«Non possiamo vivere senza te(atro Eliseo)» (dalla campagna 2014/15)

«Abbiamo avviato al ministero le procedure per mettere un vincolo alla destinazione d’uso del teatro. I tempi tecnici saranno veloci e così verrà garantito che chiunque sia il proprietario o il gestore dovrà mantenerlo teatro. [..] È un primo passo, il secondo dovrà essere quello di affrontare il nodo del sostegno al teatro. Speriamo che ci sia un coinvolgimento finanziario da parte del Comune e della Regione. I teatri sono sempre importanti, indipendentemente da chi è proprietario, sono luoghi fondamentali per un Paese che investe sulla cultura».

Con queste parole Dario Franceschini, Ministro del Beni Culturali, ha esordito nell’assemblea permanente del 10 luglio, forma di protesta che in questi giorni è portata avanti dai lavoratori dell’Eliseo per la grave situazione in cui versa lo stabile di via Nazionale e che ieri sarebbe dovuta culminare con lo sfratto esecutivo. Un intervento che si è guadagnao gli applausi dei presenti e che certamente risolverà uno dei problemi più urgenti, ovvero il paventato rischio di una conversione dello storico teatro romano in luogo ricreativo e d’intrattenimento. Una ipotesi non tanto lontana, visto l’epilogo di uno dei teatri più interessanti di Milano, il Teatro Smeraldo, che dal 2012 è stato tristemente trasformato in un negozio Eataly.

Pertanto, le parole e, soprattuttuo, le azioni del ministro rappresentano un segnale positivo, pur non risolutore per almeno due motivi. Il primo è che l’ufficiale giudiziario ha semplicemente concesso una proroga allo sfratto, spostandolo dal 10 al 29 luglio. Il secondo riguarda, invece, l’annosa questione di andare oltre la semplice sopravvivenza del Teatro Eliseo, sul cui destino gravano debiti vicini al milione di euro, tra investimenti strutturali necessari e affitti arretrati nei confronti della Eliseo Immobiliare srl.

Una vicenda, che fa passare almeno per un attimo in secondo piano lo stantìo dibattito sul Teatro Valle (forma di concorrenza sleale o illuminato esempio di bene comune?), e rappresenta per tutti i personaggi coinvolti, dalle istituzioni alla dirigenza dell’Eliseo, il chiaro monito di un tempo che è ormai scaduto. Perché in ballo non c’è solamente un edificio, per quanto prestigioso e importante esso possa essere, ma una buona parte della vita di chi ci lavora. Come dichiarato dal direttore comunicazione e marketing Nicola Sapio: «Noi lavoratori siamo interessati a che questo posto resti un teatro e che la forza lavoro resti la stessa. Il primo obiettivo è quello di non farlo chiudere».

Un impegno capace di arrivare a numeri di rilievo – «8.000 abbonati e 200.000 spettatori ad ogni stagione teatrale» – e che oggi sembra dipendere da «due differenti proposte economiche – continuano le organizzazioni sindacali – la prima, capeggiata dal produttore teatrale Francesco Bellomo, vedrebbe la formalizzazione di un’offerta comprendente l’affitto dello stabile e l’ingresso nella società di gestione Eliseo Teatro S.r.l., mentre la seconda, capeggiata dall’imprenditore Cavicchi, vede formalizzata la sola proposta d’affitto per lo stabile, dipingendo per quest’ultima uno scenario incomprensibile sul futuro dei lavoratori e del teatro stesso».

Un puzzle di non semplicissma risoluzione, in particolare per resistenze interne di Carlo Eleuteri e la fumata grigia dell’incontro «avvenuto venerdì 4 luglio tra l’Eliseo Teatro srl e i rappresentanti della proprietà delle mura ing. Vincenzo Monaci e Stefana Marchini Corsi, quando non è stato possibile il raggiungimento di alcun accordo a causa dell’assenza del sig. Carlo Eleuteri, uno dei tre soci della Eliseo Immobiliare srl», come ricorda il comunicato congiunto di SLC-CGIL e UILCOM-UIL dello scorso 7 luglio.

Nel frattempo i lavoratori restano in assemblea permanente e i sindacati chiedono un tavolo di confronto con le istituzioni, sperando che la data del 29 luglio sia quella di un nuovo inizio.