Una favola per riflettere

Carolina Balucani, autrice e interprete di Thyssen, facendo leva sulla crisi dell’omonimo e tristemente celebre complesso industriale, presenta una drammaturgia che arriva a toccare lo sbandamento di chi, perso il proprio lavoro, si sente privato della propria esistenza.

Una storia tanto drammatica, di cui il triste finale è noto, quanto difficile da affrontare e tradurre in un testo teatrale che sia credibile. Ma, non si tratta, nel caso di questo Thyssen, spettacolo che inizia nel momento stesso in cui il pubblico è impegnato a prendere posto in sala, con la piscina posta di fronte agli spettatori e la Balucani già in acqua che si muove e gesticola fra le paperelle gialle per stemperare gli animi.

La storia è quella di un operaio delle acciaierie che, accordatosi con la dirigenza, ha scelto di comune accordo per l’allontanamento volontario in cambio di una cospicua somma di denaro, tale da permergli di vivere come se fosse in una vacanza perpetua, da cui la scelta della piscina quale habitat naturale. Ciò che potrebbe rimembrarsi alla mente dello spettatore è uno dei racconti di Ernest Hemingway con il protagonista di Nevi del Kilimangiaro che viene valutato in maniera introspettiva: «non avrebbe più scritto le cose che aveva rimandato a quando avesse avuto l’esperienza per scriverle bene». Un po’ come dire che l’equazione con cui viene valutata la propria vita, nei momenti in cui si da un taglio netto a tutto, è pari alla foga con cui la stessa viene vissuta. Nel mondo di Hemingway non c’è mai il tempo per vivere e sperimentare tutto quello che si vorrebbe, tutto scorre in fretta. L’ex operaio della Thyssen si trova nella situazione opposta: ha tutto il tempo che vuole ma, non sa come impiegarlo, non ha quella passione necessaria e si sente inutile.

La Balucani indaga l’esistenza di chi vive in questa sorta di vacanza, che in realtà è dentro una atmosfera surreale di estraniazione che dilaga nella perdita d’identità. Quante sono le paperelle nella piscina? L’attrice prova a contarle, ma è evidente da subito come il numero di duecentonovanta non sia reale, se non fosse che tale numero si trasforma in qualche cosa di diverso. Si chiede alle anatre di giocare all’incendio: «devono giocare per forza, fa parte del loro lavoro» dice il guardiano della piscina. Le anatre staranno in acqua per molte ore, non si potranno rifiutare di giocare, e quando arriverà l’onda pericolosa che brucia dovranno azionare l’estintore fino a che non andranno in cassa integrazione. Il vortice in cui è caduto fanno associare all’l’operaio sette anatre tolte dalla piscina e gettate a terra dalla Balucani come le sette persone morte alle acciaierie Thyssen di Torino.

Sette anatre che non avrebbero potuto giocare secondo le regole perché l’estintore non c’è e ad aspettarle non c’è che la morte, anatre che, prima di morire, erano persone che avevano madri, le quali non potranno mai più rivedere i propri figli, se non al cimitero.

La favola che accompagna la narrazione è quella di Hansel e Gretel. Si tratta di una favola che insegna ai bambini a stare attenti, perché le apparenze a volte ingannano. Una casa fatta di zucchero e marzapane è succulenta e invitante, porta a entrare e credere di aver raggiunto il massimo. Poi, come sappiamo, la casa è occupata da una strega che vorrebbe divorarci e che, suo malgrado, finisce per essere bruciata in un forno, come avviene nel caso Thyssen.

Un giorno, il legame fra operaio e azienda dovrà finire, non sarà amore eterno. La promessa dello spettacolo è mantenuta: chi nella realtà è morto, lo ha fatto sul serio. La Balucani ha utilizzato un dolce modo di raccontarlo, nei momenti in cui ci si sarebbe aspettato un urlo si è sentita la sua voce strozzata e impotente.

È ancora il tempo in cui il dipendente è schiavo del datore di lavoro? A questa domanda è difficile rispondere. Hemingway decise di risolverla così: «di magnifico c’è che non fa male». Siamo talmente assuefatti all’idea del lavoratore che può diventare vittima, che nulla ci sconvolge.

Tutti gli spettacoli del TerniFestival

Lo spettacolo è andato in scena:
Studio Uno | CAOS Terni
Via Campofregoso 98 – 05100 Terni
dal 26 settembre al 11 ottobre

all’interno della 10° edizione del Terni Festival – festival internazionale della creazione contemporanea
Thyssen

di Carolina Balucani
regia Marco Plini
con Carolina Balucani
luci Fabio Bozzetta
musiche Franco Visioli
assistente alla regia Thea Dellavalle
consulenti alla drammaturgia Giuseppe Albert Montalto, Costanza Pannacci
produzione Teatro Stabile dell’Umbria /Terni Festival
si ringrazia l’Associazione Demetra / Centro di Palmetta
durata 70 minuti