La vorticosa mitosi del senso

Al Teatro Eliseo, Gabriele Lavia porta il dramma “abissale” di Luigi Pirandello, col suo carico vertiginoso di questioni irrisolvibili.

Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello è un abisso di senso, un vortice nel quale immergersi, dove i piani interpretativi si inseguono lasciando senza fiato lo spettatore; non è solo metateatro, ma un infinito gioco di specchi dove il teatro insegue la vita e quest’ultima come in circolo insegue il primo, fino a mettere in evidenza come nulla sia più reale della finzione.
Proprio per queste ragioni, i sei personaggi segnano un’esperienza limite tanto per chi ne usufruisce, ma sicuramente per chi lo interpreta, per non parlare di chi lo ha scritto. Era lo stesso Pirandello a definirlo uno degli spettacoli più difficili che avesse realizzato per l’imponente coinvolgimento di attori e, soprattutto, per la complessità filosofica e la finezza concettuale che sostengono l’intero dramma. Non è un caso che Pirandello, dopo la prima del 1921 (una prima scandalosa, dove in molti si misero a gridare “Manicomio!”) abbia ritoccato il testo nel 1925, come se avesse intuito lui stesso come quella creatura fosse talmente profonda, talmente audace, talmente potente da essere cosa viva, materia impossibile da acquietare. Questo deve aver provato Pirandello dopo la prima al Teatro Valle, sottolineando un legame profondo tra questo spettacolo e la scena romana, ed era inevitabile che lo spettacolo portato in scena e interpretato da Gabriele Lavia, ormai da qualche anno in giro per l’Italia, approdasse proprio nella capitale, nello specifico al Teatro Eliseo.
E qui le contorsioni di significato si moltiplicano, il nastro di Moebius compie ulteriori giravolte fino a rasentare il delirio (“Manicomio!”); perché come abbiamo detto Sei personaggi in cerca d’autore lacera mente e anima, più che allo spettatore all’autore, ma chi è l’autore? Lo spettacolo pone questo quesito, di una modernità disarmante, come un’invocazione che resta senza risposta: l’autore è Pirandello? O Lavia nelle vesti di regista? O forse Lavia nelle vesti di attore? O forse sono i personaggi a vivere di vita propria, perché in fondo l’uomo non è che un’astuzia per la creazione della natura, etc? La differenza tra autore e regista, ma anche tra personaggio e interprete, rappresenta il quadro all’interno del quale si sviluppa l’immaginario del capolavoro pirandelliano, che però sarebbe poca cosa se si fermasse qui.
Questo dubbio infatti si traduce in tutti i grandi interrogativi della filosofia e dell’arte: il rapporto tra finzione e realtà, tra vita e morte, l’identità soggettiva e il mistero dell’altro, e poi il senso morale, il libero arbitrio, l’esistenza di una coscienza superiore.
Lavia è stato straordinario a cogliere quest’essenza abissale del dramma, ed è stato straordinario a restituirne non tanto la compattezza (perché l’abisso non è mai “compatto”) quanto la vacuità, la dimensione eternamente “cangiante”; come in una mitosi, assistiamo a un processo inarrestabile di creazione di livelli di senso che si evolvono, o che cozzano tra loro, che si complicano ulteriormente, anche oltre Pirandello, o forse sarebbe meglio dire che Pirandello stesso sapeva bene di non poter padroneggiare in maniera assoluta questa lava viva e incandescente.

E allora il metateatro si triplica, si quadruplica, dal momento che Lavia fa ascoltare le note di regia scritte dallo stesso Pirandello, e il suo ego da interprete non è affatto schiacciante o soffocante perché Lavia sta interpretando l’attore, nonché il personaggio, nonché il regista; recitare chi recita è una delle sfide più ardue per un attore, e tutto il cast risponde benissimo all’appello, perché là dove l’interpretazione appare eccessiva o patetica, questa sensazione viene mitigata dal filtro metascenico del raddoppiamento. Il disegno luci è calibratissimo, affatto casuale ma sempre ben ponderato, colori acidi si accostano stridendo col bianco e nero “inizio secolo”; e poi ci sarebbero un’immensità di ulteriori considerazioni, come il rapporto con la tradizione, l’Edipo, la psicoanalisi, il rapporto tra commedia e tragedia, ma la vertigine dei sei personaggi non è traducibile nella parola scritta, dal momento stesso che la sua grandezza è la stessa impossibilità di contenere e possedere un senso definitivo. Questo Lavia lo ha capito meglio di tanti altri, e il suo fantasma sul palco è come se ce lo ripetesse a ogni istante durante lo spettacolo.

Lo spettacolo continua:
Teatro Eliseo
via Nazionale, 183 – Roma
fino al 24 gennaio
martedì, giovedì, venerdì, sabato ore 20.00
mercoledì e domenica ore 16.00

Fondazione Teatro Toscana presenta
Sei personaggi in cerca d’autore
di Luigi Pirandello
regia Gabriele Lavia
con Gabriele Lavia
e con Massimiliano Aceti, Letizia Arnò, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Silvia Biancalana, Maria Laura Caselli, Michele Demaria, Federica Di Martino, Giulia Gallone, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Luca Mascolo, Mario Pietramala, Marta Pizzigallo, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Alessio Sardelli, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
registi assistenti Giacomo Bisordi, Chiara Macinai