La tristezza della gioia

L’anima tormentata del genio di Dostoevskij arriva alla Casa delle culture, che porta in scena l’adattamento di Un cuore debole

Per un lettore di Dostoevskij è cosa alquanto anomala assistere alla trasposizione teatrale di una sua opera che inizi con una gioia infinita; la magia di un innamoramento capace di plasmare la crudeltà di una vita di stenti e sacrifici, e che improvvisamente riesce a riaprire le porte della speranza e della felicità. Un cuore debole è d’altronde un racconto breve poco conosciuto del grande scrittore russo, ma senza ombra di dubbio pienamente intriso del suo spirito e della sua filosofia. Infatti, quell’esordio segnato dalla positività è destinato a capovolgersi nella tragedia delle sorti del protagonista, che sarà condannato alla follia proprio a causa dell’insolubile conflitto tra cuore e dovere, tra sogno e realtà, tra speranza e disperazione.
Alla Casa delle culture è in scena, fino al primo di aprile, l’adattamento per teatro dell’opera di Dostoevskij, dimostrandosi perfettamente adeguato per la resa scenica anche grazie al sapiente lavoro degli autori e degli interpreti. Luchino Giordana e Matteo Alfonso (anche regista dello spettacolo) sono bravissimi nel dare vita a questa opera drammatica che racconta la storia dei due amici fraterni Arkadij e Vasja. Quest’ultimo è un personaggio tipicamente dostoevskiano, di quelli che il filosofo Georgy Lukacs amava definire “personaggi cristici”, gli unici capaci di caricarsi delle sofferenze degli uomini, lontani dall’intelletto calcolante e rigoroso degli altri, e anche per questo ritenuti dal prossimo degli “idioti”. Vasja è perciò un idiota come il principe Myskin, o l’Alesa de I fratelli Karamazov, troppo sensibile per non finire vittima del mondo che lo circonda; la sua gioia per aver trovato l’amore non riesce a liberarlo dal sentimento di responsabilità nei confronti del proprio datore di lavoro, ma a causa anche dei suoi problemi di salute questa tensione tra l’amore appena sbocciato con la povera Lizan’ka e gli impegni professionali decreteranno la sua follia, davanti alle lacrime di Arkadij.
Oltre ai bravissimi attori, capaci di restituire la dimensione “polifonica” (per dirla con Bachtin) dei personaggi della storia, in quanto oscillanti e perpetuamente in preda a ripensamenti e ad ansie atroci, anche la regia e la scenografia annoverano diverse trovate argute. Così la bellissima fidanzata di Vasja diventa un palloncino, mentre altri personaggi vengono resi dai due stessi attori in maniera metanarrativa, come se i due giovani si raccontassero le loro vicende mentre interpretano i personaggi secondari. Ottimo il gioco di luce, e i “rallentamenti” nelle camminate, e sempre per confermare quella dimensione metanarrativa altrettanto efficaci sono gli sviluppi della narrazione raccontati in prima persona al pubblico (specie quando uno racconta di ciò che ha fatto l’altro, mentre l’altro resta immobile in un effetto quasi cinematografico).
Un’opportunità di scoprire un testo poco conosciuto di un grande maestro della letteratura di ogni tempo, tutt’altro che apocrifo perché in esso stilla la quintessenza della sua visione cupa e della sua concezione dell’esistenza, messo in scena in maniera dinamica e coinvolgente.

Lo spettacolo continua:
Teatro Casa delle Culture
via San Crisogono, 45 – Roma
fino a domenica 1° aprile
orari: da martedì a sabato ore 21.30, domenica ore 18.00

Compagnia Fedor/Giordana-Alfonso presenta
Un cuore debole
di Fedor Dostoevskij
regia Matteo Alfonso
con Luchino Giordana, Matteo Alfonso