Diversamente maturi

All’interno del D.O.I.T Festival, vanno in scena Stand by me. Notti d’Agosto e Aplod, due spettacoli di giovani compagnie – rispettivamente – dal Lazio e dall’Emilia Romagna.

È uno spettacolo nato con una grande ambizione, Stand by me. Notti d’Agosto.
Flavia Martino disegna, infatti, un audace impianto metarappresentativo in cui a prendere forma è una complicata teatralizzazione della vita. Protagonista è la relazione disfunzionale tra Alice (Alessandra Barbonetti) e Luca (Gabriele Namio), due migliori amici alle prese con il più classico – se non stereotipato – percorso di allontanamento dell’adolescenza che volge al crepuscolo.

Li troviamo confinati nella cantina di Luca, con l’apparente motivazione di doversi riparare da un attentato che sta mettendo a ferro e fuoco la città, ma la realtà è che quello inscenato è un autentico coup de théâtre, un espediente finalizzato a determinare le condizioni ideali (almeno secondo la fragile psiche di lui) per la ripresa della loro antica relazione. Costretti all’interno di questo spazio, seduti attorno al tavolo e consumati pasti di emergenza a base di pancarré e scatolette per dieci lunghissimi giorni, a emergere non sarà però l’idillio del passato, quanto l’inferno del presente tra gelosie, desiderio di controllo e possesso, diffidenza e, di fatto, sostanziale misconoscenza l’uno dell’altro.

Il finale renderà parziale giustizia alla sofferenza diversamente vissuta da entrambi, al punto da restituire una curiosa sensazione di compenetrazione dei ruoli di vittima e carnefice e di citazione visiva di Stand by me, testo di Ben E. King più volte cantato in scena («Quando cadrà la notte / e la terra sarà buia / e l’unica luce che vedremo sarà la luna / no, non avrò paura / oh, non avrò paura / finché tu sarai con me, sarai con me»).

Senza entrare nei dettagli del suo svolgimento particolare, è questo il plot di Stand by me. Notti d’Agosto, la cui sintomatica prevedibilità non ne rappresenta certamente il principale elemento critico; criticità riscontrabile, invece, nel combinato disposto di una recitazione troppo acerba per sostenere la complessità delle sfumature psicologiche e relazionali di Alice e Luca e di una superficiale e non credibile messa in scena (oggetti che, lasciati in vista senza alcun motivo, causano spesso intralcio; il modo in cui i due reclusi nella cantina vivono momenti drammatici; il ridicolo utilizzo a comando della radio per informarsi su quanto accade all’esterno). Sono questi aspetti non tanto a lasciare perplessi, quanto a disvelare come la compagnia capitanata da Flavia Martino si attesti su un livello di buona volontà, ma risulti ancora lontana dal raggiungimento di un compiuto formalismo scenico e di un significativo livello di originalità creativa.

Più solida, invece, non solo nella restituzione, ma anche nell’intenzione, l’interessante esperimento di regia collettiva di un gruppo di giovani attori diplomati alla Paolo Grassi di Milano «con il sogno di creare un nuovo Teatro Pop per la generazione 2.0», Aplod, spettacolo presentato come studio all’IT Festival di Milano e in forma definitiva con la vittoria del bando di produzione Giovani direzioni del Centro Teatrale MaMiMò di Reggio Emilia.

La narrazione inizia dalla fine, tradendo da subito come il focus drammaturgico sia non tanto la ricerca della suspense, quanto l’impianto ideologico che ne sta alla base, ossia promuovere la riflessione su uno dei fenomeni più invasivi e paradigmatici della contemporaneità digitale, quello degli Youtuber, la cui esplosione in termini di popolarità e riscontro economico solo ingenuamente potrebbe essere connessa a un ipotetico non avere né arte né parte.

Siamo nel futuro, l’utilizzo del web è altamente regolamentato, l’upload dei video vietato. Tre uomini vivono all’interno di un appartamento gestito da «La Domomac, la voce della ragione, una ultra versione di Siri che bada alla casa e ricorda ai coinquilini le regole da tenere». La situazione non è idilliaca in questo tempo dai tratti spiccatamente orwelliani (per quanto riguarda le misere condizioni di lavoro cui i protagonisti sono sottoposti), «che ricalca il modello della serie tv inglese BlackMirror» e delinea «un testo distopico quasi fantascientifico»; un tempo in cui agli individui viene assegnato un punteggio social determinante per la scelta del lavoro (e la conseguente gratificazione personale) e «il sogno di un contratto a tempo indeterminato e di uno stipendio fisso è stato surclassato dal brivido di ottenere un milione di like».

Il gruppo Fartagnan propone allora un allestimento articolato, funzionale nel muoversi tra la catarsi della risata e la riflessione promossa attraverso l’utilizzo costante della cultura pop (l’amorevole logo in stile Dharma di Lost, la maschera di Guy Fawkes resa celebre dalla trasposizione di James McTeigue del capolavoro V for Vendetta di Alan Moore, tormentoni come «vi auguro una giornata piena di sole»), essenziale nei tecnicismi e capace di semplificare la messa in scena attraverso l’utilizzo di oggetti comuni (gli occhiali per la realtà virtuale, la cucina dei like), così provando – per lo più riuscendoci – a evocare il gioco teatrale un passo prima di cadere nel didascalico attraverso esaltazione delle qualità recitative dei propri interpreti.

Chiedersi se «essere uno Youtuber sia diventata un’alternativa così allettante» e «realizzare video sia davvero il metodo più efficace per fare carriera e ottenere una stabilità economica» senza indugiare in moralistici giudizi di valore, permette a Aplod di non fare esclusivo riferimento alla vacuità del fenomeno (per esempio, la proliferazione dei video di gattini), interpretazione unilaterale contro la quale, per esempio, avevamo visto sbattere spettacoli osannati come Socialmente di Frigo Produzioni.

Occultando con mestiere la propria componente naïf (come il pensare che nel 2048 ci possano essere le stesse figure lavorative di oggi), Aplod si dedica allora a descrivere l’onda ancora in piena di una realtà di straordinario interesse, gravida di potenzialità positive (e non solo per il ruolo svolto in contesti di regimi dittatoriali, come le controverse primavere arabe) e che solo uno sguardo limitato o in malafede, anacronistico o ignorante potrebbe interpretare in una prospettiva esclusivamente negativa o nostalgica.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Festival D.O.I.T Drammaturgie Oltre Il Teatro
Ar.Ma Teatro

via Ruggero di Lauria 22 (metro Cipro)

20-21 marzo 2017, ore 20:45
Stand by Me. Notti d’Agosto
drammaturgia e regia Flavia Martino
con Gabriele Namio, Alessandra Barbonetti
Produzione Associazione Culturale Pensagramma

22-23 marzo 2017, ore 20:45
Aplod
il video di un gattino puccioso può cambiarti la vita
drammaturgia Rodolfo Ciulla
con Federico Antonello, Michele Fedele, Matteo Giacotto, Giacomo Vigentini
regia collettiva Rodolfo Ciulla, Michele Fedele, Matteo Giacotto, Giacomo Vigentini
voce Dalila Reas
disegno luci Giuseppe Musmarra
scenografie costumi Sara Scodro
produzione MaMiMò