Tra sperimentazione e brandelli di melodia

Al Teatro dei Conciatori, concerto di spessore dedicato ad alcuni dei maestri della musica contemporanea; protagonista il talentuoso e ineccepibile pianista Vincenzo Furio.

Quando si parla di musica del Novecento, ci riferiamo a una molteplicità complessa di fenomeni spesso inconciliabili tra loro; complice è ovviamente quel processo, avviato per l’appunto nel XX secolo, che ha riguardato tutto l’orizzonte delle varie modalità espressive e che ha determinato il tramonto delle convenzioni tradizionali in vista di una rivoluzione formale senza precedenti. Da lì, la proliferazione di sperimentazioni al di là di ogni paradigma classico e, in musica, il superamento prima della dimensione tonale, poi persino della costruzione melodica, ha da un lato generato un vuoto, dall’altro aperto le porte a tecniche compositive e proposte spesso legate alla scienza, alla mistica, alla speculazione teorica applicata al rapporto tra suono e silenzio.
La Scuola di Vienna fu l’episodio cardine della modernità musicale, e da quel momento nel corso dei decenni fino ad arrivare alla Scuola di Darmstadt la musica ha raggiunto il punto esiziale di inascoltabilità, divenendo appunto sperimentazione, ma escludendo l’approccio emotivo e patico con lo spettatore, soprattutto col vasto pubblico. A dire il vero, però, se rivolgiamo l’attenzione alle composizioni per piano di molti musicisti contemporanei, si nota un ritorno al fattore del coinvolgimento, come se questi artisti proprio alla produzione pianistica avessero consegnato il compito arduo di far coesistere innovatività, sperimentazione, ma anche ritorno all’attrattiva del fruitore.

Il programma eseguito da Vincenzo Furio presso il Teatro dei Conciatori giovedì 22 giugno, all’interno della rassegna Il pianoforte del ‘900 curata e ideata da Michele Suozzo, si iscrive perfettamente in questo quadro: opere non certo di immediata ricezione, ma che spesso sono state trascurate ed escluse dal circuito della musica dal vivo perché ritenute eretiche e lontane dalla sensibilità del pubblico. Talentuoso e giovane pianista di origine pugliese, Furio compie una doppia impresa: da un lato eseguire con trasporto e meticolosità un repertorio di elevata difficoltà, dall’altro trasmettere un’energia tale da restituire al pubblico il nucleo autentico di queste opere così strane, ma anche così cariche di fascino.

Con China Gates, opera composta da John Adams, minimalista americano di seconda generazione, la reiterazione ipnotica di circoli di note diventa un viaggio magnetico, mentre i brani tratti dai Six Encores for piano di Luciano Berio (epigono della scuola bouleziana e padre della musica classica elettronica) fanno riemergere sprazzi di melodia che slittano immediatamente per infrangersi determinando frammenti che si disperdono nel silenzio delle pause. Così anche per Chaconne, uno dei capolavori di Sofija Asgatovna Gubajdulina, compositrice russa che fonde nelle sue produzioni calcoli matematici, costruzione ritmica e attenzione alla gestualità tradotta in suono. Quest’opera, a tratti infuocata e ruggente, lascia intrasentire richiami alla tradizione folklorico-popolare slava, nonché brandelli di melodia subito però dilaniate dal vortice irrefrenabile di note. La vera sorpresa è l’esecuzione delle Five Bagatelles di Carl Vine, compositore australiano poco conosciuto ai più: si tratta di una composizione mozzafiato, vertiginosa per cambi di tempo e complessità, dove si susseguono allusioni al jazz, barocchismi, tendenze neominimaliste e persino caratteri impressionisti. L’esecuzione di Furio, soprattutto per l’opera della Gubajdulina e di Vine, è calibratissima, concentratissima e comunque appassionata. Tutta la capacità del giovane pianista è dimostrata nella chiusura, la Sonata n. 7 op. 83 di Sergej Prokofiev: certo un’opera della modernità “classica”, antecedente alle altre, ma che annunciava in maniera dirompente la direzione che avrebbe preso la musica nella seconda metà del secolo. Si tratta di una bestia nera per ogni pianista: un’opera molto veloce ed estremamente complessa, rabbiosa, ideale per chiudere un appuntamento di grande musica all’insegna della scoperta della sperimentazione novecentesca.

Il concerto è andato in scena:
Teatro dei Conciatori
via dei Conciatori, 5 – Roma
giovedì 22 giugno 2017

Il pianoforte nel ‘900
rassegna concertistica ideata e diretta da Michele Suozzo
piano Vincenzo Furio
China Gates di John Adams
Six Encores for piano  di Luciano Berio
Five Bagatelles di Carl Vine
Chaconne di Sofja Gubajdulina
Sonata n. 7 op. 83 di Sergej Prokofiev