Fare Thee Well

Per festeggiare i vent’anni di un viaggio negli angoli più aridi della mente umana, il festival Da vicino nessuno è normale ospita, sempre nel suggestivo ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, Tutto quello che so del grano, un inno (studio) all’amore lento, unico balsamo per le crepe della vita.

Il Teatro delle Ariette (giunto anch’esso al suo ventennale di attività) torna nel bosco psichiatrico alla periferia di Milano per tirare le somme di una carriera lunga e fruttuosa in cui vita e lavoro si sono fuse indissolubilmente insieme, contaminandosi a vicenda. Con questo secondo studio nato dalla necessità di restituire al pubblico tutte le nozioni apprese durante un vissuto fatto di «momenti intensi», il trio agreste intraprende un percorso di ricerca incentrato sul senso stesso di tutte le azioni, piccole e grandi, che li hanno condotti, negli anni, fino a qui.

Semina, mietitura, battitura e macinazione, quattro atti dolcemente pastorali che si riflettono nelle altrettante lettere dedicate dal Pasquini alla Berselli in seguito a una rottura, una crepa nella superficie piana della loro esistenza di coppia. Il processo creativo (in tutti i sensi) viene quindi paragonato alla trafila agricola per produrre il grano che, da esperienza personale quale è per i due attori-braccianti, «diventa, nel tempo di una sera, evento teatrale collettivo».

Come tutte le cose nei campi, anche lo spettacolo ha inizio al mattino, momento di riappropriazione di spazi fisici e luoghi mentali. Attraverso la lente di Stefano Massari, osserviamo come due individui possano ripetere, per anni, gli stessi gesti quotidiani senza mostrare alcuna sofferenza, alcuna angoscia. Eppure, in queste immagini così ravvicinate e così intime, si percepisce un disagio, un silenzio scomodo. D’altronde, «quando si sta bene non si pensa al teatro».

Annullando qualsiasi divisione tra attore e pubblico, il duo dichiara allora il proprio intento e inscena una performance di difficile classificazione. Tra canzoni waitsiane, danze druidiche e momenti culinari, Tutto quello che so del grano sembra a tutti gli effetti un messaggio d’addio al passato, ai tempi andati, a una convivenza con la natura perduta, forse, irrimediabilmente («avremmo sempre potuto fare di più, fare meglio, fare prima»). Nascosta in mezzo a spighe di granturco giace una storia dal sapore antico come la conoscenza tramandata di padre in figlia che, per quanto oscurata da una certa monotonia espressiva a tratti priva di ritmo – un po’ come la vita nei campi, scandita dal respiro della terra –, riesce comunque a produrre senso e sentimento con un approccio a posteriori. «Alle soglie dei sessant’anni, qualcosa devi pure avere imparato, qualcosa devi sapere, e questo qualcosa non puoi tenerlo per te, perché fai teatro, perché sei un’attrice…», dice Berselli. Si tratta quindi di una presa di coscienza al contempo umana e artistica, confermata anche da scelte registiche già proposte in passato, che fanno delle Ariette una realtà sui generis oramai classica.

Abbiamo perso tempo per amarci, imbevuti nell’idea del per sempre, e in fin dei conti ne è valsa la pena, perché finché potremo fare la focaccia per qualcuno, ne varrà sempre la pena.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del festival Da vicino nessuno è normale
Teatro LaCucina – ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini

via Ippocrate 45 – Milano
venerdì 22 luglio
ore 21.45

Teatro delle Ariette presenta
Tutto quello che so del grano (secondo studio)
di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi, Stefano Pasquini
regia Stefano Pasquini
soggetto e ideazione video Stefano Pasquini, Paola Berselli
regia Stefano Pasquini e Stefano Massari
immagini e montaggio Stefano Massari