Morire di felicità

teatro-lo-spazio-romaClaudia Mei Pastorelli regala al pubblico del Teatro Lo Spazio una sorprendente quinta serata della maratona “femminicida” Storie di donne morte ammazzate: la sala gremita ride a più non posso e si addolora contemporaneamente, regala lunghissimi applausi e ancora una volta lascia il teatro appagata dall’arte e dilaniata dalla cruda realtà.

Il progetto drammaturgico di Betta Cianchini, che invade la capitale al grido Bloccate questo spettacolo!, raccoglie un altro successo di pubblico. È l’esito migliore che si potesse immaginare: la cittadinanza si mobilita con ferma volontà di conoscere, di aprire gli occhi su uno scenario devastante che non può e non deve essere ridotto a mero fenomeno mediatico e statistico, ma che coinvolge ogni singolo individuo della società civile. In ogni caso di femminicidio, infatti, non c’è solo una vittima, ce ne sono milioni, dalle più prossime (figli, parenti, cari) alle più distanti (la popolazione intera), come non c’è un solo carnefice, ma ce ne sono milioni: la popolazione intera, ancora una volta, se sceglie di non curarsene, se lo reputa un fatto anonimo, distante da sé.
E invece il pubblico dimostra di voler essere testimone vicino, di volersi caricare una croce universale sulle spalle e declamare “non nel mio nome”. Facile per i più cinici pensare a tutto questo come a una bella e inutile fumata artistica: non è così, e a starci dentro si sente tutto il peso della responsabilità e della consapevolezza. Vale per il pubblico, e a maggior ragione per le attrici e gli attori coinvolti, che su quel palco portano vite che non sono le loro, o meglio non lo erano, fino a ieri. Vite ricostruite – tiene a specificare l’autrice stessa ogni sera – attraverso lo studio di 200 casi di donne uccise, 200 casi che sono stati deframmentati e ricomposti in “nuovi” casi drammaturgici, per non «profanare» esistenze già definitivamente profanate, e non aggiungere dolore a dolore.
L’altra presenta sulla scena il drammatico sopravvivere di Erika: anche lei è una donna morta ammazzata, ma respira ancora. Erika è una di quelle vittime “estese” del femminicidio a cui non è arrivata la lama del coltello, né la pallottola, né il pugno fatale, eppure è morta e muore, anche lei, ogni giorno. Erika è, appunto, l’altra. Lei è Maria, lui è Salvatore, vite spezzate che Cianchini ci ha raccontato in Ex moglie si innamora da morire di ex moglie – Allegra barbarie, atto unico che ha inaugurato il progetto l’aprile scorso, dal quale è nata poi La trilogia ora in scena, di cui L’altra è un episodio.
Claudia Mei Pastorelli fa sua questa esistenza sottile, e la racconta con una pura, chiara e inattaccabile  recitazione. Conquista subito gli spettatori, che muti si lasciano condurre dalla leggerezza della sua ironia, così distante da ogni retorica e affettazione, e dai suoi silenzi, mentre gli occhi guardano in un punto che non esiste, nel vuoto dove forse l’immagine di Maria si staglia in tutta la sua luce, ora eterna. Erika racconta il suo matrimonio con un uomo molto più anziano, legame finito docilmente (finalmente un uomo buono, per ora l’unico) quando Erika riconosce una volta per tutte la sua omosessualità. Racconta l’incontro con Maria, l’amore travolgente e totale nonostante lei sia già moglie e madre. Ma la favola si fa incubo e il lieto fine è sempre più lontano. Salvatore, il marito di Maria, lasciato per Erika, non si rassegna alla rottura, e quando scopre che c’è “un’altra” di mezzo la situazione degenera. Comincia lo stalking, e l’angoscia, e le trafile in questura, dall’avvocato. Nulla è sufficiente, neanche le tanto decantate leggi che dovrebbero tutelare le donne. E invece le donne muoiono, lo stesso, ogni giorno, continuamente.
Mei pastorelli racconta tutto questo, in un ritmo drammaturgico che non perde un colpo: è così reale, così vera la sua interpretazione, da dubitare, a un tratto, che Erika non sia davvero lei. Dalle grandi risate si arriva alle lacrime, un pianto lento e silenzioso che in molti nascondono o trattengono a stento in sala. Per esplodere poi in applausi. Applausi per l’attrice, perfetta. Applausi per il testo, superbo, spin-off impeccabile dell’opera di partenza, misurato nell’ironia e nel dramma, lucido e colmo di senso. Applausi per l’allestimento, di certo uno dei più riusciti sia nel disegno luci – curato da Machìa e puntualmente eseguito dalla tecnica Francesca Corso – che nell’organizzazione degli spazi scenici. Applausi, non infine ma soprattutto, per queste esistenze riconsegnate al mondo dei viventi, come testimonianza, denuncia, ammenda di un orrore di cui si chiede subito la fine.

Lo spettacolo continua:
Teatro Lo Spazio
via Locri, 42 – Roma
fino a domenica 13 ottobre
orari: da lunedi a sabato ore 21.00, domenica ore 18.00

Fonderia delle arti presenta
Storie di donne morte ammazzate (barbarie italiana)
di Betta Cianchini
regia Alessandro Machìa

L’altra – Erika
con Claudia Mei Pastorelli

Già andati in scena:

Odiavo i crisantemi
con Sonia Barbadoro e la partecipazione di Gabriele Guerra

Non sapevo fare la valigia
con Laura Mazzi

La prostituta che si metteva i cerotti ai piedi e lo scagnozzo del Drago
con Federica Quaglieri, Gabriele Guerra e la partecipazione di Pino Le Pera

Angela e il cassettone della suocera
con Giada Prandi

La sgambatura
con Arianna Ninchi, Federica Quaglieri, Pino Le Pera

Mancato soccorso al Pronto Soccorso
con Stefania Papirio

Per il bene del figlio, dello stalker e dello Spirito Santo
con Sylvia De Fanti

La maratona continua con:

La Trilogia: Ex moglie si innamora di ex moglie
Maria – lei (Francesca Romana Miceli Picardi)
Salvatore – lui (Andrea Lolli)

L’ultima camicia da stirare
con Giada Fradeani

La Notte Rossa sul femminicidio
live N.O.A. – None of above + Swing Circus