Go to Mars!

La Stagione teatrale di Fuori Luogo inaugura il 2019 con Vieni su Marte di VicoQuartoMazzini, viaggio fantascientifico nello spazio

Mars One è una piccola organizzazione olandese, che nel 2012 ha lanciato il progetto di portare un gruppo di coloni su Marte per iniziare una nuova vita sul pianete rosso. Che forme prederà questa nuova esperienza umana? Vieni su Marte sembra proprio indagare le possibili modalità di quest’impresa. Un dramma fantascientifico dove si immagina e si ipotizza un reale prossimo venturo, rielaborando allo stesso tempo, inevitabilmente e con una certa saggezza, il passato dell’uomo.
Per candidarsi al progetto Mars One i partecipanti dovevano girare un video di un minuto in cui rispondere a tre semplici domande: “perché saresti il candidato perfetto, perché vorresti andare su Marte, come definiresti il tuo senso dell’umorismo”. Domanda particolarmente intrigante, quest’ultima – a dire il vero – che presuppone, forse, che in un mondo deserto e in una situazione dalle difficoltà inimmaginabili solo il senso dell’umorismo possa mantenere sana di mente la gente.
Lo spettacolo si apre, quindi, con un video di una candidata, il cui volto è proiettato su un telo/schermo – che separa scena e pubblico. Durante l’intero spettacolo si alternano le proiezioni (tra cui altri video di candidature, e scenari di atmosfera marziana in cui alla terra rossa si accompagnano copertoni e pneumatici) a piccoli quadri in cui sono rappresentate diverse situazioni collegate alla colonizzazione di Marte – fra umani in partenza e marziani in psicoterapia.
Durante lo spettacolo la nostra immaginazione è catturata da diversi stimoli che, intrecciandosi, colorano in modo particolare la nostra esperienza di visione. La colonizzazione mostra i suoi volti differenti: partendo dalle suggestioni dei singoli quadri e delle proiezioni, i diversi filoni interagiscono fra loro. Delle parole dei video di candidatura, in particolare, colpisce come un pugno la frase di una donna: «vorrei andare su Marte perché qui non riesco a trovare pace»; mentre, in generale, le intenzioni che emergono raccontano sia il desiderio di far parte di una nuova grande avventura dell’Umanità (con la U maiuscola), sia la speranza di costruire un mondo migliore, una pagina bianca sulla quale scrivere un nuovo capitolo composto di pace, rispetto e libertà.
Negli altri video, il salire sulle rocce e il veder rotolare i pneumatici ci rimandano a un gioco, a un fare/disfare sempre e comunque; una fatica di Sisifo che diventa pressoché un passatempo, mentre il copertone che giace sulla terra desolata sembra il residuo di un passaggio lontano nel tempo: come se su Marte fossimo già stati, in un’altra era o in uno spazio/tempo parallelo.
Il marziano, bambola galleggiante nell’assenza di gravità, quasi una figura à la Chagall, entra in cura da uno psicologo che lo inizia ai segreti dell’umano. Il dottore si approccia al marziano nell’unico modo che conosce: da terrestre che non riesce a concepire che l’altro da sé abbia una propria esperienza dell’esistenza, un altro vissuto che determini una diversa visione delle cose – altrettanto valida e affascinante. Sotto questo punto di vista, il percorso di psicoterapia del marziano rimanda, quindi, alla consueta operazione di conformazione e normalizzazione degli individui. L’arrivo dei terrestri ha rotto l’equilibrio della vita precedente sul pianeta, sostituito a forza di terapia, con quella presunzione tipicamente umana di conoscere e di imporre la propria verità e i propri valori a chi è considerato diverso. Allo stesso tempo, l’umanizzazione dell’alieno porta a riscoprire il significato di che cosa siano la malinconia, il pianto, la nostalgia, oltre al confronto con l’idea di Dio, con la morte, con l’assoluto. L’essere umani non significa solamente conquista e colonizzazione, bensì cultura, arte, profondità.
Grande e ottuso, crudele e sofferto. I vari personaggi racchiudono dentro di sé umani contrasti: violenza, dolore, amarezza e buon cuore (nei due della montagna); il grande sogno e il pianto (nell’attore vagabondo), l’umiltà e la ricerca di grandi ideali (nel maestro). L’umanità in partenza ha un che di derelitto, affranto, poetico e patetico insieme. Tutte le figure (anche i due sulla montagna) sembrano creature con un’aria sperduta, e che da qualche parte piangono l’assoluto dentro di loro. Che sia l’amore, che sia l’ideale, che siano l’arte e la cultura (nel maestro e nell’attore vagabondo). Vieni su Marte, quale risposta di VicoQuartoMazzini alle tre semplici domande di Mars One, ci offre un quadro profondamente ambivalente e complesso. Tenero, malinconico, triste: c’è speranza di essere felici altrove? Di trovare la pace? È possibile costruire un mondo migliore, sfuggendo a ciò che siamo stati finora?
Per quanto riguarda la realizzazione scenica, i gesti con cui i personaggi sono ritratti appaiono forzati e innaturali, pur non risultando caricaturali ma, piuttosto, metafore di una condizione ambientale ed esistenziale. Stanno per un mondo, per un universo culturale. Come se il carattere di una situazione prendesse forma nel corpo. La scelta del dialetto non è un ammiccare al pubblico, ma una pennellata che rende l’ambiente e il colore di un’umanità, un che di universale e caratteristico, che tuttavia si fa fatica a descrivere a parole. I protagonisti, terrestri e marziani, sembrano creature semplici alle prese con qualcosa di più grande di loro – decisamente più grande – sopraffatti da un’impresa inimmaginabile eppure reale. Emettono il loro canto, tenue rispetto alla potenza della voce dello spazio, e con un che di mesto e triste.

Lo spettacolo è andato in scena:
Centro Giovanile Dialma Ruggiero
via Monteverdi, 117 – La Spezia (SP)
sabato 12 gennaio, ore 21.15

Vieni su Marte
uno spettacolo di VicoQuartoMazzini
diretto e interpretato da Michele Altamura e Gabriele Paolocà
drammaturgia Gabriele Paolocà
scene Alessandro Ratti
light design Daniele Passeri
costumi Lilian Indraccolo
riprese e editing video Raffaele Fiorella e Fabrizio Centonze
tecnica Stefano Rolla produzione VicoQuartoMazzini e Gli Scarti
con il sostegno di Officina Teatro, Asini Bardasci, 20Chiavi Teatro, Kilowatt Festival
con il sostegno del MiBACT e di SIAE, nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”

Ph: Francesco Tassara