Effetto Werther – Elementi – Èxodos – To be

Per la sezione Anteprime, il premio va alla compagnia Dietro la Maschera da Caserta, con un frammento di Effetto Werther.

In questa cronaca parleremo di tre lavori della sezione Anteprime, quelle produzioni non ancora concluse che presenteranno un work in progress. Effetto Werher è un efficace e secco dramma da camera sul desiderio e la paura di trovare un buco . La parola buco risuona parecchie volte nel testo, ogni volta con accezioni diverse: come luogo di vita (la scena è una topaia che un ragazzo visita per affittarla), come luogo di ospitalità affettiva (una donna lo riceve alludendo a un possibile flirt), come i buchi erogeni a cui si allude tra l’aggressiva ironia e il desiderio di far combaciare corpo e anima. Il buco è anche ferita (chi avrà la fortuna di assistervi capirà perché), quella che scava l’impossibilità di essere amati.

Ci si sente topi in cerca di una tana, ma senza la consolazione del branco. I dialoghi sono rapidi e caricati da un’ansia che cerca di riempire ogni pausa nella paura di farsi troppo vicini, tanto che il linguaggio è un modo di alzare una cortina tra sé e il mondo. Effetto Werther è un dramma sull’orrore dell’altro, col quale si tratta di negoziare una rassicurante lontananza, sia si tratti di una donna (lei legge molto ma fa letture sbagliate, come ogni uomo che incontra), che di un uomo: le allusioni omoerotiche al buco sono in realtà l’orrore di avere a che fare col totalmente altro, vale a dire con una donna.

Il problema è stare almeno in due nello stesso buco. La conclusione dei personaggi è che bisognerebbe aver fede. In un Dio? Nell’Altro? Nello Stato? Forse Dio è il buco che portiamo dentro, il totalmente altro incomprensibile e vuoto di cui non è possibile liberarsi.

Exodos è una performance che ripercorre un’antropologica origine, da un caos (i maschi si battono per il possesso delle femmine) a una protointegrazione che prende la forma del viaggio. Ispirato alle mitologie fondanti l’umanità, l’opera risuona di temi eternamente contemporanei, ora che le frontiere nazionali sembrano tanti fortini che impediscono il movimento delle persone, proteggendoci da un ritorno di precarietà.

Tra musiche forse troppo significanti e più secchi suoni tribali, i performer con pochi movimenti espressivi disegnano un’epopea in cui morte e vita diventano una cosa sola. Il limite forse è che il messaggio – seppur potente – rimane allo stato di disegno. Alcune parti posseggono un tono didascalico troppo aggraziato, tale da impedire di raggiungere la carne dello spettatore, messo nella posizione di una rassicurante distanza da un disagio estetico ancora troppo racchiuso nel simbolico.

Elementi è un frammento di Salvatore Cannova messo in scena da Nogu Teatro. Caronte è andato in pensione ed è stato sostituito da tre maldestre figure che combineranno guai a non finire. Evidentemente anche nell’aldilà ritroveremo burocrazia e confusione, cosa che concede alla morte un’umanità insospettata. Malgrado l’ilarità e il ritmo frenetico, l’impressione è che la pièce fatichi ad andare oltre un gioco teatrale ben congegnato, senza permettere al pubblico quell’inquietudine che nelle opere migliori fonda il riso.

Un ultima menzione va a To be di Alessandra Francolini, presentato fuori concorso. Amleto viene interrogato in un monologo stipato come una borsa riempita in fretta, tra l’espressione corporea, la clowneria e il teatro delle marionette. I piedi/burattini interpretano una condensazione comica della tragedia, la cui reazione forse troppo divertita del pubblico fa pensare a quanto Amleto sia ancora tra noi come inquietudine, da tenere a rassicurante distanza con la parodia.

Amleto è ancora troppo crisi del teatro. Malgrado il tentativo di farne un mezzo per arrivare a una verità spendibile (una mousetrap), scopriamo al contrario di poterci solo muovere come roditori su una scena, di assaggiare formaggi avvelenati, di schivare trappole a molla, senza poter evitare di andare in fondo al buco del nostro destino. Se i personaggi di Shakespeare non smettono di rinascere dalle loro ceneri, forse vuol dire che la verità che cerchiamo è niente più di un’impasse.

Francolini tenta di sorreggersi alla sagoma di Amleto (una vecchia giacca consunta), che appesa a un trapezio non si lascia afferrare; indossata, non si lascia dismettere. Si tratta di cadere rovinosamente sull’impiantito di cemento, una, due, tre volte, sempre. Malgrado il compiacimento di un eclettismo che forse meriterebbe più misura, l’autrice ha il merito di farci percepire il teatro come buco, e noi seduti a guardare, come topi senza via d’uscita.

Gli spettacoli sono andati in scena all’interno del NOpS Festival 
Ex Mercato di Torre Spaccata
via Filippo Ticconi 11 Roma
da domenica 17/6 a domenica 1/7/2018

Effetto Werther
regia di Gianluca Ariemma
con Marcello Gravina, Giulia Navarra, Gianluca Ariemma
Compagnia Dietro la Maschera

Elementi
di Salvatore Cannova
regia Ilaria Manocchio
con Stefania Capece Iachini, Giulio Claudio De Biasio, Agnese Lorenzini e Valerio Riondino
Compagnia Nogu Teatro

Èxodos
regia Luigi Saravo
con Beatrice Valeri, Doron Kochavi, Chiara Felici, Martina Cassenti, Daniele Santoro

To be
di e con Alessandra Francolini
Compagnia Teatro del Mantice