Quei due Frankenstein da rianimare

Cosa accade se due uomini si scambiano i piedi e il cervello? Prova a immaginarlo Split Screen, commedia surreale che il Teatro Cometa Off ha ospitato dal 9 all’11 marzo, all’interno della rassegna LET – Liberi esperimenti teatrali.

Quello di Aram Kian èm però, un esperimento “scientifico” e teatrale mal riuscito, che si appiattisce su una comicità banale e grossolana.

Dieci minuti di Split screen, o forse anche cinque, bastano per strozzarsi con un grido che sale su accorato: ma perché presentare questo spettacolo con una citazione del grande David Forster Wallace? Agli spettatori, giunti a teatro con l’acquolina in bocca per il suo Split screen, Aram Kian non serve un piatto succulento, bensì un menù disonesto e fastidioso. La sua creatura, che i malcapitati si sono sorbiti al Teatro Cometa Off, era in scena dal 9 all11 marzo, nell’ambito di LET – Liberi esperimenti teatrali (cornice peraltro di spettacoli di tutto rispetto o anche belli, come Lasciatemi libera su Patti Smith).
Ma torniamo al furbo richiamo a Questa è l’acqua di Wallace, che faceva presagire un testo intelligente e gustoso («”Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?”. I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: “Che cavolo è l’acqua?”»), così come promettente era l’idea di partenza, che ben sviluppata poteva dar luogo a un’ottima prova di teatro grottesco. Ma, appunto, andava sviluppata, non sottosviluppata.
Ecco la trama. Un rozzo patito di videogiochi (Sergio Grossini) e uno scrittore mediocre (Mauro Pescio), per risolvere un doloroso problema di calli, si sottopongono a un intervento risolutivo: un trapianto reciproco di piedi. Ma l’operazione ha uno sgradevole effetto collaterale: i talenti dell’uno passano all’altro insieme ai piedi scambiati. Il medico che li segue (Andrea Pinna) propone loro di ovviare al problema attraverso un secondo intervento, stavolta sperimentale e ancora più drastico: uno scambio di cervelli. Dal punto di vista tecnico, l’operazione va a buon fine, ma i due non riescono a ritrovarsi nelle nuove identità. Forse perché scoprono di non poter desiderare e amare null’altro se non sé stessi?
Benché lo spettacolo sia breve, stanca subito con situazioni ripetitive, personaggi improbabili e una comicità senza idee, che si affida a gag grossolane e banali, e a un turpiloquio assillante e gratuito (soprattutto i continui «Cazzo!» e «Vaffanculo!» dello scrittore). Se Mauro Pescio propone una recitazione molesta perché isterica e tutta sopra le righe – un po’ cinepanettone e un po’ cabaret televisivo – Sergio Grossini, invece, fa il possibile per prestare spessore e ritmo recitativo prima all’ignorantone fan del videogame “Brutal legend blood blood blood”, e poi (dopo lo scambio di cervelli) allo scrittore maniacale e frustrato. E qualche risata la strappa, ma con un testo simile è un’impresa epica. Dal canto suo, il medico di Andrea Pinna sembra lì solo per sbaglio.
Un momento interessante nella commedia, però, c’è. Ed è il paradosso dell’amore-odio tra i due, indotto dallo scambio di identità. I due pazienti, costretti a convivere per sei mesi per evitare il «rigetto psicologico», sono troppo diversi per non detestarsi a vicenda, ma al tempo stesso sono fatalmente avvinti dal proprio ex-corpo, che amano come Narciso amava la propria immagine riflessa nel fiume. E così, mentre iniziano ad accapigliarsi, il giocatore e lo scrittore finiscono per trasformare la rissa in un tenero abbraccio, un valzer di due bambolotti inebetiti e persi d’amore per l’altro – ovvero per sé stessi.
L’epilogo è a effetto trash. In un convegno con altri colleghi, il dottore, dopo una lunga tirata sul fallimento dell’esperimento scientifico e sull’importanza di capire «chi siamo veramente», svela su un vassoio i poveri resti delle due cavie umane: i loro cervelli ancora sanguinolenti che continuano a bisticciare a suon di battutacce e scariche elettriche luminose. E alla fine della mise en scène, restano impressi solo quelli, i due cervelli in gomma irrorati di sangue, scenograficamente scadenti come accessori di carnevale da discount (lo scenografo Nicolas Bovey non si è neanche preoccupato di occultare il lunghissimo filo nero che fuoriesce dai due ammassi cerebrali). Uscendo dalla sala un po’ storditi, gli spettatori sfilano davanti a quei due “cosi” imbarazzanti con uno sguardo malinconico e interrogativo, come a dire “Ma guarda!”. Sarà l’unico motivo di conversazione sullo spettacolo, sempre che non lo abbiano rimosso immediatamente appena messo piede fuori dal bel teatro romano.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Cometa Off
via Luca dalla Robbia, 20 – Roma (zona Testaccio)
fino a domenica 11 marzo, ore 20.45

Split screen
di Aram Kian
regia Aram Kian
con Sergio Grossini, Mauro Pescio, Andrea Pinna
scene Nicolas Bovey
musiche originali Riccardo Di Gianni