Potere, famiglie e amori nella Genova marinara

opera-lyon-2014È toccato al Simon Boccanegra di Verdi chiudere la stagione operistica dell’Opéra di Lione. Una nuova produzione che ha contrapposto scenografie rudi e d’ispirazione fanciullesca con una composizione musicale classica. Ma questa innovativa messa in scena non è riuscita a svecchiare la scrittura di un’opera oramai datata.

Come ha ben descritto la filosofa e scrittrice francese Catherine Clément, nella storia del Simon Boccanegra si incrociano tre storie. La prima è quella politica, nella quale un semplice corsaro plebeo, che si è fatto un nome rendendo grandi servigi alla propria città di Genova, viene nominato a furor di popolo come primo doge della città. All’interno della guerra tra guelfi e ghibellini, l’elezione di Boccanegra appare subito come un fatto innovativo (anche storicamente: nel 1339 con la nomina del vero Simone Boccanegra inizia il periodo dei “dogi perpetui”), capace di aprire nuovi scenari politici. La seconda storia è quella familiare. Simon, prima dell’incarico politico, ebbe una figlia con una patrizia, Maria, figlia dell’avversario politico Jacopo Fiesco, ma le cui tracce vanno perse per venticinque anni. E l’incontro con la figlia, che porta segretamente il nome della madre ma che per lunghi anni si celerà sotto il nome di Amelia Grimaldi, indirizzerà l’opera verso una deviazione drammaturgica tale da far esplodere una guerra interna al potere. L’ultima storia è quella d’amore. La figlia Amelia/Maria ama un giovane plebeo, Gabriele Adorno, inizialmente oppositore del doge. Il terribile Paolo Albiani, colui che fece eleggere doge Simon e che trama in seguito una congiura per ucciderlo, pretende la mano della giovane e ordisce un rapimento che non andrà a buon fine. Sarà questa terza storia a minare la salute e il potere di Simon, portandolo alla morte provocata dall’avvelenamento e al passaggio di consegne con l’antico nemico Adorno. Possiamo affermare che è, in effetti, questa storia, più che quella politica e familiare, a portare Simon alla morte ma, nonostante questo finale tragico, è l’amore a trionfare sull’odio poiché le tensioni tra guelfi e ghibellini e tra nobili e patrizi si esauriscono con la morte del doge e con l’elezione, approvata dallo stesso Boccanegra in punto di morte, del plebeo Gabriele Adorno e con il matrimonio tra lo stesso e la figlia del Boccanegra, Amelia.

Il racconto della vicenda di Simon Boccanegra si inserisce perfettamente nello spirito risorgimentale e di pacificazione nazionale alle quali tendeva il genio di Busseto. L’opera, su libretto di Francesco Maria Piave e ispirata dall’omonimo dramma di Antonio García Gutiérrez, fu rappresentata per la prima volta il 12 marzo 1857 alla Fenice e fu un chiaro insuccesso. Cadde nel dimenticatoio fino a quando, nel 1880, Giulio Ricordi propose a Verdi di rimetterci mano. Grazie alla riscrittura del fido Arrigo Boito, l’opera fu infine rappresentata il 24 marzo dell’anno successivo, alla Scala di Milano, riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica.

La produzione lionese, sotto la regia di David Boesch, ha cercato di rispolverare quest’opera, immergendola in un’atmosfera cupa, dove il disegno infantile più innocente incontra la lezione di Tim Burton. Uno stacco importante che mostra la genialità del regista tedesco e che accompagna l’atmosfera crepuscolare che Verdi diede all’opera. L’energica direzione di Daniele Rustioni è risultata perfetta e di grande impatto, costituendo la struttura importante intorno alla quale tutti i personaggi hanno agito.

Il Simon Boccanegra vive di dualismi che si mantengono anche nella volontà finale di fusione. I toni cupi della parte vocale sono ben identificati dalla presenza dei bassi e dei baritoni che mostrano un carattere terreo, fisico e che si contrappongono alla parte ariosa, angelica di Maria, la compagna di Boccanegra che compare silenziosa e volatile nel prologo e al termine della rappresentazione. Una scelta nominalistica non casuale e che fa immediato riferimento alla Vergine e alla purezza salvifica che insiste sullo sfondo di un’Italia fratricida. Maria è la speranza, la finalità a cui tendere, la presenza che può permettere la pacificazione di una nazione che fatica a trovare l’unità. Il Simon Boccanegra è una delle ultime prove che Giuseppe Verdi intraprese per donare all’Italia una coscienza musicale. Nonostante una scrittura datata, l’apporto alla causa fu di rilevante impatto e la nuova produzione dell’Opéra di Lione rende merito a questo sforzo.

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foto © Stofleth

La saison de l’Opéra de Lyon s’achève avec la représentation de Simon Boccanegra de Giuseppe Verdi. Dans l’expérimentale mise en scène de David Boesch et sous la direction musicale de Daniele Rustioni, l’œuvre du génie de Busseto a reproposé l’infinie guerre fratricide présente dans toutes les villes italiennes et qui a dû mal pour s’éteindre même après l’unification. Un opéra crépusculaire qui nous livre un message final d’amour.

Lo spettacolo è andato in scena:
Opéra de Lyon
1, Place de la Comédie – Lione (Francia)
dal 7 al 22 giugno 2014, ore 20.30
sabato 7, mercoledì 11, venerdì 13 e martedì 17 giugno ore 20.00; lunedì 9, domenica 15 e 22 giugno ore 16.00

L’Opéra de Lyon presenta
Simon Boccanegra
opera in tre atti con prologo, 1881
di Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave, Arrigo Boito
direzione musicale Daniele Rustioni
regia David Boesch
scenario Patrick Bannwart
costumi Falko Herold
luci Michael Bauer
video Patrick Bannwart et Falko Herold
direttore dei cori Alan Woodbridge
con:
Andrzej Dobber – Baritono (Simon Boccanegra)
Ermonela Jaho – Soprano (Amelia Grimaldi/Maria Boccanegra)
Riccardo Zanellato – Basso (Jacopo Fiesco/Andrea)
Pavel Cernoch – Tenore (Gabriele Adorno)
Ashley Holland – Baritono (Paolo Albiani)
Lukas Jakobski – Basso (Pietro)
Orchestra e cori dell’Opéra de Lyon
http://opera-lyon.com/