La passione delle lucciole

Per Edge Project 2012, al teatro Argòmm, un’intensa performance sul problema della prostituzione: Stradaprovinciale 40 di Cristina Belgioioso – giovane diplomata della Paolo Grassi di Milano.

Il teatro ha una funzione educativa. Il teatro è specchio della società. Il teatro è esperienza di catarsi e sublimazione di questioni irrisolte, di emozioni negative. Tante cose può essere il teatro ma mai come in occasioni del genere se ne capisce così bene il significato. E meno male che Milano ha regalato al pubblico una bella serata, il 6 di novembre: altrimenti questa performance sarebbe stata pressoché impossibile. Il biglietto, infatti, l’abbiamo regolarmente ritirato al botteghino ma, questa volta, nessuna possibilità di sedersi comodamente in uno spazio caldo, e da lì assistere passivi a uno “spettacolo”. Bisognava viverle “sul campo” queste storie, anzi sulla strada: le storie di prostitute di diverse nazionalità, che la Belgioioso ha raccolto durante una serie di sopralluoghi sulla Binasca, nel corso di nottate durante le quali – con l’aiuto di assistenti sociali – ha faticosamente instaurato un dialogo con donne che vivono una vita “al contrario”: di notte, in uno spazio marginale, attraverso una trasgressione alle regole che non hanno cercato spontaneamente.

Abituati dall’immaginario cinematografico alla violenza, al sesso spesso esercitato come strumento e non come atto d’amore, alle vicende assurde di realtà marginali e clandestine, ci si sente preparati ad affrontare il racconto di queste donne, ma non è così. Lo spettacolo è potente, shockante nell’articolarsi quasi come una via crucis che, dall’uscita del teatro, circolarmente ci riconduce all’interno di esso (a potenziare ulteriormente la situazione: il passaggio di una volante della polizia che indugia incuriosita sulla strada e nei luoghi della performance: vi lasciamo la curiosità di sapere se fosse voluta o casuale). Un percorso a tappe che è scandito dalle lampade – che rimandano spontaneamente ai piccoli falò accesi a bordo strada per segnalare la presenza, o per scaldarsi – e da un sax che, ogni tanto, suona potente come a evocare il clacson delle auto dei clienti che cercano, che vogliono, queste donne.

Le bravissime interpreti che si muovono infreddolite (per l’“abbigliamento” leggero) a un palmo dal naso dagli spettatori – che ci attaccano verbalmente, che si indignano e raccontano vissuti, lontani dalla concezione di chi conduce una vita agiata – sono una scelta preziosa che rende – a livello teatrale ed emozionale – molto più dell’osservazione, passiva e a-temporale, che si potrebbe instaurare da palco o platea. Non è infatti possibile rimanere comodamente seduti a teatro mentre si ascoltano storie di ragazze venute dall’Est che hanno per “pappone” il proprio fidanzato – il quale, magari, fa sesso non protetto anche con altre prostitute e poi ti trasmette malattie veneree, incolpando te perché sei tu la “puttana”. Oppure quando si sente parlare di ragazze nigeriane che sono costrette alla prostituzione dalle mamàn del loro Paese perché devono pagare i debiti della loro famiglia, rischiando altrimenti atroci riti woodoo, o la morte. Non ci si indigna abbastanza quando ci si sente al riparo e a proprio agio; non si può comprendere appieno il disagio e la sudditanza psicologica di chi crede di fare questo lavoro come e quando vuole ma, in realtà, è costretta dal proprio ragazzo perché nessuno in famiglia trova lavoro e qualcuno deve pur pagare casa, auto, vizi e desideri altrui. In breve, la “passione” di queste “lucciole” non è solo quella “cristologica” – che le porta a immolarsi per pagare le colpe e gli errori altrui – ma è anche quella “umana e terrena” che provano per qualcuno che, a volte, le spinge a scegliere questo lavoro: ad esempio, c’è chi aspetta l’arrivo della figlia in Italia e non vuole farsi trovare a mani vuote.

E a questo proposito ci sarebbe da dilungarsi su quanto sia pesante la responsabilità di un Paese che non garantisce aiuto e protezione sufficienti agli extracomunitari e, in generale, a chi ne ha bisogno. Non a caso, sulle strade, è in crescita anche il numero di prostitute italiane. Forse per questa ragione le interpretazioni non sono caratterizzate con accenti marcatamente stranieri, così da rendere il discorso universale, valido al di là della nazionalità.

Una cosa importante da segnalare: lo spettacolo è stato riproposto mercoledì 7 novembre – all’interno della sezione femminile del Carcere di San Vittore. Sarebbe stato interessante vedere come, in tale contesto, il pubblico possa percepire il teatro come specchio della propria esistenza, come catarsi, come terapia – dal momento che, verosimilmente, molte donne sono detenute perché con vissuti simili alle spalle. Al contrario, è stato un peccato aver visto un pubblico così poco numeroso a Teatro Argòmm (sebbene caldo, umano e partecipativo). I giornali, i media, dovrebbero pubblicizzare maggiormente anche gli spazi altri, e le iniziative preziose come questa: perché da occasioni simili si può emergere profondamente cambiati, con una consapevolezza maggiore e più matura di quella che è la realtà rappresentata.

Probabilmente la performance sarà riproposta in primavera, sempre al Teatro Argòmm: per chi fosse interessato, il consiglio è di tenersi aggiornati perché ne vale la pena. Nel frattempo, per “compensare” questa attesa, caldeggiamo tutti gli appuntamenti dell’Edge Festival 2012 – che continuerà al Teatro Verdi (per l’intero programma, potete consultare l’articolo già pubblicato).

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di Edge Project 2012:
Teatro Argòmm
via Graziano imperatore 40, Milano
martedì 6 novembre
 
Stradaprovinciale 40
di Cristina Belgioioso con la collaborazione di Dario Merlini
con Natassia Calia, Gabriella Italiano, Marta Marchi e Alice Protto