Gesti d’animali, fragilità meccaniche, esplosioni visive. E un velo di malinconia

La seconda tappa del multidisciplinare festival a vocazione internazionale Teatro a Corte ha condensato momenti di festa e di comunione con la natura e l’animalità, intensità macchinali e un addio che segna la fine di un’epoca per questa straordinaria manifestazione: quello del direttore Beppe Navello

La nostra rivista ha sempre guardato con grande attenzione le proposte, innovative e sorprendenti, di Teatro a Corte manifestazione che ha costantemente prediletto la ricerca di nuove forme espressive, gli incontri e gli scontri culturali ed estetici, imponendosi come un momento (mai unico e sempre molteplice) di viva agglomerazione teatrale. Ed è quindi con un po’ di tristezza che abbiamo accolto l’annuncio ufficiale, giunto durante la presentazione dello spettacolo Galileo, della fine del rapporto tra il direttore Beppe Navello, che fu all’origine di questa iniziativa e che ha sempre mantenuto il comando della stessa, e l’istituzione torinese. Dieci anni di grandi storie di teatro e di incontri, dieci anni di giustapposizioni estetiche di grande valore e potenza che giungono a un punto di svolta: da (dopo)domani si inizierà a lavorare a qualcos’altro. Ma ciò che è calato sulla serata di sabato 7 ottobre, è stato un velo di malinconia che ha accompagnato la festa visiva proposta dalla compagnia Deus ex Machina con lo spettacolo Galileo. Dieci anni dopo la riapertura della Reggia, eccoci qui a festeggiare un doppio anniversario e un delicato addio.

Una lunga giornata, quella di sabato, che si è aperta, per noi, con lo spettacolo della compagnia Eclats de Rock, Ma bête noire. Nei giardini della Reggia di Venaria, in una piccola arena circense, si è sviluppato il silente discorso danzante e fisico del duo Thomas Chaussebourg-War Zao. E qui è subito necessaria una precisazione. Se Chaissebourg è uomo in carne ed ossa, War Zao è il nome di una splendida, possente creatura cavallina: nera, scura, elegantissima. Lo spettacolo è una danza d’amore, di sentimenti e di condivisione che palesa tutta la sua pregnanza in un luogo visivo colmo di opposizioni. Vige un aspetto umbratile, declinato in tutti i colori del nero (il corpo del cavallo, l’abbigliamento del performer, il sentimento della musica di Bashung) in un movimento di donazione al mondo della visibilità (il pubblico). Il tutto accolto in una lucentissima ed estivale giornata d’ottobre. Un mondo di luci e ombre, di delicati gesti e di una lunga danza che è promenade, corteggiamento, litigio, amore, lotta, imitazione, divertimento, vita. La bête noire è bellissima, affascinante e profondamente libera. Poco importa se la voliera nella quale essa corre sembra non avere via d’uscita: il movimento continuo del cavallo è il sintomo della sua libertà che nessuna barriera può limitare o scalfire. E proprio quelle barriere, che sono la struttura stessa della semisfera, appaiono come trascurabili linee fragilissime che assomigliamo molto di più a segni tracciati nel cielo dagli aruspici che a fenomeni di internamento. La nostra visuale è quindi errata: è necessario entrare in quella gabbia che gabbia non è, per poter sentire l’arte che si sviluppa in questo centro nevralgico. Su quel divano dovremmo esserci noi.

L’animalità sembra mantenersi anche nel secondo momento della giornata, rappresentato dallo spettacolo Transports Exceptionnels della compagnia Beau geste. Ma qui l’animalità sembra mantenersi come forma esteriore, come sindone sbiadita, modificata e aggiornata dal tempo. L’animalità diviene alone mentre il mondo moderno impone le sue forme. Difficile tentare di riassumere altrimenti il tentativo di questa compagnia che spoglia la freddezza e l’insensibilità dell’aspetto macchinale per proporre un balletto che trascende la materia, al punto da negare l’evidenza visiva e facendo emergere quell’alone, quell’animalità sopita che il braccio di un’escavatrice non farebbe mai sospettare. Come in Ma bête noire, anche in questo lavoro di Dominique Boivin (già presentato qui nel 2008) la forza e la pericolosità della macchina/animale mostrano un’insospettabile ed intrinseca fragilità poetica, dove al pericolo è sostituito lo sguardo infantile, luogo dello sviluppo dell’incontro degli opposti (e della loro perfetta convivenza).

Si termina poi con uno spettacolo grandioso, che chiude la seconda tappa della decima edizione di Teatro a Corte, tappa che si è dimostrata particolarmente attenta alle forme del “nuovo circo”. L’attesa era moltissima, ed il breve ritardo rispetto all’orario prestabilito ha contribuito ad intensificare una giusta suspense. Poco dopo le 21, il direttore Navello prende la parola per ringraziare il numerosissimo pubblico presente (circa 4000 i biglietti staccati) e per introdurre Galileo, lo spettacolo che seguirà, annunciando, inoltre, che la presente è la sua penultima giornata da direttore di questa manifestazione. Tra malinconia e attesa, lo spettacolo si apre in un’atmosfera magica, tra fuochi di rituali ancestrali e giochi d’acqua. La rivoluzione galileiana si sviluppa tra scienza ed evocazione, dove la razionalità mostra un aspetto sorprendentemente magico. Ecco che il genio pisano si issa su di un modellino del sistema solare, mentre i suoi aiutanti-folletti si lanciano in una processione di torce e di fuochi. La storia dell’evoluzione scientifica e di una delle menti più lungimiranti e rivoluzionarie dell’epoca moderna è un luogo di incantamento visivo e mentale. Gli ottomila occhi presenti nel cortile d’entrata della Reggia si innalzano al cielo seguendo le evoluzioni circensi della compagnia francese e meravigliandosi della bellezza del nostro universo. Spetta agli artisti di Deus ex Machina mettere il sigillo finale di questa secondo momento di Teatro a Corte, e il loro gesto è di una bellezza rara ed antica, capace di tracciare una linea di fuga tra temporalità lontane e sensibilità agli antipodi.

L’azione di Beppe Navello si chiude su questa bellissima poesia visiva, e siamo certi che essa continuerà, tanto nelle produzione del regista torinese come nelle prossime edizioni di questa iniziativa che ha permesso a decine di migliaia di persone di vivere le dimore sabaude in un altro modo.

Gli spettacoli sono andati in scena:
Reggia di Venaria
Piazza della Repubblica, 4 – Venaria Reale (TO)
sabato 7 e domenica 8 ottobre 2017 dalle ore 12

Fondazione Teatro Piemonte Europa ha presentato
Teatro a Corte
diretto da Beppe Navello con la consulenza artistica di Sylvie Scavacciuti e Mara Serina
dal 7 all’8 ottobre alla Reggia di Venaria Reale

Transports Exceptionnels
compagnia Beau Geste
di Dominique Boivin
assistente Christine Erbé
interpreti Philippe Priasso / Aurélien Le Glaunec e Guillaume Olmeta / William Defresne

Venaria Reale, Via Mensa
sabato 7 e domenica 8 ottobre ore 12 e 18

Ma bête noire
compagnia Eclats de Rock
diretto e interpretato da Thomas Chaussebourg
con il cavallo War Zao
supervisione Fafiole Palassio
musiche tratte da L’imprudence di Alain Bashung
direttore di scena Pascal Aurouet
amministratore di produzione Ronan Martin
con il sostegno di Conseil Général des Côtes d’Armor / Conseil Régional de Bretagne / DRAC Bretagne –Ministère de la Culture et de la communication
coproduzione Le Fourneau, CNAR de Brest / Les Tombées de la nuit, Rennes / Itinéraires bis, association de développement culturel et artistique en Côtes d’Armor / Haras de Hennebont / festival Furies, Chalon en champagne / Haras national et centre culturel de Lamballe / Cirque Jules Verne, Amiens

Giardini della Reggia di Venaria
sabato 7 e domenica 8 ottobre ore 16

Galileo
compagnia Deux Ex Machina

Reggia di Venaria Reale
Sabato 8 ottobre ore 21

www.teatroacorte.it