L’uomo e il suo destino, il teatro degli Anagoor

Alle origini del gruppo veneto. Alle origini dell’uomo e del pensiero su se stesso.

I banchi e le sedie di un’aula di scuola, sul palco, accese le luci di sala. In platea, intanto, prendono posto. Disposti in file, come in classe, i banchi. Vuoti. Nessun sipario – sguardi su ciò che è vero – nessuna quinta, la struttura dello spazio scenico del Teatro degli Animosi di Carrara completamente svelata. Anche un termosifone in fondo a sinistra di un fondale inesistente. Anche gli attrezzi (o qualche pezzo di scenografia, di elemento meccanico) messi a ripostiglio, in un angolo, coperti malamente da una tenda usurata. Una trentina di par a dare luce. In pioggia. Luce fredda. Cruda. Ghiaccio e brillantezza. Postazioni microfonate, uno schermo per videoproiezioni.
E l’attore, Marco Menegoni. A portare verità in un luogo di finzione. Entrando avverte gli occhi del pubblico. Ne risente. Le espressioni non lo nascondono. Nonostante il tentativo di controllarle. Un altro svelamento. Lo stupore dello spettacolo dal vivo: la relazione reciproca (chi guarda-chi agisce) a creare l’evento, il phenomenon, l’accaduto, le coup.
Un professore. Di filosofia. In un istituto superiore. Racconta di sé. Della sua idea di cultura, della sua vita, delle sue viltà. E sulla scena i suoi allievi in figure e meccaniche, costruzioni immaginifiche, segni e significanti. La visione a dare corpo alla parola, evitando didascalie. L’ethos espresso, invisibilmente, nell’armonia e nella compiutezza dell’amalgama. Come in una scuola misterica greca, o nelle comunità di Gurdjeff, il senso delle cose svelato per movimenti istintivi e intellettuali, prodotto dall’elaborazione spirituale sull’oggetto. La riflessione materializzata.
In video proiezione il livello (a)temporale del passato. E della restituzione di immagini d’esterno. Attori in maschera e scene, dove divaricati sono i segni convenzionali a caratterizzare personaggi e dramma. Corpo mediatico ad uso di speculazione spettacolare ed elemento persuasivo/significativo.
La realtà a teatro è espansa nell’emancipazione dei taciuti, delle interiorità, del senso. Di cui il segno grafico, plastico, si distingue nettamente per costruzioni audiovisive, per segnalazioni. Lo spettatore è interpellato e suggerito, non lasciato passivo a consumare. Trasparenze e nascondimenti, chiarezza e mistero: una seduzione verticale e un senso di agio avvertito, costante.
C’è di mezzo l’educazione, la pedagogia, allevare spiriti, menti, nella contenutistica dell’opera. Socrate, e la sua scuola, la sua ribellione al sofismo, all’allineato, all’indotto. Sovrapposizione all’attuale, efficacia politica del teatro non borghese, antitetico al presente svelto e d’aggregazione supina al propagandismo virtuale di uno o di pochi. Un ritorno, delicatamente invogliato, all’insegnamento, all’apprendere, all’oralità. All’esperienza per contatto, per tras-missione. Socrate è pianto. Socrate sopravvive.
E ritornando alla scena, al plot narrativo persuasivo e adattabile a ogni tipo di fruizione (l’intelligenza performativa degli Anagoor eccelle): il finale dirotta in un colpo di scena dall’efficacia originaria, primitiva, potente. La furia. La cecità. Ma anche il necessario violentare forme di sopraffazione dall’alto, imposte. L’errante, filosofico – originato probabilmente dall’ermeneutica al pensiero socratico – emarginato da una società che esclude il non conforme, e la sua revenge carica di doppio senso.
Uno spettacolo superbo.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Animosi
piazza Battisti, 1 – Carrara
sabato 8 febbraio 2020, ore 21.00

Socrate il sopravvissuto
come le foglie
di Simone Derai e Patrizia Vercesi
regia Simone Derai
dal romanzo Il Sopravvissuto di Antonio Scurati
con innesti liberamente ispirati a Platone e a Cees Nooteboom
con Marco Menegoni, Iohanna Benvegna, Marco Ciccullo, Matteo D’Amore, Piero Ramella, Francesca Scapinello, Margherita Sartor, Massimo Simonetto e Mariagioia Ubaldi
maschere Silvia Bragagnolo e Simone Derai
costumi Serena Bussolaro e Simone Derai
musiche e sound design Mauro Martinuz
video Simone Derai e Giulio Favotto
con Domenico Santonicola (Socrate), Piero Ramella (Alcibiade), Francesco Berton, Marco Ciccullo, Saikou Fofana, Giovanni Genovese, Elvis Ljede, Jacopo Molinari, Piermaria Muraro, Massimo Simonetto
riprese aeree Tommy Ilai e Camilla Marcon
concept ed editing Simone Derai e Giulio Favotto
direzione della fotografia e post produzione Giulio Favotto / Otium
regia Simone Derai
produzione Anagoor 
co-produzione Festival delle Colline Torinesi e Centrale Fies

Ph: Giulio Favotto