>Al teatro Elfo Puccini, una cruda denuncia degli abusi in famiglia e dei problemi della nostra società .

Mimmo Sorrentino ritrova molti degli attori dei precedenti successi teatrali (Pendolari, Ave Maria per una Gattamorta) per parlare, ancora una volta, di una realtà cruda e violenta.

In Ti voglio bene più di Dio, infatti, denuncia gli abusi sessuali sui minori nell’ambito familiare. Lo fa con forza, con decisione, ma senza eccedere con azioni esagerate e fuori luogo per un palco teatrale e; soprattutto, non lo fa puntando dritto alla meta, ma arrivandoci passo dopo passo e conducendo lo spettatore in una spirale di problematiche che scaturiscono nell’abuso: la poca attenzione riservata ai figli, la trasgressione, la superficialità, la volgarità, l’incomunicabilità, il sesso giovanile, la droga, la povertà. Tante tematiche di fondo che si celano dietro le vicende dei protagonisti, condizionandone gli sviluppi.

Sul palco si rivivono spezzoni della vita dei personaggi – montati cinematograficamente in maniera alternata e parallela. Quelle che sembrano linee narrative indipendenti, si scopriranno, al contrario, fortemente legate.
In scena – dove dominano una cassa di legno simile a una tomba e una grande croce formata da svariate biciclette da bambino incastrate le une nelle altre – sono rappresentate le vite disordinate di tre generazioni. Sembra che un piccolo spazio – il palco, appunto – qui e ora, riesca a racchiudere un periodo di tempo lunghissimo, e il risultato è sorprendente. Come sono sorprendenti, affascinanti e intelligenti la scrittura drammaturgica e la struttura del testo: le vicende sono narrate con una sorta di organizzazione “a incastro” grazie alla quale ci si muove nel tempo con estrema disinvoltura, descrivendo a ritroso le vicende di determinati personaggi e di altri, al contrario, seguendo l’ordine cronologico naturale, fino al punto in cui le diverse linee narrative si incontrano. È il momento cruciale della storia, posto come ultima scena con un effetto sorpresa per lo spettatore che lo stesso regista paragona alla presa di coscienza di Edipo nella celebre tragedia greca: «A recitare il ruolo di Edipo è lo spettatore. È lo spettatore a non vedere l’incesto, e quando glielo si rivela, è costretto, come il figlio di Laio, a prendere coscienza di essere vissuto senza riconoscere ciò che vedeva».

La consistenza della pièce e la forza delle parole mantengono il ritmo dello spettacolo molto alto. Buona prova degli attori che spesso – come Sorrentino usa fare – discutono con un interlocutore che idealmente risponde, ma che non esiste e le cui parole non sono espresse. È un autentico interloquire col nulla o quasi – che enfatizza al massimo le sensazioni e le emozioni del personaggio presente in scena.

Spettacolo, nel complesso, ben studiato, ben elaborato e ben rappresentato in cui emerge fortemente la necessità di riscoprire i valori perduti. Sorrentino cerca di farlo denunciando con crudezza e spregiudicatezza problemi del mondo contemporaneo, i quali si tramandano di generazione in generazione con conseguenze sempre più pericolose per i giovani. Da situazioni degradate non possono che nascere situazioni altrettanto difficili.

Ti voglio bene più di Dio è utile per riflettere e per capire cosa è bene e cosa è male, sempre che le due cose si possano ancora scindere e riconoscere. Ma soprattutto per comprendere che è necessario riscoprire l’amore vero, sia nei confronti di un partner sia nei confronti di un figlio – perché l’amore messo in scena nello spettacolo vale veramente poco.

Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini

Corso Buenos Aires, 33 – Milano
fino a domenica 20 febbraio
orari: da martedì a sabato ore 20.30 – domenica ore 15.30
testo e regia di Mimmo Sorrentino

Ti voglio bene più di Dio
con Giorgio Ganzerli, Angela Malfitano, Adriana Busi, Simone Tiraboschi, Luca Cavalieri, Yuri La Cava e Martina Panzarasa
Musiche Andrea Taroppi
Scenografia e costumi Rosanna Monti
Disegno Luci Fabrizio Ganzerli
Fotografia Cristiano Vassalli
Disegno Locandina Ennio Sorrentino