A Volterra, nella Fortezza Medicea del carcere, lo spettacolo di Armando Punzo trascina nei vortici delle ansie e dei desideri dell’umanità.

I cancelli si chiudono alle spalle degli spettatori e si entra nel cuore del carcere di massima sicurezza di Volterra, un istituto di detenzione con alti bastioni che subito fanno percepire come non ci sia via di scampo o di evasione. Solo in occasioni come Festival VolterraTeatro si riesce a evadere sotto forme non fisiche: la mente e l’animo si aprono e si vola lontano ovunque possa condurre la fantasia.
Santo Genet, il nuovo spettacolo della Compagnia della Fortezza di Armando Punzo, con i detenuti-attori, va in scena in anteprima nazionale negli ambienti del carcere di Volterra ed è un successo assoluto. Un viaggio emozionale per spettatori e detenuti che condividono lo stesso spazio scenico interagendo più volte, facendosi da specchio gli uni con altri.
Irma/Notre Dame de Fleurs/Armando Punzo accoglie gli ospiti, attraverso un corridoio di statue umane in tenuta da marinaio, per condurli fino ad un ulteriore cortile inondato dal sole, in un’accecante scenografia bianca. Un enorme angelo immacolato sovrasta tutto e tutti da un alto piedistallo. Siamo forse arrivati in paradiso? Forse al cospetto di Santo Genet?
È un percorso, questa nuovo nuovo allestimento della Compagnia della Fortezza. Un percorso, un cammino, come un cammino è la vita interiore ed esteriore dell’essere umano.

Irma/Punzo, abito lungo nero, rose rosse al collo e sul cilindro in testa, contrasta con la luce abbagliante che rimandano gli oggetti in scena. Irma/Punzo ti ammalia con il suo sorriso e le sue parole: «Questo castello si può paragonare alla nostra anima». Si sentono in sottofondo i battiti di un cuore. Siamo vivi o siamo morti? Non si può più staccargli gli occhi di dosso, completamente stregati da un’atmosfera al limite dell’irreale.

Entrano gli altri attori, come una rassegna, un riassunto dei personaggi barocchi delle opere di Jean Genet. Ci sono i marinai di Querelle de Brest, la Dama di Picche, Mignon, una sposa con il velo nero. Colori forti e abiti stravaganti, fuori dalle righe, come i personaggi letterari interpretati e quelli reali che ne indossano i costumi. Tutto vacilla sulla linea sottile di contrasto tra vita/morte, illuminazione/oscurità, bene/male.

Il riflesso, noi e gli altri, io e il mio doppio, è una metafora costante che ricorre anche nello spazio al chiuso del percorso-spettacolo. Notre Dame des fleurs/Punzo ci accompagna in un lungo corridoio con le pareti coperte di specchi, compreso il soffitto. Si riflettono le mille sfumature dell’animo umano con i suoi desideri, le sue sofferenze, le sue inquietudini.
Gli attori-carcerati si specchiano rapiti dalla loro stessa immagine, chiedendo al loro riflesso il perché delle cose o affidandovi le proprie agitazioni. Lo stretto spazio brulica di attori e spettatori in un caldo insopportabile. Ognuno fa la propria parte: gli sguardi e le parole tra detenuti e spettatori si mischiano in un corpo a corpo fisico, mentale e sentimentale. Non è facile non emozionarsi. Tu sei libero, ma loro, i detenuti, momentaneamente attori, sono più forti di te, ti provocano e ti sorprendono.
Ai lati del corridoio un dedalo di piccole stanze, forse antiche celle, dove i personaggi recitano in contemporanea le loro vite, le loro maschere. La musica di Andrea Salvadori incalza, suggestiva e trascinante.
Le vibrazioni sensoriali sono infinite, le emozioni in un vortice mentre il cuore vibra. Il pianista dà il via a un brano sontuoso, ballabile. I detenuti-attori vanno incontro alle spettatrici femminili per invitarle a danzare. Adesso si balla. Tanti lo fanno. Altri assistono con espressioni meravigliate. È una danza liberatoria, per tutti, nessuno escluso.
Si torna all’aperto. Alcuni fanciulli con ali da angelo consegnano fiori agli spettatori, gli stessi fiori che verrano, prima degli scroscianti applausi, lanciati sulla scena a omaggiare tutti gli attori.
«Uno stretto rapporto corre tra i fiori e i detenuti – recita lo stesso Armando Punzo – la delicatezza, la precarietà».

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Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Festival VolterraTeatro
Carcere di Volterra /Fortezza Medicea, Volterra (Pisa)
martedì 22 luglio

Santo Genet
ispirato all’opera di Jean Genet
di Armando Punzo / Compagnia della Fortezza
drammaturgia e regia Armando Punzo
con Armando Punzo
e i detenuti-attori della Compagnia della Fortezza Antony Talatu Akhadelor, Pietro Giorgio Alcamesi, Salvatore Altieri, Vincenzo Aquino, Bledar Arapaj, Aniello Arena, Gaetano Arena, Yosmeri Armais Castilla, Mohammad Arshad, Antonino Arrigo, Giuseppe Calarese, Rosario Campana, Pierangelo Cavalleri, Antonio Cecco, Salvatore Centro, Ivan Cepika, Luca Coluccelli, Virgilio Cosentino, Ismet Cuka, Bardhok Cuni, Pierluigi Cutaia, Gianluigi De Pau, Fabrizio Di Noto, Fation Dine, Domenico Donato, Nicola Esposito, Giovanni Fabbozzo, Alban Filipi, Pasquale Florio, Daniele Frati, Domenico Gallo, Giuseppe Giella, Pasquale Giordano, Heros Gobbi, Domenico Grande, Rocco Grande, Nunzio Guarino, Lotfi Hajahned, Noureddine Habibi, Vladimir Ibaj, Arian Jonic, Altin Kadrija, Ibrahima Kandji, Naser Kermeni, Marco Lauretta, Carmelo Dino Lentinello, Wei Lin, Luca Lupo, Matteo
Macchiarelli, Gentian Makshia, Antonino Mammino, Angelo Maresca, Fatmir Marku, Gianluca Matera, Massimiliano Mazzoni, Gaspare Mejri, Hidalgo Luis Anibal Mena, Raffaele Nolis, Edmond Parubi, Anton Pernoj, Luciano Petraroli, Alessandro Praticò, Armando Principe, Angelo Privitera, Gennaro Rapprese, Hamadi Rezeg, Antonino Romeo, Franco Salernitano, Michele Salerno, Danilo Schina, Vitaly Skripeliov, Roberto Spagnuolo, Massimo Terracciano, Domenico Tudisco, David Tuttolomondo, Alberto Vanacore, Danilo Vecchio, Alessandro Ventriglia, Giuseppe Venuto, Qin Hai Weng, Jian Dong Ye, Antonio Zambo
e con la partecipazione straordinaria di Isabella Brogi
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
musiche originali e sound design Andrea Salvadori
aiuto regia Laura Cleri
movimenti Pascale Piscina
assistente alla regia Alice Toccacieli
video Lavinia Baroni
aiuto scenografo Yuri Punzo
collaborazione drammaturgica Giacomo Trinci, Lidia Riviello
collaborazione artistica Daniela Mangiacavallo, Pier Nello Manoni, Luisa Raimondi, Marco Mario Gino Eugenio Marzi, Marta Panciera, Elena Turchi, Adriana Follieri, Francesco Nappi, Debora, Mattiello, Carolina Truzzi, Francesca Tisano, Alessandro Fantechi
assistenti stagisti Gemma Salvadori, Emanuele Vignozzi
nella scenografia sono presenti alcune opere di Mario Francesconi realizzate per lo spettacolo su suggestione dell’universo di Genet
foto Stefano Vaja
organizzazione generale Cinzia de Felice
coordinamento Domenico Netti
amministrazione Isabella Brogi
collaborazione organizzativa Rossella Menna
collaborazione amministrativa Giulia Bigazzi

direzione tecnica Carlo Gattai, Fabio Giommarelli
light designer Andrea Berselli
suono Alessio Lombardi
durata 105’