Teresa e la smania di vivere o morire

Il teatro Studio Uno produce e ospita Teresa santa, puttana e sposa, qualcosa a metà tra soap-opera e tragedia, ispirata a Teresa stanca di guerra di Jorge Amado.

Un serial teatrale in cinque capitoli si srotolerà da ottobre 2017 a marzo 2018, segnando il filo rosso della stagione al Teatro Studio Uno. Dopo la prima puntata a ottobre con Teresa debutta al cabaret, il cui allestimento aveva sofferto qualche immaturità di troppo nella gestione dello spazio scenico aperto e nei ritmi calanti, a seguire è stato lo straziante La fanciulla che sgozzò il caporale, la cui parte introduttiva si svolge nel foyer, con gli attori che fanno precipitare l’azione tra il pubblico stretto intorno al giaciglio su cui dorme Teresa.

Il buio è incalzato da una solitaria lampada alogena, tale da rendere il clima denso di umori emotivi da omicidio. Il pubblico ha la sensazione di essere stato teletrasportato sul luogo di un misfatto e – non visto – stia per esporsi a qualcosa di terribile senza la protezione di una rassicurante platea. È questa la posizione ideale per chi accetta il rischio del Teatro. Teresa è venduta al caporale Justino Eduardo De La Rosa in cambio di pochi soldi e un anello.

Non c’è sicurezza estetica. I nostri sensi sono allerta; un turbamento di pericolo ci circonda. Gli attori hanno movenze quasi ferine. Parlano un idioma che mescola insieme la lingua sinta e il marchigiano della Valnerina, molto sonoro, con il caporale a masticare un pugliese grasso, condito con arroganze slave. Niente vie di fuga da un destino che ci scrive addosso. Anche noi siamo imprigionati con loro.

Si cambia location: seguiamo l’azione nella Sala Specchi, con la scena a ridosso del pubblico come dentro a una rappresentazione sacra. La casa delle tre sorelle Morali – rampolle di una famiglia influente – hanno dirimpetto le finestre del caporale. Ammirano lo spettacolo delle botte che seguono agli stupri. Le parole colpiscono materialmente, sono fili che straziano come in un attacco convulsivo. Il dolore soffoca quel mistero del letto di cui mai nessuna ragazza dev’essere privata. Ora Teresa è una schiava.

«Mi picchia per niente» confida a Daniele, un bellimbusto romagnolo irretito dalla ragazzina. Ma cos’è che il caporale vuole uccidere in Teresa? Forse il “niente”, quella capacità seduttiva di suscitare in un uomo la mancanza. Il caporale liquida l’equivoco dell’amore facendola schiava, rendendosi insensibile a una grazia, a una carezza, a un bacio, sentendo di poterlo solo letteralmente strappare: un brano di corpo qui, le labbra lì, i glutei separati dal tronco. Prima di arrivare al segreto mistero del “rame che si fa oro”, la mano di Daniele sente le cicatrici sul suo corpo, le scottature del ferro da stiro come a marchiare il vitello di una mandria.

Recitazione, canto deliberatamente dissonante (Te possino dà tante cortellate), parodia, danza, si amalgamano come in quei iperrealistici racconti narrati nelle piazze, dove solo i cantastorie avevano il potere di evocare il testo non scritto di antiche leggende. Destino e morte potevano essere esorcizzati con la mania del dire, del sentirsi spossessati perfino di sé stessi, in quel disperato e ubriaco fluire che è la vita per come trascina via.

Gli attori danno la sensazione di questo spossessamento estetico. Voci, corpi, eros (col suo insistente contorno di thanatos), tutto questo armamentario espressivo vuole arrivare a quell’attimo in cui il grande teatro si fa carne, comprendendoci in esso. Ci sentiamo dolenti, gettati a ritroso anche noi al primo mistero del sesso, al ritmo battente di un ansimare che ci ha fatto smaniare di morire e di vivere. Mille anni di attesa o pochi mesi, valgono a seguire questo straordinario grumo di sangue e anima teatrale. Dove? Lì dove tutto è cominciato e dove tutto finirà, proprio dietro un sipario abbassato. Che sia quello (inesistente) del Teatro Studio Uno, non può che farci piacere.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Studio Uno
via Carlo della Rocca 6, Roma
dal 14 al 17 dicembre 2017

Teresa santa, puttana e sposa – capitolo 2. La fanciulla che sgozzò il caporale con il coltello per tagliare la carne secca
di Marco Bilanzone
regia Lorenzo Montanini
costumi Valentina Cardinali
assistente alla regia Alessia Giovanna Matrisciano
con Nadia Rahman-Caretto, Flavia Germana De Lipsis, Mattia Giordano, Jessica Granato, Riccardo Marotta, Eleonora Turco
Produzione Teatro Studio Uno