Scienza o fede? Quando la verità portava dritti al rogo

teatro-pergola-firenzeGabriele Lavia, al Teatro della Pergola di Firenze, porta in scena Vita di Galileo di Bertold Brecht, il capolavoro del drammaturgo tedesco, punto di svolta per la sua carriera di attore e regista.

La folgorazione si consuma nel 1963. Gabriele Lavia è appena ventenne e da poco diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, quando assiste a una messinscena del Galileo di Brecht al Piccolo di Milano, diretta da Strehler, e se ne innamora. «Non avevo mai visto niente di simile», sostiene il regista torinese durante un’intervista: «è probabilmente lo spettacolo che più mi ha colpito nella vita. Il capolavoro di Brecht, insieme alla maestria di Strehler, furono di una grandezza irripetibile».

Alla Pergola di Firenze il sipario si alza e appaiono tre ragazze, vestite di grigio su un fondale nero-pece, annunciando la prima scena, in una sorta di intermezzo musicale raccontato. Un salto nel tempo trasporta gli spettatori nella casa/studio di Galileo Galilei a Padova nel 1609. Grandi lavagne piene zeppe di calcoli e un grosso tavolo sono gli oggetti di scena e gli strumenti di lavoro dello scienziato pisano. Fondale nero, lavagne nere e abiti grigi per Galileo e Andrea Sarti, il giovanissimo allievo (interpretato da Ludovica Apollonj Ghetti), danno vigore all’atmosfera severa, senza fronzoli, della casa di un matematico che ha a stento di che vivere, nonostante le sue invenzioni e la cattedra all’Università di Padova. Galileo studia da anni il movimento dei pianeti e la teoria eliocentrica di Niccolò Copernico ed è certo: è la Terra che gira intorno al Sole e non il contrario, come affermerebbero alcuni passi della Bibbia e le credenze che, fino ad allora, si rifacevano ad alcuni studi di Aristotele e Tolomeo: «Andrea! La terra gira intorno al sole e con lei i prìncipi, i vescovi, le pescivendole, te e io. Il tempo antico è finito, adesso siamo nel tempo nuovo e la peste dell’ignoranza e della superstizione si dissolverà. Per le strade e le piazze si parlerà di astronomia e si dovranno cambiare tutti i libri di scuola. Un’era nuova di libertà, verità e grandezza!».

Lo spettacolo diretto da Lavia ripercorre puntuale il testo di Brecht, che il regista considera un capolavoro assoluto, di una bellezza sconvolgente. Una performance che dura quasi quattro ore, perché tutto viene detto e raccontato. Nello spettacolo sono coinvolti una trentina di attori e tre musicisti della Scuola di Musica di Fiesole che si esibiscono dal vivo. I passaggi corali, in stile musical, si alternano a scene con due o tre personaggi per arrivare all’apice con i monologhi di Gabriele Lavia nelle vesti di Galileo. Un Galileo razionale e ironico, di un umorismo scientifico alla maniera di Woody Allen, amante del buon cibo e anelante a maggiori entrate economiche che gli permettano di studiare in santa pace. Uno spettacolo teatrale gigantesco, che non ci si aspetta e che sorprende.

«Erano molti anni che pensavo di portare in scena l’opera di Brecht. Lo dedico a Strehler, il Maestro», afferma Lavia. Le scene più sontuose ritrovano le atmosfere dei quadri fiamminghi di Rembrandt o di Vermeer – dove tutto è in armonia; quasi fossero delle fotografie dalle quali gli attori, in punta di piedi, prendono vita per animare il palcoscenico. Gigantesche croci appese dominano laddove è la Chiesa la vera protagonista, o fanno ombra al confabulare sulla scienza galileiana. I colori si tingono di matrice espressionista. L’oro riluce sulla potenza economica di Roma papalina. Il lugubre nero simboleggia l’influenza oscurantista del Tribunale della Santa Inquisizione, che si erge a giudice spietato delle coscienze e delle menti di credenti e non. «Cosa si penserebbe se si scoprisse che la Bibbia è piena di errori?», chiede retoricamente Padre Fulgenzio, estimatore di Galilei durante una conversazione. E si risponde: «Dobbiamo tacere per la pace spirituale dei fedeli».

Il fondale nero troneggia immobile sul palcoscenico, accentuando l’atmosfera di superstizione che aleggia attorno all’astronomo. Galileo è additato come nemico di Dio e i suoi strumenti sono accusati di essere opera del demonio. La superstizione in quei tempi valeva più della verità: era un’arma nelle mani della Chiesa cattolica per la conservazione del potere e per il controllo delle genti. Galileo, grande scienziato, giudicato colpevole dai Padri Inquisitori, mostra allora il suo lato di uomo comune: laddove la sua scienza non ha più potere, si piega di fronte alla paura delle torture e forse del rogo che gli sarebbero inferti se mantenesse salde le sue convinzioni.

L’uomo Galileo è fatto di carne e di debolezze come chiunque altro e, diversamente da Giordano Bruno, rinnega le sue teorie e i suoi calcoli autoinfliggendosi una pena ancora maggiore, il senso di colpa che sconterà fino alla fine dei suoi giorni. Magistrale il lungo monologo di Lavia nelle vesti dell’ormai anziano astronomo, che ripercorre le responsabilità che non si è assunto nei confronti dell’umanità futura e i dubbi che gli rodono nell’animo.

La versione di Lavia traccia il profilo di un uomo forte e debole allo stesso tempo, capace di grandi intuizioni e di banali comportamenti, come chiunque altro. Una tunica rossa e gli arresti domiciliari ad Arcetri segneranno la vita del grande scienziato fino alla morte, giunta l’8 gennaio 1642 all’età di 78 anni.

Lo spettacolo continua:
Teatro della Pergola
via della Pergola, 12/32 – Firenze
fino a giovedì 12 novembre
orari: da martedì a sabato, ore 20.45 – domenica, ore 15.45 (giorno di riposo: 2 e 6 novembre)

Vita di Galileo
di Bertolt Brecht
regia Gabriele Lavia
con Gabriele Lavia
e con Massimiliano Aceti, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Silvia Biancalana, Pietro Biondi, Francesca Ciocchetti, Gianni De Lellis, Michele Demaria, Chiara De Palo, Luca Di Prospero, Alice Ferranti, Giulia Gallone, Ludovica Apollonj Ghetti, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Mauro Mandolini, Luca Mascolo, Woody Neri, Mario Pietramala, Matteo Prosperi, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola
musiche originali Hanns Eisler
eseguite dal vivo dai musicisti della Scuola di Musica di Fiesole
vocal coach Francesca Della Monica
flauto Elena Pruneti
clarinetto Graziano Lo Presti
pianoforte Giuseppe Stoppiello
scene Alessandro Camera
assistente alle scene Andrea Gregori
costumi Andrea Viotti
assistente ai costumi Anna Missaglia
luci Michelangelo Vitullo
regia Gabriele Lavia
regista assistente Giacomo Bisordi
assistenti alla regia Alessandra Aricò, Simone Faloppa e Antonio Ligas
produzione Fondazione Teatro della Toscana e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale