L’anima nera delle fiabe messe a nudo

Le fiabe classiche, spogliate da Licia Lanera della loro prospettiva didattica e consolatoria, vengono narrate sul palco del Teatro Argot (Trastevere) in una fusione di voce, musica e movimento.

Licia Lanera – attrice barese e vincitrice del premio Ubu nel 2014 -, trascina gli spettatori nella sua notte insonne, popolata da inquietudini e paure. E così racconta.

Risale alle origini della letteratura per l’infanzia, alla sua versione più diffusa e conosciuta, e la sviscera completamente. Quando la notte non dorme, Licia Lanera racconta fiabe.

Nelle fiabe nere, svuotate di buonismo, ciò che rimane è l’umanità estrema. Le storie si sfibrano, si sfaldano, e dietro i caratteri tessuti alla loro radice non rimane altro che la tragedia della realtà: ferocia, aggressività, fallimento. Fiabe che non fanno dormire e che, nella loro versione autentica e strappate via alla loro dimensione moralistica, tornano al pubblico attraverso la voce della Lanera come bruscamente rigettate nella loro dimensione terrena.

Le protagoniste che le abitano non hanno il candore loro attribuito dall’adattamento per bambine e ragazze, ma possiedono la carnalità del corpo femminile e il dolore fisico e psicologico che la accompagna. Soffrono come donne e non come rappresentazioni di purezza, di eroismo. Cenerentola, la Sirenetta, Biancaneve, Scarpette Rosse e la Regina delle nevi prendono vita dall’interazione di gesti, voce, musica pop che allo stesso tempo stride e ricalca e accompagna le storie.

Nella nebbia fitta, tra le scariche di luce, l’autrice-regista si rivela nel proprio corpo in movimento, nella femminilità primordiale e carnale, troppo spesso repressa o ignorata perché rifiutata dalla società. La manifestazione della fisicità di una donna qualsiasi, aggressiva, spudorata, quasi volgare, risulta disturbante per i più, che riconoscono solo l’agitarsi ossessivo di un corpo sregolato. L’attrice e il suo abbigliamento – nero come tutto nella rappresentazione, aderente, provocante – sono ciò di più lontano possibile dalla delicatezza eterea delle protagoniste delle fiabe, eppure ne incarnano l’anima.

Lei insonne, sola nella scenografia buia e minimalista, è al tempo stesso tutte le eroine delle sue storie e tutte le donne che prestano attenzione: perché le due identità non risultano essere poi così lontane.

Nelle storie dei fratelli Grimm o di Andersen, il lieto fine spesso non c’è o comunque non può essere così considerato per tutti. Le sorellastre di Cenerentola vengono accecate dagli uccelli mentre la conducono all’altare e tutto è narrato con la semplicità di una fiaba e l’oggettività della cronaca nera. Ma Cenerentola, sullo sfondo di una sottile ironia, riesce ad avere un lieto fine sposando il principe – talmente innamorato di lei da doverla riconoscere attraverso la misura di un piede, e da scambiarla per ben due volte con le sorellastre, quasi costrette a mutilarsi dall’ossessivo desiderio e tormento di un destino dorato nel palazzo principesco.

La Sirenetta, secondo la versione autentica di Andersen, si dissolve in schiuma di mare perché l’uomo che ama non sa riconoscerla e la scambia con un’altra. Ammutolita dal sortilegio, costretta in un dolore silenzioso, con gli occhi che urlano attraverso le parole dell’autrice, la Sirenetta muore perché non riesce ad ucciderlo, perché se lo uccidesse non riuscirebbe più a vivere. E i loro uomini, i loro principi in queste storie, la Lanera non smette ironicamente di sottolinearlo, sono sempre «un po’…».

Con trasporto e maestria Licia Lanera narra di carne e sangue e dolore attraverso una voce a volte ottundente, schiamazzi infantili o sussurri violenti tra i respiri del dormiveglia. Inframmezzata da momenti di musica e danza; la sua recitazione mozzafiato e catartica avvolge lo spettatore nella tenebra della dimensione onirica e lo accompagna anche dopo la fine.

Tra fiaba e sogno, lo spettacolo – per l’interpretazione magistrale e l’impeccabilità degli aspetti tecnici – si concretizza in una tangibile e pessimistica visione della realtà.

Licia Lanera crea, accetta e vince la sfida da lei stessa creata. L’obiettivo ambizioso di rappresentare i lati più oscuri della psiche femminile fa sì che nel percorso si muovano critiche implicite alla costrizione della donna in un ruolo fiabesco che prevede solo un certo tipo di femminilità, amorevolmente chiusa in una gabbia di pizzo.

L’allegoria palese della scena racchiude un significato poco nascosto, ma non per questo meno profondo. Colpisce i sensi e qualcosa di più interno, di più oscuro.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Argot
via Natale del Grande 27, Roma
dal 2 al 4 febbraio 2018
ore 20.30, domenica ore 17.30

The Black’s Tales Tour
di Licia Lanera
sound design Tommaso Qzerty Danisi
luci Martin Palma
scene Giorgio Calabrese
costumi Sara Cantarone
consulenza artistica Roberta Nicolai
organizzazione Antonella Dipierro
regista assistente Danilo Giuva
regia Licia Lanera
produzione Fibre Parallele
coproduzione CO&MA Soc. Coop. Costing & Management
con il sostegno di Residenza IDRA e Teatro AKROPOLIS nell’ambito del progetto CURA 2017ù
durata 60′

Articolo scritto all’interno del percorso di Alternanza Scuola Lavoro condiviso tra l’Associazione Culturale Persinsala e il Liceo Terenzio Mamiani di Roma