Genderole

In uno dei quartieri più turbolenti di Napoli va in scena Tomato Soap, una «teatronovela» aromatica dal sapore casalingo che tinge tutto di rosso senza nutrire con la propria salsa i ventri di chi, pensando di «darsi amore», si dà «morte».

La violenza di genere: si comincia con una carezza e si finisce prendendo a schiaffi una lei. La compagnia Manimotò affronta con questa leggerezza il tema della violenza sulle donne, attraverso marionette portés che si muovono in un mondo patinato dove il tragico diventa comico, ma il comico non sa trasformarsi in umoristico.

Gianni e Gilda, i due esseri in gommapiuma che occupano il palcoscenico del Nuovo Teatro Sanità di Napoli per un’ora buona, sono due persone alquanto bruttine che si conoscono in una balera, si abbracciano in un parco e finiscono schiacciate dalla ruota della routine seduti a una tavola con tovaglia a scacchi. La rappresentazione, animata dalla tecnica impeccabile degli attori Ariela Maggi e Giulio Canestrelli, avanza lentamente lungo un filo fatto di un «linguaggio lieve, visuale, ironico, muto» che vorrebbe rendere più semplice l’immedesimazione, ma che finisce con il banalizzare quella che poteva diventare una pièce invero interessante.

L’espediente del pupazzo, infatti, coadiuvato dallo scarto scenico tra marionetta e uomo che riverbera nella dialettica manipolatore-manipolato e sublima nella felice idea di scambio tra rappresentante e rappresentato (cedendo all’uomo l’onore di interpretare la donna e al femminile l’onere di farsi maschile), trova nella propria esecuzione più di un ostacolo, primo fra tutti la scelta di narrare la tremenda vicenda della violenza domestica in una specie di stereotipati anni Sessanta. Se da un lato l’anacronismo potrebbe suggerire (per non dire affermare) che il virus dell’arroganza e del controllo patriarcale non è mai stato debellato, dall’altro diluisce fortemente la questione e la rende fin troppo farsesca e distante, quasi a delegarla a un passato che oramai non ci tange più. Attraverso le musiche di IOSONOUNCANE, poi, al distacco temporale segue quello culturale, richiamando con le melodie Motown un «idilliaco American Dream» che non trova alcuna giustificazione nell’hic et nunc di questi Gianni e Gilda de’ noantri.

L’idea di mettere in scena una telenovela, simbolo del XXI secolo, con una tecnica artigianale e quasi del tutto abbandonata nei nostri lari è però segno di un gusto per l’antitetico e di una sensibilità artistica consapevole dei propri tempi. Sorprende, quindi, che la resa e soprattutto lo scioglimento della mise en abyme, non riescano a rispecchiare l’intuizione brillante, rendendo lo spettacolo un semplice esercizio di astuzia e di fredde prodezze attoriali. Il pubblico napoletano, difatti, viene messo in difficoltà solamente nel momento in cui, complice il disegno luci, la quarta parete – bucherellata in precedenza dalla uscite istrionico-spogliarellistiche dell’interprete maschile – viene sfondata da un silenzio raggelante. «Aiuto», sembra gridare la muta marionetta di gommapiuma. Se, come dice Derrida, le parole acquistano senso solo grazie alle differenze che presentano se paragonate alle altre parole (differenze che scaturiscono dagli spazi che esistono tra loro), riunire tali spazi e fondere la parola attoriale con quella “spettatoriale” avrebbe rappresentato, dunque, un cortocircuito semiotico per niente formale che, se fosse stato portato a compimento, avrebbe forse reso davvero originale quest’“operetta al pomodoro”. Come accade fin troppo spesso nella vita vera, però, il pubblico ha seguito la massima del “chi non fa non falla” e la violenza ha seguito il corso “naturale” degli eventi, terminando in un finale fiacco che non tenta in nessun modo di offrire una soluzione o almeno un’alternativa all’annosa questione del possesso come unica forma di “amore”.

Lo spettacolo è andato in scena
Nuovo Teatro Sanità
piazzetta S. Vincenzo 1 – Napoli
sabato 19 e domenica 20 novembre
ore 21.00

Manimotò presenta
TEATRO SOAP – Teatronovela sulla violenza di genere in un’unica puntata
di e con Ariela Maggi e Giulio Canestrelli
regia Lydie Le Doeuff
sonoro IOSONOUNCANE
disegno luci Matteo Pozzobon
costruzione pupazzi Ariela Maggi e Giulio Canestrelli
coaching manipolazione pupazzi Monica Varela Couto
coproduzione e distribuzione Questa Nave