Dal tra al con

Due prime assolute e una prima nazionale nella terza giornata del Festival ideato e organizzato da Teatro Akropolis per passare dal silenzio all’aspirazione al dialogo.

Genova. Sabato 9 novembre è interamente dedicato al Butō, grazie a tre spettacoli, un incontro/convegno e una mostra fotografica concentrati in poche ore e in un unico spazio, Palazzo Ducale. La prima proposta è, come da sottotitolo, “l’omaggio ai rifugiati che hanno perso la vita nel Mar Mediterraneo” di e con Tadashi Endo. Souls in the Sea è una performance perfettamente in linea con la poetica e l’estetica, ma anche l’impegno politico, di Endo, così come ci ha raccontato lo stesso autore e performer nell’incontro tenutosi ieri all’Istituto di Studi Orientali Celso. Si notano, infatti, i rimandi teatrali, una drammaticità espressiva vicina alla tradizione occidentale, un minimalismo nei movimenti delle mani che richiama la capacità di inscrivere emozioni in forma visiva della Carolyn Carlson di Immersion. Il light designing è pregnante in sé, rimandando, nell’alternanza di luci e ombre, al movimento ritmico delle onde, dei flutti del mare aperto in piena notte quando, inferocito, fagocita e seppellisce corpi di cui cancella persino la memoria. Endo si muove seguendo il ritmo della musica, una musica che suggerisce stati d’animo ed emozioni, oltre ai movimenti sempre significativi. Ma soprattutto indica, attraverso la sua gestualità ed espressione, la soglia che separa – e unisce – fattualità e possibilità, assenza e compresenza, scissione e dialogo. Il MA, ossia il vuoto tra due pieni, che Endo pone a fondamento della propria visione del Butō, qui si esplica in maniera estetica in un uso sagace del ritmo che, ovviamente, si compone di pieni e vuoti, silenzi e suoni, respiri ed emissioni; e in maniera etica in un anelito verso quella mano che può salvare, fisicamente e simbolicamente, accogliere, abbracciare, ma sempre più spesso si ritira, inerte, inerme, ma non innocente.

A seguire, l’incontro Danza, scrittura, libri. Il caso del Butō, curato e moderato da Samantha Marenzi, con la partecipazione di Katja Centonze, Raimondo Guarino e Alessandro Pontremoli. I relatori intervenuti hanno cercato di spiegare e indagare i legami tra la cultura, soprattutto letteraria e filosofica occidentale, e lo sviluppo del Butō, oltre che tra questa danza contemporanea giapponese e il corpo. Purtroppo Guarino e Pontremoli – nonostante l’indubbio valore accademico – ognuno per proprio conto e senza un vero dialogo con la moderatrice o con il pubblico, hanno tentato di sviscerare l’intero scibile umano, con rimandi anche colti ma, ai più, incomprensibili, lasciando Centonze in difficoltà – come lei stessa ha ammesso – perché dopo un’ora di soliloqui a 360 gradi è difficile fornire strumenti precisi o concentrarsi su un unico punto (anche se speriamo di recuperare, almeno in parte, alcune considerazioni di Centonze, leggendo il saggio Letteratura invaghita del corpo. La danza di Hishigata Tatsumi riflessa nelle parole di Mishima Yukio, contenuto nel decimo volume di Testimonianze Ricerca Azioni, appena edito da AkropolisLibri). Al termine è venuto spontaneo chiedersi quale senso abbia citare, in un incontro aperto al pubblico e non in un’aula universitaria, un Maurice Merleau-Ponty o un Antonin Artaud, en passant, come se tutti sapessero chi sono e senza soffermarsi indagando le correlazioni, reali o presunte, con il Butō. Non si comprende nemmeno perché se il concetto base espresso da Endo è il MA, ossia l’in between, non ci si sia concentrati semplicemente su quello, mostrando magari altre visuali del medesimo valore estetico. L’importanza della critica alla politica imperialista giapponese nel Secondo Dopoguerra – soprattutto a causa delle stragi compiute dalle bombe atomiche statunitensi sganciate su Hiroshima e Nagasaki – quale elemento propulsore della nascita del Butō è stata appena accennata, quando (soprattutto visto l’impegno politico di Endo e la performance Souls in the Sea) avrebbe potuto essere il fulcro della discussione. In questi incontri, visto il loro fine divulgativo, bisognerebbe forse evidenziare un solo concetto base (o due) connesso con quanto si è visto o vedrà, collegato alle poetiche degli artisti presenti, e su quello discorrere dialogando con il pubblico. Confrontando l’incontro della giornata precedente all’Istituto Celso con questo emergono altre due considerazioni. La prima è il valore e il piacere di sentire, soprattutto fuori dalle aule universitarie, gli artisti parlare di sé – più che gli accademici cercare di sviscerarli. Il secondo concerne l’arte del divulgare e quanto la stessa sia difficile (un Bruno Zevi, ad esempio, resta un’eccezione).

Dopo l’inaugurazione della mostra fotografica Corpus imaginis, a cura di Samantha Marenzi (con foto della stessa e di Alberto Cani) ci si è spostati nella Sala Minor Consiglio, dove Alessandra Cristiani ha presentato Corpus Delicti – lavoro ispirato a Egon Schiele. Come la performance dello scorso anno, Clorofilla, in scena sempre a Testimonianze Ricerca Azioni, notiamo un inizio interessante, intimo, riflessivo (sebbene le forme anamorfiche dei corpi di un Schiele o di un Bacon abbiano già sollecitato l’interesse di altri artisti che hanno costruito percorsi estetici maggiormente pregni di senso, quali Leonardo Diana in Egon o Antonio Latella con Caro George). Il prosieguo, però, come in Clorofilla, si slabbra. Dal gioco con la candela (abbastanza fastidioso e manierista) in avanti si nota la dimensione del mostrarsi piuttosto che del mostrare – che è cosa ben diversa. Il finale, poi, lungo e ripetitivo, non aggiunge nulla e, come nel succitato lavoro precedente, si nota come il vestirsi sembri comportare, per Cristiani, un passare dall’estetica Butō – a maglie larghe – a una serie abbastanza incomprensibile di gesti e movimenti nello spazio.

Finale di giornata nuovamente nella Sala Maggior Consiglio con 100 Light Years of Solitude di e con Yumiko Yoshioka. Come con Endo, anche qui notiamo elementi di consonanza con quanto raccontato dagli artisti il giorno precedente. L’attenzione per oggetti ed elementi scenografici si esplicita in un costume metamorfico dal quale Yoshioka emerge e con il quale gioca e si confronta. I suoi movimenti sono meno precisi, più vicini a un’improvvisazione di matrice occidentale, lontani dalla forma ieratica del Butō ma, in alcuni casi (sebbene non sempre), di grande espressività. Un essere nasce da un uovo e si misura, prima, con il mondo che lo circonda; poi, con il suo corpo e, infine, con la sua stessa immagine riflessa nell’acqua – in maniera, però, non narcisistica, bensì come ricerca dell’altro da sé. La consapevolezza della propria immensa solitudine sarà l’amaro finale. Piacevole divertissement adatto a tutte le età.

L’anno prossimo si concluderà il percorso di Testimonianze Ricerca Azioni nell’universo del Butō. Un percorso che, ricordiamo, era iniziato l’anno scorso con una forma di Butō davvero vicina, eticamente ed esteticamente, al teatro della crudeltà di Antonin Artaud, ossia con Imre Thormann e Masaki Iwana – due vette di quest’arte quasi irraggiungibili.

Spettacoli ed eventi si sono svolti nell’ambito di Testimonianze Ricerca Azioni:
Genova, varie location

sabato 9 novembre 2019, ore 16.00
Palazzo Ducale – Sala del Maggior Consiglio
piazza Matteotti, 9
Tadashi Endo in:
Souls in the Sea
Homage to the refugees who lost their lives in the Mediterranean Sea
danza, coreografia, disegno luci e scena Tadashi Endo
musica Daniel Maia

ore 17.00
Palazzo Ducale – Sala Liguria
Danza, scrittura, libri. Il caso del Butō
incontro a cura di Samantha Marenzi
con Katja Centonze, Raimondo Guarino, Samantha Marenzi e Alessandro Pontremoli

ore 19.00
Palazzo Ducale – Sala Liguria
Corpus Imaginis
inaugurazione mostra fotografica a cura di Samantha Marenzi
immagini Alberto Canu e Samantha Marenzi

ore 20.00
Palazzo Ducale – Sala del Minor Consiglio
Corpus Delicti
concept e performance Alessandra Cristiani
musiche Gianluca Misiti
luci Gianni Staropoli
produzione PinDoc
coproduzione Teatro Akropolis
in collaborazione con Lios
con il sostegno di MIBAC, Regione Siciliana

ore 21.30
Palazzo Ducale – Sala del Maggior Consiglio
100 Light Years of Solitude
regia, coreografia, danza Yumiko Yoshioka
co-regia Miguel Camarero
light design e direzione tecnica Spiros Paterakis
Music composition Tomas Tello e Zam Johnson
costume Pablo Alarcon

Foto di Edgar Gutierrez Calvillo