Anche no, grazie

Marta Cuscunà in scena per Teatri di Confine, a Pistoia, con Sorry, Boys, terzo capitolo della serie sulle resistenze femminili. Una storia contemporanea, che solleva, al di là del riferimento al fatto concreto, problemi legati al genere, alla violenza sulle donne, alla libertà e alla felicità.

Nel 2008, nella amena cittadina di Gloucester, in Massachusetts, accade un fenomeno strano: 18 ragazze rimangono incinte contemporaneamente, a quanto pare in seguito a un patto segreto, quello cioè di creare una comune femminile dove crescere i bambini tutte insieme, escludendo adulti e padri. Cuscunà ha indagato e ha riproposto in scena la vicenda, sostenendo una tesi molto precisa. Ossia, che il piano delle gravidanze sia connesso con la violenza domestica che segna la vita di Gloucester, e rappresenti una reazione forte a questa violenza. Concentrando l’attenzione sul contesto in cui la storia si è delineata, l’autrice posa lo sguardo sul mondo degli adulti e sull’universo maschile: le ragazze adolescenti non appaiono durante lo spettacolo e, fra le dodici teste mozze che compongono la macchina scenica, non troviamo che i ragazzi adolescenti (i futuri padri), i genitori, il preside e l’infermiera della scuola.
Inutile dire che Sorry, Boys fa riflettere, e scatena le più accalorate discussioni anche nelle migliori famiglie, perché la domanda che il giovane padre escluso dal progetto rivolge alla sua ragazza risuona sconsolata e, soprattutto, senza risposta: «Perché non posso essere parte del piano?» A lui, che le ha portato con un gesto quasi simbolico un pacchetto di pannolini, la giovane chiede se sia quello tutto ciò che lui le può dare.

«Sorry, boys», non siete parte di questo progetto – affermano le ragazze con il loro gesto. Non servite e non avete più nulla da darci, niente che potrebbe essere utile a rendere questo mondo un po’ migliore.
L’unica potenzialità delle adolescenti si oppone all’unica potenzialità di un maschio in crisi: gravidanza contro violenza. Che siano queste l’essenza, lo stato minimo e bruto, del maschile e del femminile? Perché, nonostante tutto, la possibilità della maternità segna un confine invalicabile, almeno per noi essere umani. Le ragazze cercano di creare un mondo nuovo, e in loro risiede, in definitiva, la potenzialità di farlo. In una visione stranamente antifemminista e, al contempo, radicalmente femminista del ruolo della donna nella società. La bomba scoppia, non per gli adulti, imbarazzati, ma per i ragazzi. Messi radicalmente in discussione, sembrano ancora capaci di un residuo di ingenuità infantile, senza le reticenze e i mascheramenti dei loro padri e delle loro madri.
I problemi su cui punta il dito l’autrice/attrice sono diversi e, fra questi, scegliamo di riflettere intorno a due questioni.
La prima è suggerita dalla marcia degli uomini di Gloucester contro la violenza sulle donne, perché se la violenza affligge le donne, sono gli uomini gli unici a poterci fare qualcosa. Verrebbe da pensare che l’unico modo di reagire radicalmente alla violenza e al rischio di femmincidio, per noi donne, sia imparare a uccidere. C’è chi sostiene perfino che non vi sia niente di peggio (in termini di maschilismo) di un uomo gentile e condiscendente con una rappresentante del “gentil sesso”. È inutile negare che, al di là delle disposizioni personali, chi detiene la forza fisica ha il potere. In quanto rappresentante del genere femminile francamente non vorrei la clemenza del più forte, vorrei libertà reale, che dipendesse da me e non da altri. Se si scrivesse un programma di metodi di resistenza femminile da insegnare nelle scuole, cosa si proporrebbe? Reagire, piegarsi o voltare le spalle a tutto e provare a ricominciare daccapo (proprio come hanno immaginato le ragazze)?

Secondo punto: la felicità e l’educazione. Una donna, scrive Cuscunà, forse vorrebbe semplicemente un uomo felice accanto a sé. Punta così il dito sul contesto di un mondo maschile in crisi, messo sotto pressione, ed educato ad atteggiamenti violenti e privi di compassione – ovvero, un’educazione sentimentale a base di porno e messaggi massmediatici su cosa significhi essere un vero uomo. Occorre ricordare inoltre, che se il porno e la prostituzione possono essere letti come risposta commerciale di un settore specializzato (maschile) a una necessità, dai video di MTV (ma non solo) rimbalzano figure di donne (soprattutto dall’universo a stelle e strisce) che non fanno che leccare, ammiccare, strusciarsi e rispondere a comando. Forse non a caso la storia che racconta Cuscunà proviene proprio dagli Stati Uniti, così come Terminator, Britney e Miley. Devastazione massmediatica. Modelli, definizioni, più meno fasulli, ai quali conformarsi e, soprattutto, poca verità interiore.
Non è tutta colpa del porno e di MTV, però, se i primi a insegnare ai maschi che cosa renda veramente tali sono i genitori. Perché sono proprio loro a insistere sul fatto che un maschio non debba piangere, commuoversi, usare alcuni giochi o entrare in contatto con il colore rosa – quasi rischiasse il contagio.
La radice comune del male – al di là dell’accusa più che legittima e condivisa al sistema mediatico – sembrerebbe insita nell’approccio educativo. Potrebbe esserne la causa la grande violenza che i genitori, prima di tutti, infliggono ai figli nel momento in cui non prestano ascolto ai loro bisogni autentici, in cui insegnano loro ciò che è giusto o sbagliato sentire e pensare, ignorandone il modo di essere più autentico. In quale maniera un bambino impara ad ascoltare e rispettare se stesso, le proprie fragilità, le proprie paure, se gli si insegna che ciò che prova non è degno o è, addirittura, sbagliato? Come legittimerà la propria verità di fronte alle pressioni del mondo esterno? Non è forse il vivere in armonia con se stesso che lo renderà un uomo felice?

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di Teatri di Confine 2016:
Villa di Scornio
via Dalmazia, 356 – Pistoia
martedì 28 giugno, ore 21.30

Sorry, Boys
Terza tappa del progetto sulle Resistenze femminili
(Liberamente ispirato a fatti realmente accaduti a Gloucester, Massachusetts)
di e con Marta Cuscunà
progettazione e realizzazione teste mozze Paola Villani
assistenza alla regia Marco Rogante
disegno luci Claudio “Poldo” Parrino
disegno del suono Alessandro Sdrigotti
animazioni grafiche Andrea Pizzalis
costume di scena Andrea Ravieli
co-produzione Centrale Fies
con il contributo finanziario di Provincia Autonoma di Trento, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
con il sostegno di Operaestate Festival, Centro Servizi Culturali Santa Chiara, Comune di San Vito al Tagliamento Assessorato ai beni e alle attività culturali, Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia
distribuzione Laura Marinelli
teste gentilmente concesse da Eva Fontana, Ornela Marcon, Anna Quinz, Monica Akihary, Giacomo Raffaelli, Jacopo Cont, Andrea Pizzalis, Christian Ferlaino, Pierpaolo Ferlaino, Filippo pippogeek Miserocchi, Filippo Bertolini e Davide Amato
un ringraziamento a Andrea Ravieli, Lucia Leo, Roberto Segalla e alle ragazze e ai ragazzi del Gender and Sexuality Group del Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico
Marta Cuscunà fa parte del progetto Fies Factory