Dalla “cella zero” al teatro: quando l’arte commuove e fa riflettere

969_teatrobolivarIspirato alla storia vera di Pietro Ioia, al Teatro Bolivar di Napoli è andato in scena uno spettacolo che appassiona e convince, fornendo spunti di riflessione sulla condizione delle carceri italiane e sulla loro – non sempre presente – funzione rieducativa.

È andato in scena il 16 e 17 gennaio Sottozero, morte e rinascita di un uomo in gabbia, scritto da Sandro Dioniso (che firma anche la regia), Antonio Mocciola e Pietro Ioia.
Lo spettacolo è ispirato alla storia vera di Pietro Ioia, ex detenuto del carcere di Poggioreale negli anni Ottanta, che all’interno della pièce veste i panni della guardia carceraria che si macchia di violenze efferate nei confronti dei detenuti Pietro e Pallino (interpretati rispettivamente da Ivan Boragine e Diego Sommaripa) e della moglie di uno dei due (interpretata da Marina Billwiller).
Testimone e vittima di inaudite violenze che per anni si sono perpetrate all’interno della casa circondariale napoletana, Pietro Ioia è stato tra i primi a denunciare i soprusi vissuti e oggi – in qualità di presidente dell’associazione ex detenuti di Poggioreale – è un attivista che lotta per la denuncia delle dinamiche detentive.
Nessuna arte della retorica, dunque, viene messa in scena: i fatti rappresentati sono realmente esistiti.
Realmente esistite le punizioni corporali, gli sputi in faccia, le violenze etero e omosessuali, le torture psicologiche, le armi in cella che riproducevano dietro le sbarre i conflitti ben più ampi che negli anni Ottanta si consumarono tra le opposte fazioni camorristiche della “nuova camorra organizzata” di Raffaele Cutolo e della “nuova famiglia”, come reale è la “cella zero”, la cella degli orrori e delle efferatezze in cui gli abusi di potere e la ferocia trovarono la loro massima espressione nell’indifferenza e nell’omissione generali.
Il tema è delicato e non ammette sconti; la stessa presenza in scena di Ioia, al di là delle capacità attoriali, restituisce la cifra dello spettacolo: intenso, commovente, brutale e catartico.
Gli attori sono supremi e reali nella rappresentazione del dramma; la loro performance è intensa e vissuta, commuove e fa riflettere, si rivolge al pubblico, gli dà del tu, gli chiede di non dimenticare, di tenere a mente, di non condannare un condannato, perché un uomo resta un uomo anche dietro le sbarre.
Il tutto è reso attraverso una scenografia essenziale e rappresentativa dell’ambiente che si vuole ricreare: una scrivania e una sedia, una panca, un tavolino per preparare il caffè («Ah, che bellu ccafè pure ‘n carcere ‘o sanno fà», direbbe il caro De André ), la cella zero.
La sceneggiatura – grazie ai continui cambi di scena – risulta altamente cinematografica, e, assieme alle musiche e alle luci (quest’ultime tendenzialmente essenziali), rende lo spettacolo dinamico e coinvolgente.
La conclusione della pièce è una promessa di quiete: dopo aver scontato la sua pena, Pietro lascia il carcere in un giorno di neve e di freddo, la stessa neve con quale sua madre gli raccontava di essere nato, e che ora lo rimette al mondo come un uomo nuovo che sorride alla vita che verrà.
Un sorriso malinconico, ma pur sempre un sorriso che si unisce a quelli del pubblico del Teatro Bolivar di Napoli, che applaude sentitamente gli artisti in scena tenendo a mente – si spera – un po’ di cose.
Che la maggior parte dei dipendenti penitenziari italiani svolge correttamente e umanamente il proprio lavoro; che di Stato, tuttavia, anche ai giorni nostri, si può morire ed è una morte violenta come quella di Stefano Cucchi, Marcello Lonzi e tanti altri meno noti (si pensi che – stando ai dati aggiornati al 14 gennaio 2016 – dal 2000 al 2016 sono 2.495 i detenuti morti, di cui 886 suicidi); che il teatro è vita e in quanto tale conserva intatto nei secoli il suo valore di denuncia, di riflessione e di catarsi.

«Il teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco ».
(Victor Hugo)

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Bolivar
via Bartolomeo Caracciolo, 30, Napoli
il 16 e 17 gennaio 2016

Sottozero, morte e rinascita di un uomo in gabbia
di Sandro Dionisio, Pietro Ioia e Antonio Mocciola
regia Sandro Dionisio
con Ivan Boragine, Pietro Ioia, Marina Billwiller, Diego Sommaripa
scene Flaviano Barbarisi
trucco Chris Barone
musiche Mario Conte