Noi che schiviamo l’unica certezza

Babilonia Teatri rappano parole di riflessione sulla morte, tabù ancora gelosamente covato dalla paura di una società che ha abolito la parola fine.

Parole sparate, a ritmo deciso e in un incedere perfettamente scolpito nello spazio, parlano della morte, del suo rifiuto da parte di una società che, oggi più che mai, la esclude come epilogo di un’esistenza che pretende di guardare all’eternità. Il Teatro diventa gabbia che non offre scampo: sanno di gelido le parole che Valeria Raimondi rappa al pubblico, con lo sguardo fisso rivolto all’infinito per trapassare le mura e aprirsi al mondo, dissolvendosi in una litania che fa stridere l’angoscia, tanto da indurla allo straniamento. Nulla di nuovo fondamentalmente, ma pensieri di tutti: passano di sfuggita nelle nostre menti e con altrettanta velocità, per evitare di cadere nella riflessione, li cacciamo e resettiamo il cervello.

Ci scontriamo con la morte quotidianamente, sentiamo di gente che soffre per malattia, parliamo di badanti che offrono sostegno ai cari parenti sul finir della vita, compriamo la carne al supermercato, mangiamo sano e andiamo in palestra per evitare che il corpo “cada”, corriamo verso un futuro che non ha orizzonte, ben attenti a non avvicinarci alla concretezza della vita che ci pare così lenta. Ci sentiamo in diritto di evitare la morte, escludendola dalle certezze del futuro.

Valeria Raimondi, nel suo abito paillettato che riluccica di vita, si muove poco sulla scena che impone una sola immagine costruita: un crocifisso e due teste, di un bue e di un asinello, in un caldo presepio dell’anti-natività.

“Sogno l’alito di un bue/ di un asinello/ sogno di trattenere la vita fin dove è possibile/non oltre/non so cosa farmene di estranei attorno al mio letto”, la Raimondi si fa voce della speranza dell’umanità, dell’ultimo desiderio cosciente che ci riaggancia alla nascita, quando, accuditi e sorvegliati, inconsapevoli della solitudine, abbiamo ricevuto tutto l’amore del mondo.

Ma la vita non finisce, è in evoluzione continua, usa i nostri corpi per tendere all’infinito attraversando il tempo e lo spazio come un vettore in perpetuo respiro. L’immagine della madre col suo bambino ne diventa emblema e con essa, forse, ci si può veramente avvicinare alla morte.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatri di Vita
Via Emilia Ponente 485, Bologna
fino al 28 Gennaio 2012
ore 21

The end
di Valeria Raimondi e Enrico Castellani
con Valeria Raimondi
e con Enrico Castellani, Ettore Castellani, Ilaria Delle Donne, Luca Scotton
scene Babilonia Teatri, Gianni Volpe,, Luca Scotton, Ilaria Delle Donne
Luci e audio Babilonia Teatri, Luca Scotton
costumi Babilonia Teatri, Alice Castellani
produzione Babilonia Teatri, CRT Centro di Ricerca per il Teatro
in collaborazione con Operaestate Festival Veneto e Santarcangelo 40
con il sostegno di Viva Opera Circus

www.babiloniateatri.it
www.teatridivita.it