Desert For Ever

Proseguono i «confini/sconfinamenti» del Festival delle Colline Torinesi 26, questa volta con una “performance” in formato “originale”, «a cavallo tra installazione, concerto ed esperienza sensoriale» che esplora i limiti della percezione umana, ma anche il rapporto tra scena e spettatore, ormai sempre più labile.

Nato dalle ricerche del drammaturgo e sound designer Riccardo Fazi e tradotto poi nello spazio dalla regista Claudia Sorace (in arte, insieme, Muta Imago), Sonora Desert si ispira a «un viaggio compiuto nel Deserto di Sonora, uno dei più vasti deserti americani, situato tra l’Arizona e il Messico», ma anche alle «ricerche compiute in America negli ’60 sul rapporto tra vibrazioni e stati di coscienza». L’invito è semplice: togliersi le scarpe, abbandonare i propri oggetti personali ed entrare, “spogli”, sulla scena. Ad accogliere gli spettatori, oltre alle due guide Chiara Caimmi e Francesco di Stefano, c’è la Dreamachine dello scrittore, poeta e pittore beat Brion Gysin, ma anche testi di Jean Baudrillard, Aldous Huxley, Humphry Osmond e Rebecca Solnit, tutti gli elementi necessari, insomma, per una vera e propria immersione nelle criticità sensoriali moderne.

Dopo aver letto, con forse troppa rapidità, le varie suggestioni curate da Riccardo Fazi, gli spettatori vengono invitati nuovamente ad abbandonare una cosa per poterne scoprire un’altra, sacrificando questa volta la vista e la verticalità. Dentro «un ambiente di vibrazioni sonore, luminose e cromatiche, in dialogo con le musiche appositamente composte da Alvin Curran», i presenti sono invitati a esperire «una dimensione liminale del sé dove poter incontrare la propria memoria inconscia e archetipica», sempre se (pre)disposti all’ascolto interiore. Una volta emersi dalle proprie corporalità, infine, gli spettatori vengono fatti accomodare in una specie di lounge dove, tra tisane calde e luci soffuse, possono sfogliare alcuni dei libri che hanno ispirato la “performance” e che potrebbero proseguirla, oppure guardarsi intorno spaesati, distorti, decentrati.

La natura sperimentale della creazione di Muta Imago (giustamente definita da loro come «sguarnita e vulnerabile») vorrebbe far sì che, una volta sparite scena, presenza attoriale e «possibilità di racconto», tutto accadesse «nella mente dello spettatore», delegando di fatto la riuscita o meno dell’esperimento alla sensibilità di ciascuno/a (che è poi il limite di qualsiasi esperienza umana, la sensibilità). Nei fatti, al di là delle effettive alterazioni sensoriali percepite dai singoli, Sonora Desert risulta essere un interessante e prezioso lavoro di ricerca nelle sue prime due parti che, però, risente della totale mancanza di drammaturgia “classica” nel suo ultimo “atto”, atto in cui qualsiasi tipo di riflessione viene rimesso nelle mani degli spettatori stessi, negando così loro anche solo un breve momento di condivisione che potrebbe, se guidato “ex machina”, risultare benefico sia al pubblico sia agli artisti del deserto.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Festival delle Colline Torinesi 26
Lavanderia a Vapore
corso Pastrengo 51 – Collegno (TO)
lunedì 9 e martedì 10 novembre
ore 18:00, 19:30 e 21:00

la Fondazione Piemonte dal Vivo presenta
Sonora Desert
di Muta Imago

regia, luci, scene Claudia Sorace
testi, ricerche e drammaturgia sonora Riccardo Fazi
musiche originali Alvin Curran
direzione tecnica, realizzazione scene e luci Maria Elena Fusacchia
assistenza alla direzione tecnica Simona Gallo, Camila Chiozza
guide Chiara Caimmi, Francesco di Stefano
organizzazione Martina Merico
cura Ilaria Mancia
da un’idea di Glen Blackhall, Riccardo Fazi, Claudia Sorace
produzione Muta Imago
coproduzione Teatro di Roma, Fondazione I Teatri Festival Aperto di Reggio Emilia
con il sostegno di Azienda Speciale Palaexpo, Mic