Melius abundare aut deficere‎?

Continuano senza sosta gli eventi artistico-musicali allo Sziget Festival di Budapest.

Nel gran bazar performativo-musicale dello Sziget Festival, gli eventi continuano a susseguirsi vorticosamente e, in questo articolo, oltre a valutazioni di carattere generale, apriremo delle specifiche finestre su due performances e l’atteso concerto dei Blur, che, in un certo senso, ben sintetizzano il nostro parere più complessivo sulla kermesse.

Tanto atteso quanto partecipato dal pubblico, il concerto della band inglese, che contendeva agli Oasis il primato nel pop-rock, ne conferma pregi e difetti: arrangiamenti e melodie non particolarmente ricercate, testi di intrattenimento e una esperta tenuta sul palco.

Una “medietà” che, purtroppo, riflette la debolezza dello Sziget, i quale – dopo anni di espansione artistica, oltre che di importanza mediatica – sfoggia i propri pezzi migliori non tanto nei grandi nomi del rock, quanto nelle attività e in gruppi musicali “collaterali” (il Labirinto dei Tarocchi e le rappresentazioni allo Spazio Fidelio di cui diremo più avanti, o anche la ungherese Csìk Band and Friends e i francesi David Guetta e ZAZ, per fare alcuni nomi).

L’idea di poter ascoltare successi più o meno commerciali (dagli Skunk Anansie a Mika, passando per Nick Cave e, appunto, i Blur) continua a esercitare il proprio appeal, invitante al punto da rendere l’isola di Obuda protagonista di quel turismo di massa da cui, fortunatamente, il resto della orgogliosa ed elegante capitale ungherese sembra essere ancora immune. Tuttavia, la formula scelta dall’organizzazione della “troppa” offerta di eventi in contemporanea e che, in effetti, rendono questo appuntamento uno dei momenti clou dell’estate musicale europea, “storpia”. Senza dare mai un attimo di tregua, la musica, di diverso genere e con la prevalenza di elettronica e dance, e i concerti – di poco più di un’ora – concentrati in tempi stretti e palchi di varia dimensione, tutti abbastanza vicini gli uni agli altri, rendono il clima oltremodo frenetico, più che festivaliero.

Non mancano eventi molto interessanti e artisticamente solidi, anzi, l’abbondanza della scelta non è di per sé qualcosa che toglie il respiro, se non fosse frastornante e “fomentata” – ad esempio – dalla poco discreta presenza di venditori di ogni opportunità (dagli sconti per l’assicurazione della moneypay, la card che, caricata con la valùta locale, è necessaria per gli acquisti all’interno dell’isola, ai classici due gelati al prezzo di uno, e l’elenco potrebbe continuare).

Tuttavia, al netto di queste valutazioni negative sull’organizzazione e l’impostazione di base, che rispondono a criteri di successo commerciale, che non condividiamo, ma assolutamente legittimi, alcuni eventi sono risultati davvero positivi e ben studiati. A questo proposito, potremmo citare, i divertentissimi concerti giornalieri allo Spazio Fidelio della Hungarian Opera State, le cui allegre esecuzioni tratte dai “tormentoni” più sentiti della lirica italiana, da Puccini a Verdi, eseguite con brio, personalità e buona padronanza tecnica (più da parte dei cantanti che dell’orchestrina), dimostrano di poter ancora “dire la loro” e svolgere una valida funzione d’intrattenimento.

Sempre al Fidelio si è svolta l’interessante performance di danza contemporanea della Dànyl – Molnàr – Vadas, compagnia composta da tre danzatori, un chitarrista e un violinista/batterista, “inseguiti” da una scenografia mobile a forma di quadrato chiuso su due lati: Skin me alive!, la messa in coreografia della modalità delle odierne relazioni umane con intenzioni da black-comedy e divertissement ironico-amaro.

La performance potrebbe essere letta come il percorso che va dall’età dell’innocenza a quella della responsabilità (intesa “fare le cose come ‘devono’ essere fatte”), passando attraverso il momento di passaggio della “crisi”.
Nella sua fluidità e rapidità, il primo stadio, in cui trova efficace espressione la gioia dello stare insieme, è, probabilmente, il più strutturato e compiuto.
Merito di geometrie armoniose e del rodato feeling tra i ballerini, capaci di ben descrivere una sorta di relazione ancestrale alla Adamo ed Eva (a tre) in cui non esiste (ancora) quel pudore, che – sopraggiunto – vieterà, tanto rigorosamente quanto inconsciamente, quel toccare ludicamente le parti intime del corpo fino ad allora ostentato.
Con la “crisi”, invece, il registro della danza cambia. Dall’ingenuità si passa all’età di “mezzo”, distruttiva e negativa. Ecco che sul palco, dove una indemoniata Tamara Zsòfia Vadas decide di smontare – letteralmente – la batteria dell’esausto Aron Pòrteleki, prende forma un’intuizione semplice ma potente: è il diventare adulti che “impone” – per forza di cose – l’abbandono, con i propri “giocattoli”, anche delle relative sensazioni di meraviglia.
A questo punto si apre il finale con l’inasprimento, inaspettato, dell’elemento di disperazione e il sorgere dei dubbi sulle reali intenzioni della compagnia. Infatti, rispetto all’obiettivo, fermo restando che il livello tecnico dell’esecuzione rimane altissimo, il senso tragico si radicalizza, perdendo completamente ogni sfumatura ironica e sfociando in una glaciale denuncia delle disumanità gestuali che caratterizzerebbero le relazioni contemporanee tra persone.

In questo senso, un passaggio particolarmente drammatico si materializza poco prima del finale: un passo a tre nel quale, messe agli ordini e alla mercé delle “stupide” pretese del “maschio”, le due “femmine” si svestono e si ritrovano a svolgere esercizi tipici del riscaldamento coreutico, una operazione completamente priva di senso che denuncia l’assurdità di ogni comportamento coercitivo e autoritario.

Giovani interpreti, tecnicamente preparatissimi, anche dal punto di vista musicale, alle prese con un obiettivo ambizioso, ovvero esprimere in gesti e musica il drammatico primato dell’oggettività. Una condizione, oggi dominante, che – attraverso la creazione culturale di gerarchie prive di fondamento – svaluterebbe le autentiche esigenze del soggetto a favore di strutture tanto impositive quanto ingiustificate.

Un compito arduo, il cui svolgimento, a voler credere alle descrizione dello spettacolo come “one of the most entertaining dance performance of the last few years“, risulta essere “fuori tema”, ma che, proprio per questo inaspettato “ribaltamento” teorico, risulta, comunque, forse anche di più, “toccante” e provocatorio.

Gli eventi sono andati in scena:
all’interno dello Sziget Festival 2013
location varie

OPERASZIGET
Fidelio Culturezone (Multi-art stage), tutti i giorni dalle 20.00 alle 21.00
Hungarian State Opera
performers: Keszei Bori, Megyesi Schwartz Lùcia, Ràcz Rita, Roser Orsolya Hajnalka, Horvath Istvàn, Kàlmàn Pèter, Szegedi Csaba
conductor Koteles Géza
director Aczél Andràs
Orchestra musicisti della Hungarian State Opera Orchestra

SKIN ME ALIVE!
Fidelio Culturezone (Multi-art stage), 8 agosto 2013, dalle 22.00 alle 23.00
choreography-performers: Dànyi Viktòria, Molnòr Csaba, Vadas Zsòfia Tamara
music Czitrom Adàm (chitarra, effetti), Pòrteleki Aron (batteria, violino)
set Terebessy Tçbias
costumes ARTISTA
lighting Dézsi Kata
production leader Ràcz Anikò

Blur
Pop-rock Main Stage
9 agosto 2013, ore 21.30