resta dentro solo il colore dell’emozione che ti ha attraversato.
Il compiacimento visivo è frutto di una regia molto dettagliata e approfondita. Mai solo visiva, ma finalizzata a raccontare un determinato pensiero, ricordo, denuncia, in maniera trasversale al lavoro che avviene sul palco. Vorrei che ci si sentisse come racchiusi nel bozzolo di una poesia che lotta per uscire, farsi capire ed accettare. Nessuna compassione o forma di arruffianamento, è da sempre una mia regola. Mai ridicolizzare ma mostrare quanto impegno ci vuole ad abbattere gli ostacoli, come fanno gli atleti. Questo destabilizza il pubblico che – quando si parla di persone con disagio – pensa sempre alla recita scolastica o al saggio di fine anno».

I performer hanno costituito un gruppo di lavoro e hanno affrontato numerose tematiche, quali il femminicidio, l’omofobia, l’immigrazione, gli abusi di potere, la cirtica alla società consumistica. Il gruppo, inoltre, è decisamente variegato e composito: disabili psichici e fisici, volontari ed educatori e due attori professionisti. Qual è il filo conduttore dello spettacolo e quale contributo specifico hanno saputo apportare gli attori non professionisti?
S.F.: «Il filo conduttore è lo sguardo, quello che oramai non ci concediamo più. Sembriamo programmati per stare chini sui nostri social e abbiamo scordato di guardarci, di sentire l’adrenalina quando due mani si sfiorano. Abbiamo iniziato a lavorare sugli sguardi tre anni fa e, via via, attraverso gli altri sensi, ci siamo accostati a delle storie lette o accadute ai componenti del gruppo, cercando di osservarle come esseri umani, nella loro essenza, senza alcuna distinzione di colore o sesso o religione. Il nostro è un momento storico in cui diamo spazio solo alla nostra parte più bestiale e non a quella umana. Lo spettacolo vuole essere lo sguardo altro, che mette in gioco diversi punti di vista, dell’io, del pianeta, delle assenze: uno sguardo altro che è anche uno sguardo oltre. Uno sguardo che denuncia poeticamente. Una denuncia diversa».

In questo spettacolo, la parola si fa gesto del corpo e il teatro danza. Tre grandi poeti italiani, Vivian Lamarque, Franco Arminio e il friulano Pier Luigi Cappello, di recente scomparso, hanno ispirato la sua drammaturgia. Un progetto di denuncia sociale e civile, come è quello messo in scena, in che modo può conciliarsi con la ricerca di una parola poetica, essenziale, inevitabilmente rivolta a pochi?
S.F.: «La poesia è qualcosa di ancestrale che ci capita spesso di ascoltare ma che non riusciamo a riconoscere. Appare come un linguaggio arcaico, pieno di enfasi, perché ce lo hanno presentato sempre come qualcosa per addetti ai lavori, cui potevano avere accesso solo raffinati intellettuali. In questo modo, la poesia è stata allontanata da noi, perché scatena impulsi non declinabili. Io ho cercato poeti contemporanei che raccontassero brevemente una storia, un sentimento, uno schiaffo, un addio, una paura. Ho chiesto ai miei amici attori di interpretarla, scavando dentro di sé per dare voce a quella breve storia, attingendo alla semplicità con cui la poesia vera riesce a toccare l’anima.
Nello spettacolo c’è anche una canzone di Franco Battiato, arrangiata per lo spettacolo da Giordano Colombo e Andrea Torresani e cantata in modo struggente da Rossana Casale. Una canzone che è poesia in musica e che è stata ascoltata da milioni di persone. Questo significa che la poesia può arrivare a tutti, se lo scopo è andare oltre, insieme. Una vibrazione invisibile che ti attraversa. La musica è un altro elemento portante dello spettacolo».

Cosa significa, oggi, essere “lottatori”? E soprattutto chi sono, oggi, i soggetti ancora in grado di resistere ad un sistema di pensiero unidimensionale e sempre più inglobante?
S.F.: «Lottatori è da intendere come un germoglio che diventa pianta, che diventa quercia. Qualcosa di naturale, di cui più che mai abbiamo bisogno. Certo lottare per avere più uguaglianza, ma soprattutto per difendere il nostro primo diritto che è verso noi stessi. A volte ci sentiamo superiori agli altri per futili motivi, ci dimentichiamo il passato, crediamo che il progresso sia sempre verso il meglio, ma non è così. Lottare per riprendersi i propri tempi, spazi, vuoti, e non correre affannosamente senza capire dove andiamo, come se fossimo delle foto sfocate o scattate male. I lottatori sono le persone che amano gli altri, dedicano tempo a chi soffre, riescono a non essere omologati. Lottatori siamo noi tra l’ultima parola detta e la nuova da dire, per usare le parole di Pierluigi Cappello».

Lottatori – Sguardi Sollevano Vento sembra essere la continuazione ideale del precedente spettacolo Ostinati e contrari. Le profezie delle onde, che ha riscosso un notevole successo di pubblico e di critica. Entrambi all’insegna dell’integrazione tra diversi modi di essere uomo (disabili, immigrati, volontari, attori) e tra diverse forme di espressione artistica (parola, musica, canto, gesto, immagine). Da una parte, le onde; dall’altra, il vento. Per lei, gli elementi dell’acqua e dell’aria di che cosa sono metafora? Del continuo movimento, della vitalità dell’essere,…
S.F.: «Si tratta in qualche modo di una continuazione, ma va molto più avanti. Questa volta, un’ora e sette minuti di spettacolo, senza sosta, è retto solo dall’ensemble affiancato da Corinna Augustoni e Niccoló Agliardi. Sono soli in scena e sono dei grandi professionisti, credetemi.
L’obiettivo del laboratorio era quello di scavalcare un proprio limite, mentale e fisico. Lo spettacolo vuole essere la palese dimostrazione del loro lavoro terapeutico ed emozionale.
Perché questi elementi: acqua e vento? Il corpo umano è fatto per circa il 70% di acqua. L’acqua è un elemento naturale, che può fare bene, ma anche molto male ed è il simbolo della vita. Così il vento, che è aria: la prima cosa che facciamo quando veniamo al mondo è respirare fino a quando non lo facciamo più e si conclude un ciclo vitale. Il respiro, il fiato, la vita sono qualcosa di cui non ci accorgiamo e che tendiamo a dare per scontato. Bisogna invece essere rispettosi verso la natura e ricordarci che noi siamo parte di essa (sebbene, forse, la componente più malvagia…).
Sollevare vento non va inteso solo come denuncia o lotta, ma va inserito all’interno del senso complessivo dello spettacolo: cambiare aria, ritmo del respiro. Ogni essere umano respira e ha bisogno d’acqua, è qualcosa che ci unisce tutti, senza differenze. Uniti, come diceva Gaber, si può cambiare il mondo».

Quando io sto di fronte a un uomo come al mio Tu, e gli dico la parola-base-Io-Tu, egli non è una cosa fra le cose e non è fatto di cose. Egli non è Lui o Lei, limitato da altri Lui o Lei, un punto inserito nella rete spaziale e temporale del mondo; e neppure una natura sperimentabile e descrivibile, un fascio malfermo di qualità nominate. Ma, senza limiti con alcuno e tutto in sé, egli è Tu e riempie la volta del cielo. Non già che null’altro esista eccetto lui; ma tutto il resto vive nella sua luce.
M. Buber, L’Io e il Tu

Teatro Franco Parenti
Via Pier Lombardo, 14 Milano
mercoledì 20 dicembre 2017

La Stravaganza Onlus andrà in scena con
Lottatori – Sguardi Sollevano Vento
tratta da poesie di Pier luigi Cappello e Vivian Lamarque
musiche e sonora originale Giordano Colombo e Andrea Torresani
voci Federica Fracassi insieme a tre voci di veri profughi
e Mira Awad, Rossana Casale, Paola Iezzi, Elio De Capitani, Elisabetta Pozzi, Laura Marinoni, Ferdinando Bruni, Paolo Sassanelli, Mercedes Martini
attori in scena Niccolò Agliardi e Corinna Agustoni
ideazione e coordinamento Sebastiano Filocamo
ulteriori informazioni www.lastravaganza.it
mediapartnership Persinsala