Ritratti d’autore

In occasione dell’Enrico IV di Luigi Pirandello che, nella produzione Manifatture Teatrali Milanesi, andrà in scena al Teatro Litta dal 13 al 18 ottobre con gli attori neodiplomati della storica scuola di Quelli di Grock, Persinsala intervista i registi Susanna Baccari e Claudio Orlandini.

Com’è nato questo Enrico IV nella produzione di Manifatture Teatrali Milanesi?
Susanna Baccari e Claudio Orlandini: «Per Mtm che associa due realtà artistiche come Litta/Grock, da oltre 40 anni attente e interlocutrici con gruppi di teatro e artisti emergenti, dedicate alla produzione di proposte di giovani attori per giovani spettatori e fautrici di un dialogo aperto con le nuove generazioni, è sembrato più che naturale inaugurare l’inizio della nostra Costellazione (così s’intitola la stagione MTM 2015/2016) con lo spettacolo di fine corso della Scuola Quelli di Grock proprio per dare una concreta possibilità di visibilità a chi, pur avendo concluso un percorso impegnativo di studi. si trova ancora all’inizio di una carriera che tutti noi ci auguriamo possa essere un viaggio verso la stella più alta».

Come avete lavorato per questo spettacolo, messo in scena con i neodiplomati dello scorso anno accademico di Quelli di Grock?
SB/CO: «Come sempre, durante l’ultimo anno accademico del percorso attorale della scuola Quelli di Grock, i sei studenti approfondiscono il lavoro sul linguaggio poetico, affrontando la parola propria della poesia e dei testi greci. Si lavora sullo stato psico-fisico dell’attore, sulla sua relazione con lo spazio, su ritmo, energia e sensorialità e su come connettere tutte queste esperienze con il testo, i personaggi e l’autore che, di volta in volta, ci ispira e ci conduce. Ogni anno si sceglie un opera che riteniamo possa essere un’esperienza per gli studenti, in questo caso Pirandello. Si studia, si improvvisa, si analizza, si cerca l’acqua che farà galleggiare le immagini, l’atmosfera, la visione e il punto di vista considerato di maggior valore. Si scavano le parole, si scoprono gli eventi che compongono la drammaturgia, si vivono i personaggi sulla scena, le loro relazioni e, ogni volta, si prova a essere come nuovi, curiosi, aperti e attenti al mondo che l’autore suggerisce per farlo dialogare con il nostro.
Un processo creativo di gruppo che è un divenire e durante il quale la nostra regia, di anno in anno, si confronta con la personalità che andiamo a formare e muta con esso».

Il classico e il contemporaneo in un autore come Pirandello e in questo testo in particolare?
SB/CO: «In Pirandello, il classico, per noi inteso come linguaggio universale, sta nell’equilibrio tra la parola, alta e complessa, e il suo umorismo sempre presente e in costante relazione con lo spettatore. Il contemporaneo è nel parlarci del Teatro come possibilità poetica di raccontare l’uomo nelle sue più svariate sfaccettature.
Il suo Enrico IV ci parla di una creatura diversa, inadeguata, sola, che non riesce a vivere e ad amare, che si nasconde dietro ad una maschera sospeso nel tempo e fuori dal mondo, che non ha saputo accoglierlo. Sono questi i motivi per cui possiamo sentirlo così vicino al nostro presente, così contemporaneo a noi».

Quale tipo di pubblico rappresenta il vostro target e obiettivo?
SB/CO: «In Francia si dice tout public quando uno spettacolo riesce ad avere diverse possibilità di lettura ed è godibile da una platea più varia possibile e senza alcuna costrizione di genere. Certo sarebbe bello esserci riusciti anche noi e resta, comunque, questo il nostro desiderio e obiettivo».

I vostri prossimi progetti?
SB/CO: «I progetti nascono dall’urgenza di raccontare e raccontarsi, ma prima dobbiamo fare il vuoto per accogliere i desideri più onesti. E il nostro così amato Pirandello è difficile da allontanare. Quello che possiamo anticipare è il Barbiere di Siviglia, anch’esso diventato una produzione MTM e nato dallo spettacolo di fine corso della scuola di due anni fa».