Tramontate stelle. L’amore vincerà

Nella romantica cornice del lago di Massaciuccoli, nell’ambito della LXI edizione del Festival Pucciniano, la magia della Turandot del Maestro Giacomo Puccini, avvolge gli spettatori, accorsi dall’Italia e dall’estero, in una dimensione di sogno.

La sera è fresca, poche ore prima è piovuto copiosamente tanto da temere la sospensione della rappresentazione. Una lunga coda di auto porta al parcheggio, dove stanno ben allineati numerosi autobus granturismo con targhe straniere – tedesche, inglesi, francesi, olandesi.

Siamo in un piccolo borgo, una frazione di Viareggio, ma a Torre del Lago Puccini si respira un’aria internazionale, come del resto tale è divenuta la fama del musicista che qui visse per oltre 20 anni, lontano dalla mondanità. Così scriveva Giacomo Puccini della sua amata Torre del Lago: “Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, ‘turris eburnea’, ‘vas spirituale’, reggia… abitanti 120, 12 case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al mare, popolate di daini, cignali, lepri, conigli, fagiani, beccacce, merli, fringuelli e passere. Padule immenso. Tramonti lussuriosi e straordinari. (…..) ci sono diverse folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni, certo più intelligenti degli abitanti, perché difficili ad accostarsi. Dicono che nella Pineta ‘bagoli’ anche un animale raro, chiamato Antilisca”.

All’interno del teatro-arena all’aperto, edificato sui bordi del lago come desiderava l’artista, mentre gentilissime hostess accompagnano gli spettatori ai loro posti, si sentono bisbiglii in lingue diverse e di nota il nutrito pubblico giapponese. Abiti eleganti e sensazioni da grande evento. Dialoghi in toni sommessi in attesa dell’inizio.

Giacomo Puccini scrisse Turandot ispirandosi a una fiaba teatrale del 1762, del drammaturgo veneziano Carlo Gozzi, e fiabesche sono anche le ricche scenografie e gli sfarzosi costumi della corte di Pechino ai tempi di un fantomatico imperatore Altoum. L’allestimento firmato dal creativo regista, Angelo Bertini, rimanda a tratti all’atmosfera di Alice nel paese delle meraviglie di Carroll, mentre – nelle appariscenti vesti di Ping, Pang, Pong, gli stravaganti ministri dell’Impero pechinese – sembra rifarsi ai personaggi del gatto e della volpe, oltre che di Lucignolo, del Pinocchio di Collodi.

Una corte sontuosa ma, allo stesso tempo, austera, collocata in una dimensione onirico/surreale, quella dell’imperatore cinese e della sua crudele figlia Turandot, interpretata dalla bravissima soprano Giovanna Casolla. La vicenda è ormai ben nota, vista la fama dell’opera pucciniana. La protagonista, infatti, destina a morte tutti i pretendenti alla sua mano che non risolvono i quesiti che ella pone, giustificandosi quale vittima di un sortilegio della sua ava, la Principessa Lou-Ling che, attraverso di lei, si vendica dello stupro subito da un re tartaro. Calef (interpretato da Rubens Pellizzari), il Principe Ignoto, raggiunge Pechino e chiede udienza per sottoporsi alla prova e conquistare la bellissima Turandot. Tutti cercano di farlo desistere: il suo ritrovato padre, Timur; la schiava Liù; perfino il popolo, prima avido di morte e, adesso, finalmente stanco del sangue versato. Per convincerlo, gli si offrono tesori e damigelle sensuali ma il suo diniego è coraggioso e determinato. Tenterà a tutti i costi di conquistare la bellissima e temutissima Turandot, pena la morte. L’opera, però, rimase incompiuta a causa dell’improvviso decesso di Puccini per un infarto. L’ultima scena – dopo il suicidio di Liù (interpretata da Valentina Boi), che ha appena svelato l’amore per il suo padrone ed esegue la famosa aria rivolta a Turandot: «Tu che di gel sei cinta, da tanta fiamma vinta, l ‘amerai anche tu!, Prima di quest’aurora, io chiudo stanca gli occhi, perché egli vinca ancora… per non… per non vederlo più!» – fu opera del compositore napoletano Franco Alfano, al quale il maestro Arturo Toscanini tagliò alcune parti ritenute non consone allo stile pucciniano, prima del debutto alla Scala di Milano nel 1926.

Le arie orientali – riprese spesso dai carrillon che Puccini amava farsi portare dai conoscenti di ritorno dai viaggi in Asia – eseguite dalla giovane orchestra diretta da Bruno Nicoli, si alternano ai delicati cori e ai gorgheggi dell’intero cast, oltre che alla magnifica voce della Turandot per eccellenza, Giovanna Casolla – che interpreta l’algida principessa da oltre vent’anni, infrangendo il silenzio della notte stellata, emozionando il pubblico, riuscendo a far sognare grazie alla propria arte. Momento topico come si conviene, quando Calaf, il principe tartaro convinto di raggiungere l’ambita mano della gelida Turandot, inneggia il suo Nessun dorma, emblema dell’opera stessa; mentre le famose battute: «Dilegua, o notte!… Tramontate, stelle!… All’alba vincerò!» riecheggiano nella tiepida serata estiva, con valore eminentemente simbolico.

Il fascino della Turandot si riconferma come ogni anno, testimone il lunghissimo applauso accompagnato dall’internazionale “Bravo!”.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Festival Pucciniano:
Gran Teatro Giacomo Puccini

Torre del Lago Puccini (Lucca)
domenica 16 agosto, ore 21.30

Turandot
di Giacomo Puccini
dramma lirico in tre atti, libretto di G. Adami e R. Simoni
personaggi e interpreti
La Principessa Turandot Giovanna Casolla
L’imperatore Altoum Massimo La Guardia
Timur Luigi Roni
Il Principe Ignoto (Calaf) Rubens Pellizzari
Liù Valentina Boi
Ping Niccolò Ayroldi
Pang Nicola Pamio
Pong Orfeo Zanetti
Un mandarino Claudio Ottino
Principe di Persia Roberto Ferraro
Prima ancella Francesca Borrelli
Seconda ancella Sofia Nagast
direttore d’orchestra Bruno Nicoli
regia, scene e costumi Angelo Bertini
disegno luci Valerio Alfieri
assistente alla regia Luca Ramacciotti
orchestra del Festival Puccini
coro del Festival Puccini
maestro del coro Stefano Visconti
coro delle voci bianche del Festival Puccini
maestro del coro delle voci bianche Sara Matteucci
(durata: 105 minuti)