New connections in theatre: The English space and the Italian writer

teatro-i-milanoIl teatro i di Milano ospita un nuovo progetto, Short Latitudes, che tesse un fil rouge tra scrittura drammaturgica inglese e giovani drammaturghi italiani.

Non è un caso che, vista la dinamicità del teatro pugliese contemporaneo, il progetto Short Latitudes abbia raccolto i primi consensi, in Italia, presso i drammaturghi pugliesi – ai quali hanno fatto seguito alcuni colleghi lombardi, che hanno aderito con entusiasmo a questa iniziativa volta a creare uno spazio di confronto e riflessione con esponenti della drammaturgia inglese.

Il progetto è stato sponsorizzato da importanti istituzioni culturali, quali il British Council, la Fondazione Cariplo e l’Associazione Etre, e ha avuto il sostegno del Birmingham Repertory Theatre – che è altresì partner ufficiale del progetto. Grazie al loro sostegno è stato possibile svolgere un percorso, non solo di scambio culturale ma anche didattico, che si è esperito in un interessante workshop di scrittura drammaturgica. I drammaturghi Italiani che vi hanno partecipato sono stati guidati da Caroline Jester- collaboratrice del Birmingham Repertory Theatre e dramaturg dello stesso – e da Steve Waters – uno tra i drammaturghi di punta contemporanei inglesi.

Il fine del programma era quello di riuscire a ideare delle short stories, di 20 minuti ciascuna, facendo riferimento a un tipo di scrittura drammaturgica, British style: raccontando il presente attraverso la descrizione della comunità, dei rapporti tra i cittadini e il luogo in cui vivono, ed effettuando una profonda analisi psicologica. Va precisato che il luogo – nella drammaturgia inglese – ha un ruolo molto importante e serve per inquadrare meglio i personaggi. Utilizzando questo metodo, si arricchiscono le fonti del processo creativo e le modalità del comporre testi tipicamente italiani. In realtà, poi, durante il workshop, si è deciso di dare più spazio alla creatività, all’analisi e alla sperimentazione, togliendo il limite dei 20 minuti di durata di ogni performance.

Dopo due mesi di duro lavoro – per alcuni in gruppo, per altri solitario – i giovani drammaturghi hanno “partorito” cinque short stories ambientate in due zone di Milano tra le più complesse e, per questo, interessanti: via Padova – esempio di multiculturalità – e il Giambellino – quartiere storico e popolare par excellence.

In base alle direttive dei tutor, Diego Runko ha scelto come luogo in cui ambientare la sua pièce, La fine del mondo, dopo aver visto un documentario sul Giambellino. Mentre gli altri partecipanti, divisi in quattro gruppi, si sono mossi sulla base di un fatto di attualità – l’omicidio di un ragazzo egiziano in via Padova – che ha avuto un’eco nazionale e un “riscontro globale”, ossia scontri tra culture differenti diventati così violenti da coinvolgere le famiglie dei ragazzi protagonisti dell’accaduto, la comunità locale, ambasciatori e Capi di governo.

L’ultimo step è stato quello denominato: restituzione alla città. I drammaturghi hanno presentato i lavori a un pubblico disposto a fornire un feedback puntuale, volto a migliorare le pièce. I riscontri degli spettatori sono stati vari e costruttivi: i giovani drammaturghi hanno infatti ancora molto da apprendere a livello di mestiere, e i testi potranno solo migliorare – dato il talento dei ragazzi che hanno partecipato al workshop.

Senza togliere alcun merito agli altri lavori, obiettivamente, Via Padova 80 e Il cielo è sempre più bianco – forse anche per la presenza di Roberto Rustioni e di Tommaso Urselli – sono risultate, forse, le short stories che – attraverso una struttura corale e l’utilizzo di un linguaggio misto: italiano e spagnolo – sono riuscite meglio a descrivere l’aria pesante e l’atmosfera caotica che si respirano nelle zone multiculturali milanesi, descritte dagli Ambasciatori come: «Un posto allucinante… periferia… tutti stranieri» e dai cosiddetti extracomunitari: «¿Què te puedo decir? Para mí, todo me deja de pedra»: perché stanchi di tutta questa rabbia, questa lotta continua, mentre vorrebbero andarsene in giro senza essere guardati come mosche bianche, desiderando solo di poter “respirare”. Per quanto riguarda la polizia, il ritratto è stato impietoso: invece di risolvere i delitti, avrebbe servito il solito minestrone bipartisan balbettando: «Se trovi qualcosa… per caso… bene. Altrimenti non fare niente». Infine, i cittadini italiani sono risultati divisi tra chi afferma: “Sembrano loro i padroni, certa gente capisce solo i calci in culo» e chi vorrebbe trovare una soluzione andando alla radice del problema, tenendo conto che anche noi, a nostra volta, siamo stati – e siamo, viste le cifre dei laureati che ogni anno lasciano il Belpaese – migranti.

Un bellissimo progetto, quello di Short Latitudes, che merita un futuro per forgiare nuovi drammaturghi in grado di descrivere una comunità in continua mutazione e sempre più complessa.

Short Latitudes è andato in scena:
Teatro i
via Gaudezio Ferrari, 11 – Milano
mercoledì 19 marzo

La fine del mondo
di Diego Runko

Il cielo è sempre più bianco
di Silvia Baldini e Tommaso Urselli

Via Padova 80
di Chiara Boscaro, Carolina della Calle Casanova, Marco Di Stefano, Valeria Nucera e Roberto Rustioni

Italo Egizio
di Claudia Bucur

Vie di Fuga
di Annagaia Marchioro e Valentina Scuderi