Godibile ma depotenziato

La Stagione lirica del Verdi di Pisa si inaugura con una scelta di innovazione – da parte del suo direttore artistico – che va plaudita. The Beggar’s Opera nella versione di Ian Burton e Robert Carsen, però, a livello interpretativo e coreografico non convince del tutto

Premessa. La proposta di questo titolo (ieri come oggi, una farsa contro il potere, non solamente politico e capitalistico ante litteram, ma anche lo strapotere dell’opera italiana con tutti i suoi vezzi e i suoi vizi), al Teatro Verdi di Pisa, di domenica pomeriggio, potrebbe apparire avventata. Al contrario, la risposta entusiastica del pubblico al termine dello spettacolo, è la dimostrazione più lampante che è ormai tempo di proporre qualcos’altro sui palcoscenici lirici toscani, oltre al melodramma e all’inflazionato Puccini. E noi plaudiamo.
Detto questo, la versione di Ian Burton e Robert Carsen ha ottime carte da giocare, ma non vince tutte le partite.
Sicuramente di grande interesse l’ideazione musicale di William Christie e l’esecuzione dell’ensemble Les Arts Florissants, che riescono a conservare il sapore melodico dell’originale, innestando arrangiamenti che attualizzano i temi – un mix di classico e contemporaneo che non tradisce il senso del lavoro di Pepusch e si sposa alle scelte di ambientazione della nuova versione firmata da Burton e Carsen. Anche la scenografia, con l’intero fondale rivestito di scatoloni, si dimostra significante incisivo che racconta di un universo capitalistico dove tutto si compra e si vende, dove l’unica cosa che conta è: «What’s in it for me?» (io cosa ci ricavo?) e dove chi non è in grado di arraffare e truffare – legalmente o illegalmente – finisce sulla strada, a dormire sotto un cartone. Convincono anche le interpretazioni di Robert Burt, nel ruolo di Mr. Peachum, Kraig Thornber nei panni di Lockit, e di Beverley Klein che si sdoppia tra Mrs. Peachum e Diana Trapes.
La resa contemporanea del testo, però, non vola alto, restando confinata soprattutto all’uso del turpiloquio (che, in qualche caso, si spreca), e a poche battute – tra le quali quella sulla famiglia reale, abbastanza scontata, e quella contro Theresa May (che, vista la produzione francese, sembra quasi dovuta). Mentre, se proprio si doveva attualizzare un testo già corrosivo in partenza, non si capisce perché lasciare inalterati i ritratti femminili che l’Opera di Gay regala: donne stupide e vanesie, oppure meramente interessate alla pecunia o, ancora, ingenue fino all’idiozia.
Altre scelte convincono ancora meno. Innanzi tutto, le prove attorali e canore del cast giovane. Se Benjamin Purkiss (Macheath) fatica persino a seguire la musica e spesso la sua voce si abbassa fino a rendere inudibile le ultime sillabe (quando non parole), non sono meglio né Kate Batter (Polly Peachum) né Olivia Brereton (Lucy Lockit) – la prima eccessivamente stereotipata, la seconda dotata di una voce talmente acuta da rendere difficile discernere quando stia recitando e quando intonando un’aria. In realtà, l’interpretazione dei tre succitati è talmente prevedibile, incapace di sollevarsi da uno stile medio British – che può andar bene dalla serie televisiva al film di cassetta – da lasciare perplessi. L’ironia feroce del testo non passa attraverso le interpretazioni ma, essendo il pubblico italiano preso a leggere i sovratitoli, è comprensibile che un porgere personaggi e battute in maniera tanto accademica sia passato inosservato.
Anche dal punto di vista coreografico bisogna lamentare un’assenza di consequenzialità tra balletti in stile stacchetto tv e l’ambiente dove questi uomini e donne agirebbero. Attingere, magari, all’universo hip hop avrebbe favorito una maggiore aderenza tra gesto e ambientazione – e del resto, la cura del gesto non risulta sempre all’altezza di una produzione del teatro che, per oltre trent’anni, è stato diretto da Peter Brook. Le smancerie delle “puttane” (come più volte definite), solo per fare un esempio, sanno di scuola di recitazione.
Purtroppo, proprio queste scelte stereotipate – che non riesco a scarnificare il testo attraverso una lettura grottesca o, per lo meno, ferocemente ironica – finiscono per depotenziarlo in un finale che, oltre a essere un disneyano happy ending, risulta alquanto qualunquista. In fondo, come diceva Tancredi: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Ma qui, siamo all’opposto de Il Gattopardo, perché non resta l’amaro in bocca di fronte a simile constatazione. E se il trasformismo non suscita insofferenza, bisogna ammettere che o il pubblico ne è ormai avvezzo, o il messaggio di Gay, in questa nuova produzione, risulta annacquato.

 

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Verdi

via Palestro, 40 – Pisa
domenica 21 ottobre, ore 15.30

Il Teatro Verdi di Pisa ha presentato:
The Beggar’s Opera

ballad opera di John Gay e Johann Christoph Pepusch
nuova versione di Ian Burton e Robert Carsen
regia Robert Carsen
ideazione musicale William Christie
personaggi e interpreti:
Mr. Peachum Robert Burt
Mrs. Peachum / Diana Trapes Beverley Klein
Polly Peachum Kate Batter
Macheath Benjamin Purkiss
Lockit Kraig Thornber
Lucy Lockit Olivia Brereton
Jenny Diver Lyndsey Gardiner
Filch / Manuel Sean Lopeman
Matt Gavin Wilkinson 
Jack / Prison guard Taite-Elliot Drew
Robin Wayne Fitzsimmons
Harry Dominic Owen
Molly Natasha Leaver
Betty Emily Dunn
Suky Louise Dalton
Dolly Jocelyn Prah
con i musicisti dell’ensemble Les Arts Florissants
conduzione musicale e clavicembalo Florian Carré
ricerche musicali Anna Besson e Sébastien Marq
edizione musicale Pascal Duc (Les Arts Florissants)
scene James Brandily
costumi Petra Reinhardt
coreografia Rebecca Howell
luci Robert Carsen e Peter van Praet
drammaturgia Ian Burton
collaboratore alla messa in scena Christophe Gayral
assistente alla messa in scena Stéphane Ghislain Roussel
trucco e parrucche Marie Bureau du Colombier
sound design Léonard Françon
responsabile casting David Grindrod CDG
sovratitoli Richard Neel
stagista costumista Jana Höreth
stagista scenografo Ava Rastegar
produzione C.I.C.T. -Théâtre des Bouffes du Nord
coproduzione Les Arts Florissants con il sostegno di CA-CIB, Angers Nantes Opéra, Opéra de Rennes, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Opéra Royal / Château de Versailles Spectacles, Grand Théâtre de Genève, Théâtre de Caen, Edinburgh International Festival, Festival di Spoleto, Centre Lyrique Clermont-Auvergne, Opéra Royal de Wallonie-Liège, Opéra de Reims / La Comédie de Reims CDN, Teatro Coccia di Novara, Teatro Verdi di Pisa, Attiki cultural Society, Cercle des partenaires des Bouffes du Nord
con il generoso supporto di KT Wong Fondation
costruzione scene Angers Nantes Opéra
(in inglese con sopratitoli in italiano)

www.teatrodipisa.pi.it