Eterno secondo

Sul palco del Teatro Duse, Patrizio Cossa si mette a nudo in un atto unico per voce sola (che più sola di così non si può).

Cosa si nasconde dietro la solitudine di un uomo? Cosa lo spinge a circondarsi di niente, a negarsi agli altri, a chiudersi oltre lo specchio dell’esistenza per non incontrare neanche il riflesso di se stesso?

Ci si chiede questo, dalla platea, osservando Patrizio Cossa muoversi sul palcoscenico, mentre si racconta senza veli. Dalle sue parole emerge una risposta che sembra giustificare perentoriamente l’isolamento in cui si confina: non ci si può fidare degli altri. Lasciare il proprio lavoro nelle loro mani, accettare un aiuto, un consiglio, delegare addirittura, è semplicemente una follia. La delusione arriverà di lì a poco, perciò meglio evitare.

Dice questo rivolgendosi a un immaginario psicanalista, che lo incalza con domande sulla sua famiglia alle quali rifiuta ostinatamente di rispondere, divagando su argomenti di ogni sorta per convalidare la sua tesi.

Lo spettacolo prende corpo così, in un flusso continuo di associazioni e immagini che il pubblico segue divertito. Perché la bellezza di Soffro di solitudine sta proprio nell’affrontare un tema importante con fare scanzonato. L’approccio comico rende comprensibile e condivisibile un dramma terribilmente autoriferito e intimo, traslando in una dimensione collettiva lo schema personale di un solo individuo.

Gradualmente il protagonista ricostruisce il percorso che lo ha condotto in esilio da se stesso: dall’infanzia all’età adulta, il filo rosso della sua esistenza è stata il confino nelle retrovie, in una posizione di eterno secondo destinatagli per nascita – Patrizio è il minore di due figli – e poi scelta volontariamente come nascondiglio per difendersi da violenze troppo vicine.

Come il secondo uomo sceso sulla luna, dimenticato dalla Storia perché nascosto all’ombra di Armstrong, Patrizio prende atto di essere a un passo dalla sua, di storia. Spetta a lui attraversare quella distanza millimetrica e consegnarsi definitivamente alla prima fila.

Geniale e folle l’intuizione di Cossa. Soffro di solitudine è il risultato della perfetta coerenza tra forma e contenuto: un allestimento completamente autogestito – suoi il testo e la regia, sue le luci, che controlla da un banco posto in scena – per raccontare la diffidenza esasperante di un uomo che non concede a nessuno il privilegio di aiutarlo.

Dispiace solo che le verità dolorose – celate magistralmente dietro un sipario di comicità travolgente – non siano rivelate a fondo ma si consumino rapide precipitando verso un finale a effetto che però arriva troppo presto e decreta una brevità dell’opera inattesa e indesiderata.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Duse
via Crema, 8 – Roma
fino a domenica 10 aprile, ore 21.00
(durata 40 minuti circa senza intervallo)

Associazione Culturale Assetto Teatro presenta:
Soffro di solitudine
di Patrizio Cossa
regia Patrizio Cossa
con Patrizio Cossa
luci Patrizio Cossa