Per molti, libertà è la facoltà di scegliere le proprie schiavitù

Al Florida va in scena Tu es libre, spettacolo targato Teatro i, di Francesca Garolla e per la regia di Renzo Martinelli.

Un progetto molto articolato nel tempo e nei contenuti che però rimane defilato rispetto alle scelte della protagonista e alla natura del radicalismo che le contraddistingue, questo in breve Tu es libre.
Un tentativo di intercettare quel fenomeno legato ai sommovimenti dell’ultimo decennio nei Paesi che si affacciano sulle coste meridionali del Mediterraneo. Le cosiddette rivoluzioni arabe, arenate e deviate dagli intenti originari di maggiore democrazia dalle guerre spesso sostenute e, a volte, perfino provocate dai Paesi occidentali – con bombardamenti e fornitura di mercenari e armi alle milizie o ai signori della guerra, in nome della democrazia ma per occultare i reali interessi strategici legati all’interventismo.
Parallelamente, e a volte in contrapposizione, il fenomeno di natura religiosa legato all’integralismo monoteista, che si inserisce prepotentemente in questi stessi Paesi e, spesso, occulta e devia le ragioni economico-politiche. La Siria è solo l’ultimo di questi luoghi insanguinati da una guerra che non ci vede spettatori innocenti.
Partendo da questa realtà, circondati da una scenografia minimal ma con il palco amplificato per accentuare gli stacchi tematici, i/le sei attori/trici si muovono per ricreare momenti di dialogo, che si alternano a risposte registrate dal vivo o a monologhi rivolti direttamente al pubblico. Il fenomeno dell’adesione o affiliazione di una giovane ragazza occidentale, improvvisamente scomparsa, è utilizzato per analizzare i motivi e gli ideali che lo hanno generato. L’intreccio, in virtù anche del nome della stessa (che si rifarebbe ad Andromaca, e al suo significato di “colei che combatte come un uomo” o “pugna virile” o similare), si intreccia con i miti del passato e le teorie legate alla creazione biblica – i famosi sette giorni – così come la riproposizione dei Sette Cieli, che esistono ma non vediamo, è l’espediente per inserire il fenomeno religioso sotteso alle stragi terroriste e alle guerre nei Paesi islamici.
Allineati, come su una panchina da sala d’aspetto, le/gli attrici/ori tentano di dirimere una matassa di avvenimenti che rimane, comunque, parzialmente irrisolta. L’anelito alla libertà a qualsiasi costo è la spinta per la scelta fatta dalla giovane occidentale (che morirà, forse, in un attentato terroristico da lei provocato), la quale – senza tema di mancanza di senso storico – accomuna le colpe del passato coloniale occidentale con la mancanza di una vera libertà negli stessi Paesi occidentali, in quanto questa sarebbe ottenuta con la sopraffazione degli altri popoli. Tale anelito giustificherebbe, nella mente della protagonista, anche la guerra con motivazioni simili alle dichiarazioni dei Futuristi dei primi del Novecento. Questa giovane che va allo sbaraglio, senza alcuna conoscenza e senza appoggiarsi a organizzazioni presenti in loco, appare figura mitica più che reale. Manca un ragionamento serio sui mezzi di comunicazione che permetterebbero simili viaggi verso i Paesi islamici per essere addestrati (e indottrinati) e le vie attraverso le quali i terroristi rientrano in Occidente e dalle quali ottengono supporto economico e logistico. Viene da pensare a Pasolini quando, negli anni del boom economico, denunciava le storture create nella società con la complicità dei mezzi d’informazione.
Non sono molto comprensibili (o comunque poco identificabili) le cause della probabile scelta finale alla quale la protagonista aderisce. Coerenti e conseguenti, al contrario, con le logiche attuali, le accuse rivolte al suo ragazzo, un immigrato per scelta, espatriato a causa di una delle tante atrocità alle quali casualmente si assisterebbe nei Paesi islamici, che funge immediatamente da capro espiatorio. Interessante (nella sua ingenuità e ignoranza) la figura dell’amica, la compagna di scuola, che è interessata solo ai divertimenti e, quasi a propria discolpa, afferma che alcuni ragionamenti della protagonista le parevano a suo tempo incomprensibili. Centrate le figure genitoriali che, sin dal nome che le hanno dato, sembrano indicare alla figlia una strada che la giovane percorrerà, però, basandosi su ideali propri e per loro non condivisibili.
Nel complesso, l’intreccio regge e risulta ben interpretato, ma la problematica dell’affiliazione dei giovani occidentali a istanze religiose, politiche e sociali lontane e irrispettose della libertà altrui, resta confusa.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Cantiere Florida
via Pisana 111r – Firenze
venerdì 19 gennaio, ore 21.00

Tu es libre
di Francesca Garolla
regia Renzo Martinelli
con Liliana Benini, Maria Caggianelli, Francesca Garolla, Viola Graziosi, Alberto Malanchino e Alberto Onofrietti
assistente alla regia Riccardo Motta
luci Mattia De Pace
suono Giuseppe Ielasi
suono eseguito da Gabriele Neotti
scene Renzo Martinelli
costumi Laura Claus
direzione tecnica Paolo Casati
organizzazione Lela Talia distribuzione Andrea Maltagliati
produzione Teatro i con il sostegno di Fabulamundi Playwriting Europe – Beyond Borders? e NEXT – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo (edizione 2017/2018)

 Fotografia di Laila Pozzo
Il titolo al presente articolo è una citazione di Gustave Le Bon